Pleasure

Un film di Ninja Thyberg. Con Sofia Kappel, Revika Anne Reustle, Kendra Spade, Zelda Morrison.
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Titolo originale Jessica. Drammatico, durata 105 min. - Svezia, Paesi Bassi, Francia 2021. MYMONETRO Pleasure * * * - - valutazione media: 3,23 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il piacere del film col dispiacere della morale Valutazione 3 stelle su cinque

di Sevy


Feedback: 103 | altri commenti e recensioni di Sevy
sabato 16 luglio 2022

Opera prima della regista svedese Ninja Thyberg tratta dall'omonimo cortometraggio edito nel 2013, “Pleasure” è la storia di Bella (Sonia Kappel), un’attraente ragazza svedese di diciannove anni con aspirazioni di successo più vicine alla Generazione Z della quale ella stessa fa parte, che alle aspirazioni più care ai Millennials e alla Generazione X ai quali la pellicola è rivolta. Bella, in barba a qualsiasi narrazione disneyana, decide di lasciare la terra natia per partire alla volta di Los Angeles, la più grande mecca al mondo del cinema per adulti, per seguire la sua più grande aspirazione: sfondare nel mondo del porno, diventando la più famosa e importante pornostar del pianeta.


La protagonista si troverà così faccia a faccia con un ambiente che, con le sue dinamiche complesse e i suoi giochi di potere, demolirà le convinzioni di successo facile e immediato tanto care all’immaginario della ragazza e delle sue colleghe coetanee. Dopo un primo momento di sfiducia però, la novella pornoattrice ritroverà la fiducia in se stessa a seguito del confronto telefonico con l’amorevole mamma, la quale risveglierà nella diciannovenne un impeccabile atteggiamento stacanovista che, a seguito di un paio di mosse ben studiate,  la farà finalmente entrare a gamba tesa nella élite del mestiere.


Per raccontare una tale realtà senza scadere nel retorico la Thyberg adotta l'unico stratagemma possibile e forse il più adatto ai tempi odierni: crea un lungometraggio a metà tra il cinema d'autore e il prodotto documentaristico. E lo fa con un accorgimento tutt'altro che scontato: scrittura quasi esclusivamente vere pornostar che non limita a mero ruolo di subalterne alla protagonista, ma al contrario le rende vive, presenti e pulsanti, tanto da trasformare quelle figure e l'ambiente in cui si muovono nel vero fulcro dell'intera storia, della quale Bella sarà comunque il filo conduttore.


Ad un'idea tanto coraggiosa, sfrontata e degna di merito fa da contraltare il tentativo della regista di mantenersi imparziale dal facile giudizio nei confronti delle produzioni hard. Un tentativo, ahimè, sfortunatamente poco riuscito per colpa della sempiterna morale di fondo che vuole l’ambiente come carnefice la protagonista come vittima nonostante sia ella stessa genesi e parte attiva della vicenda. Un passo falso, questo, dal quale la regista non riesce a divincolarsi e che finisce inevitabilmente per rendere l'opera piuttosto didascalica, a tratti ridondante e più strutturata per una platea benpensante che per essere percepita come realistica dal grande pubblico.


Bisogna altresì ammettere che la pellicola è girata con grande sapienza. Colpisce la fotografia, che non si fa fatica a definire da 10 e lode. Stupisce l'ambientazione, sempre perfettamente aderente agli stati d'animo dei protagonisti. É lodevole l'ottima riuscita dell'impianto scenografico che è davvero curato a fronte dei palesi limiti di budget.


Il problema di base è che la storia tenta di sbandierare un realismo crudo attraverso un'opera fin troppo pleonastica. Un realismo, quello descritto nella pellicola, gravemente penalizzato da una retorica di fondo onnipresente e del tutto aliena dalle verità di un business sempre florido e tra i più solidi, redditizi e controllati che ci siano. Un business che risponde ad una domanda che oggi non è più limitata ad un singolo genere, ma che nella pellicola si vuole esclusivamente ad appannaggio maschile. Un business che viene foraggiato senza sosta da un capitale umano tutt'altro che modesto e che riguarda indifferentemente ambedue i generi.


Se è vero che quest'opera ha come principale obiettivo scuotere e turbare qualsiasi spettatore, finisce invece per attecchire solo su un audience modesta, composta per lo più da quei pochi soggetti delle generazioni già citate, che non avendo mai visto una singola scena hard-core in tutta la propria vita sono pronti a scandalizzarsi al grido di "signora mia in che mondo viviamo". Tutt'al più la pellicola può prestarsi come feticcio per l’impianto accusatorio ad uso e consumo delle sempreverdi categorie estremiste eternamente schierate a difesa dell'integrità femminile, e sempre pronte a puntare il dito verso qualcuno.


Di contro c'è anche da riconoscere che questo film ha il pregio di restituire un'immagine netta dei cambiamenti in ambito sessuale durante questo inizio di millennio. Un fotogramma che suggerisce in maniera piuttosto calzante le modalità con le quali le nuove generazioni hanno interiorizzato e normalizzato quello che è a tutti gli effetti un mestiere come un altro. Un mestiere che, al netto della retorica che lo vuole corrotto e degradante, ha invece in sé tutti i pregi e i difetti di un qualsiasi altro ambito lavorativo, ma con l'attenuante di avere un giro d'affari da capogiro al quale chiunque potenzialmente può accedere, dalla studentessa disincantata alla massaia scandalizzata.


Così il tentativo della regista di traumatizzare lo spettatore ingenuo finisce per diventare un utile documentario, una sorta di "corso di aggiornamento", ad uso delle vecchie generazioni. Una lezione tutt’altro che scontata sul tema dell'evoluzione dei tempi e dei nuovi paradigmi con i quali si vivrà la sfera sessuale negli anni a venire.


E forse è proprio per questo motivo che il finale, poco verosimile e stucchevolmente intriso di perbenismo, fa crollare tutta la narrazione pur di rassicurare in qualche modo lo spettatore bigotto e puritano. Un finale che scivola in una banalità tanto stridente col resto dell'opera da demolire in un sol colpo proprio il fine ultimo di tutta la narrazione, sia essa intesa come mera finzione cinematografica o come solenne monito sociale.

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