Empire of Light

   
   
   

Riflessioni impegnative e conformismo Valutazione 3 stelle su cinque

di paolp78


Feedback: 41132 | altri commenti e recensioni di paolp78
domenica 12 marzo 2023

Pellicola sentimentale con risvolti drammatici, diretta magistralmente sul piano formale dal bravissimo Sam Mendes, che con quest’opera torna ad un cinema complesso molto simile a quello della sua pellicola d’esordio, “American Beauty”, dal quale invece l’autore inglese si era distaccato con i film più recenti.
Mendes tratta tematiche di impegno sociale e denuncia civile, tanto di moda oggi, utilizzandole come spunto per riflessioni alte che sono il vero obiettivo del regista; la pellicola parla più di stati mentali come la solitudine, l’emarginazione e la depressione, piuttosto che di mobbing, razzismo o malattie mentali. Mendes mira ambiziosamente a indagare il senso della vita ed a spiegare come deve essere affrontata, in particolare quando si è di fronte alle difficoltà che questa immancabilmente pone sul cammino di ognuno.
L’opera è però poco potente; troppo attentata a conformarsi al politically correct imperante, perde di vista il piano narrativo, dove risulta poco incisiva ed incapace di coinvolgere sufficientemente lo spettatore che non è portato a provare forte empatia per i personaggi.
La narrazione segue un ritmo volutamente lento che acuisce l’effetto alquanto malinconico e dimesso, già determinato dall’oggetto della rappresentazione. Questo non è un difetto, a mio avviso, bensì una pregevole scelta stilistica di Mendes che si sposa bene nel contesto d’insieme della pellicola 
Ottime le interpretazioni, su tutte quella della bravissima Olivia Colman protagonista e mattatrice assoluta grazie ad una performance di rara intensità. Come al solito eccellente Colin Firth, che seppur in una parte minore lascia il segno ben più del giovane Micheal Ward a cui tocca il ruolo maschile più importante. Tra gli altri interpreti si ricorda l’ottimo caratterista Toby Jones, che se la cava alla grande anche stavolta.
Impeccabile la tecnica registica di Mendes, che conferma il davvero altissimo livello a cui ormai ci ha abituato.
Come in “American Beauty” la pellicola è ambientata in provincia, in questo caso una cittadina della costa meridionale inglese; soluzione assolutamente molto azzeccata ed evidentemente nelle corde del regista britannico.
Felice anche la scelta di collocare la storia nei primi anni ’80, messi in scena in modo assai convincente.

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