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Una storiella poco brillante ma dai contenuti abbastanza convincenti sul conflitto generazionale. Il vecchio professore aveva collaborato 30 anni prima alla scrittura di un romanzo, che aveva avuto un grande successo tra le teen agers, oggi meno giovani, le quali, alla notizia del sequel, rivivono o meglio sperano di rivivere le "antiche" emozioni. Lo scrittore (Giallini) vive in una fattoria con un gigantesco negro, che, dopo averlo salvato da un pestaggio, (così racconta Gaillini) tiene in ostaggio come amico e/o come servo fedele. È "beatamente" (tra una tirata e l'altra di coca) isolato dal mondo di oggi, che non si sa se rifugge per paura o convenienza. Ma non ha più scritto libri, nonostante le sollecitazioni. Alla fine l'editore, tramite l'intervento del giovane professore/sfigato, lo spinge a scrivere il sequel del primo successo, ma Giallini portato-anzi guidando la sua vecchia Jeep C5 da 350 cavalli, con estrema paura del giovane, a Milano, in mezzo ad un tripudio di fans dei figli delle fans del primo libro, deludendo tutti, dice che quello che doveva scrivere l'aveva già scritto in quel vecchio breve libro hippy e al pubblico degli sfigati suggerisce solo di vedere la scena più bella de La Dolcè Vita, quando Anita trova il gattino e chiede, alle 2 di notte, a Marcello di trovare del latte. Nel frattempo, vede lo spettacolo della Fontana di Trevi e vi si immerge, mentre Marcello, non si sa come ha trovato il latte per il gattino...ma non serve più, serve solo immergersi nella fontana insieme ad Anita. Fine. Il significato è questo: nella vita ci sono momenti sublimi che non si possono replicare se non nel ricordo per chi gli ha vissuti. .i giovani di oggi finché resteranno sfigati si accorgeranno di essere giovani tra 30 anni...ma senza nemmeno ricordi se non quello di essere stati una generazione di " sfigati"...
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