Mi chiamo Francesco Totti

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Una città e il suo re la leggenda Totti diventa cinema

di Emiliano Morreale La Repubblica

Un omaggio, un monumento a tre anni e mezzo dopo il ritiro dalle scene. Alex Infascelli ha scelto di raccontare la carriera di Francesco Totti attraverso i suoi sobri racconti. Seguiamo i passaggi della carriera attraverso la sua voce fuori campo e le immagini di repertorio, pubbliche e private, dall' infanzia nei campetti fino all' arrivo alla Roma nel 1989. Infascelli si mette al servizio della storia, e la parte meno riuscita sono le scene girate ex novo, praticamente tutte al ralenti, un po' da speciale televisivo; però tutto sommato misurate, a parte un affondo retorico nella scena della vigilia del ritiro dal calcio. E con un momento emozionante: il montaggio, suggerito dalle parole dello stesso Totti, di momenti di partite giovanili e della stagione d' oro, in cui si vede la continuità del suo stile. Sullo sfondo rimangono l' Italia e Roma. I tifosi giallorossi, curiosamente, appaiono come una forza un po' minacciosa, qualcuno a cui dar conto e che non perdona (si veda il triste commiato del "principe" Giannini, di cui Totti prende il testimone). È la città tutta, semmai, a gonfiarsi d' affetto nei trionfi, e a trepidare nella tensione. Il rapporto con Roma è acutamente avvertito dal giocatore: una città magari nemmeno vissuta fino in fondo, per uno che da sempre è stato sui campi da calcio e che per strada viene subito attorniato dai fan: "Io tante cose de Roma nun le conosco, perché nun posso". Eppure aggiunge: in un certo senso, Roma come la conosco io non la conosce nessuno. Il film riesce indirettamente a far sentire il perché dell' unicità di Francesco Totti, del suo stile dentro e fuori il campo; dell' uomo e del personaggio. Totti è, nel calcio degli ultimi decenni, un' eccezione. Ce ne accorgiamo ripensando, attraverso le immagini, a come lo sport cambia intorno a lui. Il capitano della Roma ha attraversato forse la mutazione decisiva del calcio italiano e mondiale. Cresce nel calcio di "prima", e resta puro nel calcio del dopo. Mentre il calcio diventava qualcosa di più grande e forse non di più bello, perfino quelli che (come il sottoscritto) se ne disamoravano e non riuscivano più a capirlo e ad amarlo, continuavano ad amare, e a maggior ragione, Totti. Questo ragazzo, la sua maniera di calciare il pallone, le sue generosità e intemperanze, facevano per miracolo ricomparire davanti ai nostri occhi, nel modo più semplice e più bello, quel che può essere il calcio.
Da La Repubblica, 18 ottobre 2020


di Emiliano Morreale, 18 ottobre 2020

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