Titolo originale | En attendant Bojangles |
Anno | 2021 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 124 minuti |
Regia di | Régis Roinsard |
Attori | Virginie Efira, Romain Duris, Grégory Gadebois, Marie Fontannaz, Juliette Blanche . |
MYmonetro |
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Ultimo aggiornamento venerdì 1 aprile 2022
Una storia d'amore che non ammette la presenza della tristezza. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Cesar,
CONSIGLIATO N.D.
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Camille e Georges si incontrano ed è un colpo di fulmine. Lei si muove sul crinale tra esaltazione creativa e depressione mentre lui vive oltre il reale. Amano la danza e la loro canzone preferita è "Mr. Bojangles" di Nina Simone. Nella loro vita di coppia c'è spazio solo per la fantasia, gli amici e il puro piacere. La loro esistenza è una continua teatralizzazione che però non ha rinunciato alla genitorialità. Solo che il loro figlio Gary possiede quella dose di saggezza che a loro manca. Diventa così, non senza gioie e fatiche, l'elemento di raccordo tra loro e quella realtà da cui costantemente sfuggono ma che ricompare a reclamare i propri, più o meno presunti, diritti.
Ispirato al romanzo omonimo edito anche in Italia di Olivier Bourdeaut (che è stato paragonato ad autori come Queneau, Prévert e Gary) questo è un film in cui l'amour fou si traduce in luce, colori ed azione grazie anche al sottile fascino della lingua francese.
Ci sono film che vanno visti assolutamente in lingua originale perché è solo con quegli accenti e quelle tonalità che trasmettono tutto il loro potenziale. È ciò che accade per questo film che, anche se doppiato con i migliori doppiatori, rischierebbe di crollare nella retorica della costante gestione sopra le righe che invece in francese conserva quella naturalezza sospesa sul vortice dell'irrealtà che è indispensabile per la sua riuscita. Di Regis Roinsard abbiamo visto in Italia (fatto di per sé non proprio usuale) tutti i lungometraggi. Come dimenticare la gioiosa lettura di una realtà apparentemente assurda come è stata, tra la fine degli anni '50 e i '60, quella delle gare tra dattilografe proposta in Tutti pazzi per Rose? Oppure il thriller 'editoriale' The Translators con le oscure trame ordite attorno alla pubblicazione di un best seller? Per la prima volta il regista si affida a un soggetto non suo e chiama nuovamente al suo fianco Romain Duris che ha il giusto mix di concretezza e di levità surreale necessari per il personaggio che gli viene affidato. Chi però affronta il vero tour de force interpretativo è Virginie Efira che offre alla sua Camille (solo uno degli innumerevoli nomi che adatta a sé) un mutamento caratteriale progressivo ricco di innumerevoli sfumature che vanno dalla gioia più sfrenata all'insorgere della follia. Insieme a loro l'esordiente Solan Machado Graner nel ruolo di Gary, un bambino costretto a diventare adulto precocemente dinanzi a due genitori che adulti sembrano non volerlo mai essere. Tutto questo però senza mai perdere l'amore per quella madre che lo sottrae alla scuola pubblica in cui viene dileggiato per la sua creatività e per quel padre capace di lasciare lavori che lo tengono lontano da colei che ama profondamente e che reclama, con la propria brillante fragilità, la sua costante presenza.
Nell'esergo del romanzo Bourdeaut scrive: "Questa è la mia storia vera, con le bugie dritte e capovolte, perché la vita spesso è così." Roinsard affronta questo doppio livello di astrazione e realismo non con disincanto bensì con partecipazione, quasi desiderasse che l'incontro di queste due anime in costante ricerca di maschere multiformi e multicolori dietro cui celarsi possa giungere a un, nonostante tutto, meritato happy end. Passando da un abitazione in cui non si paga l'affitto ma in cui si è amici di tutti i coinquilini ad un castello isolato in cui il progressivo distacco dalla realtà di Camille potrebbe trovare una sua dimensione accettabile, le vicende si snodano con una vitalità tra l'ilare e il drammatico che finisce con il diventare anche il banco di prova di un cinema francese che non rinuncia a sperimentare forme inusuali di rappresentazione anche quando vuole raggiungere il grande pubblico.
Camille e Georges si amano molto. E il loro bambino, testimone permanente della loro eccentrica relazione, si diverte a guardarli e osservarli. Ma Camille, che sembra sorreggere tutto con il sorriso e con la sfacciataggine, sta per avere una crisi.
Camille e Georges si incontrano ed è un colpo di fulmine. Nella loro vita di coppia c’è spazio solo per la fantasia, gli amici e il puro piacere. La loro esistenza è una continua teatralizzazione che però non ha rinunciato alla genitorialità. Solo che il loro figlio Gary possiede quella dose di saggezza che a loro manca.
Ispirato al romanzo omonimo edito anche in Italia di Olivier Bourdeaut questo è un film in cui l’amour fou si traduce in luce, colori ed azione grazie anche al sottile fascino della lingua francese.
Per la prima volta il regista si affida a un soggetto non suo e chiama nuovamente al suo fianco Romain Duris che ha il giusto mix di concretezza e di levità surreale necessari per il personaggio che gli viene affidato. Chi però affronta il vero tour de force interpretativo è Virginie Efira che offre alla sua Camille un mutamento caratteriale progressivo ricco di innumerevoli sfumature che vanno dalla gioia più sfrenata all’insorgere della follia.
Le vicende si snodano con una vitalità tra l’ilare e il drammatico che finisce con il diventare anche il banco di prova di un cinema francese che non rinuncia a sperimentare forme inusuali di rappresentazione anche quando vuole raggiungere il grande pubblico.