Noi due

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Un film di Nir Bergman. Con Shai Avivi, Noam Imber, Smadi Wolfman, Efrat Ben-Zur.
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Titolo originale Heen'e Anachnu. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 94 min. - Israele, Italia 2020. - Tucker Film uscita giovedì 5 maggio 2022. MYMONETRO Noi due * * * - - valutazione media: 3,10 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Avrò cura di te Valutazione 5 stelle su cinque

di sergio dal maso


Feedback: 8142 | altri commenti e recensioni di sergio dal maso
mercoledì 9 novembre 2022

“Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore, dalle ossessioni delle tue manie (…) ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te, io sì, che avrò cura di te”   Franco Battiato – La cura
 
Un padre e un figlio pedalano per le assolate strade di Tel Aviv. All’improvviso si fermano e percorrono qualche metro a piedi, con molta attenzione per evitare di calpestare delle lumache che stanno attraversando la strada. In realtà non c’è nessuna lumaca. È solo uno dei piccoli rituali che scandiscono la quotidianità di Aharon e Uri.
Aharon è stato un disegnatore di grande talento. Era avviato a una carriera ricca di soddisfazioni, ma l’ha sacrificata per crescere il figlio Uri, ormai vent’enne, che soffre di un disturbo dello spettro autistico.
Lo ha cresciuto con una dedizione assoluta, prendendosene cura giorno per giorno, in un rapporto simbiotico ed esclusivo, essendo da tempo separato dalla moglie.
Vivono con complicità le abitudini quotidiane, dalle passioni comuni, come la visione compulsiva de Il monello di Charlie Chaplin, i cui protagonisti sono quasi degli alter ego di Aharon e Uri, ai rassicuranti riti giornalieri, come radersi ascoltando Gloria o dar da mangiare ai pesci dell’acquario. Queste irrinunciabili ritualità, molto importanti per l’autismo di Uri, rischiano di essere cancellate dalla volontà della madre, che vorrebbe portare Uri in un istituto specializzato e fargli vivere una nuova vita lontano dal padre.
La prospettiva di un distacco non spaventa solo Uri, la rifiuta anche Aharon, che teme un trauma troppo forte per il figlio.
Il viaggio verso l’istituto si trasforma così in una strampalata fuga, la storia vira versoun road-movie che si rivelerà decisivo per entrambi. Uri scoprirà il mondo al di fuori del microcosmo famigliare in cui il padre l’ha cresciuto e protetto; Aharon avrà modo di capire che il figlio non è più un bambino, e proprio per le sue difficoltà, necessita di essere aiutato da chi conosce e sa affrontare i disturbi neurologici. Uri è cresciuto, è quasi un uomo, ha bisogno di aprirsi agli altri e di rapportarsi con i coetanei.
Noi dueè un racconto intimo narrato con grande delicatezza e senso della misura, parla di autismo senza scadere mai nel pietismo. Quella del regista israeliano Nir Bergman è una leggerezza che scava in profondità, commuove col sorriso, non ha bisogno di colpi di scena o eccessi di drammaticità.
L’attenzione ai dettagli, fatti di sguardi e di silenzi, le inquadrature tanto semplici quanto efficaci, i dialoghi essenziali e realistici, restituiscono allo spettatore la verità di una storia che è autobiografica.
La sceneggiatrice Dana Idisis ha infatti raccontato il rapporto totalizzante tra suo padre e suo fratello che soffre di autismo. Ma come la sceneggiatrice stessa ha sottolineato, Noi due non è un film sull’autismo, al centro c’è il rapporto tra un padre e un figlio e, in particolare, il momento del distacco che riguarda, prima o dopo, tutti i genitori. L’attenta regia di Bergman mette a fuoco la dipendenza che si crea tra i due protagonisti. Non è solo Uri ad aver bisogno di Aharon, a un certo punto la situazione si capovolge, ed è il padre che non riesce ad accettare il distacco dal figlio, che non è preparato al momento della separazione.    
In una storia semplice e toccante, raccontata con garbo e grazia, le interpretazioni dei due protagonisti sono a dir poco superbe. Shai Avivi e Noam Imber sono assolutamente credibili nel rendere i sentimenti, gli stati d’animo e l’attaccamento tra Aharon e Uri. Noam Imber è talmente bravo che in certi momenti risulta difficile credere che sia un attore professionista e non un ragazzo con reali problemi di autismo.
Shai Avivi, da parte sua, riesce a trasmettere allo spettatore il travaglio interiore e il percorso emotivo che porterà Aharon a cambiare idea.
Se nella prima parte il suo stato d’animo è perfettamente sintetizzato dalla famosa frase di Charlie Chaplin sul potere - “serve il potere solo quando si vuole fare qualcosa di dannoso, altrimenti l'amore è sufficiente per fare il resto” - nel corso della rocambolesca fuga Aharon capisce che l’amore più grande può anche trasformarsi in una forma di egoismo. Il suo rapporto con Uri non può e non deve finire, deve solo cambiare.
E guardando, con gli occhi lucidi, il finto campanello disegnato sul muro dell’istituto, alla fine comprendeche tutto l’amore dato e ricevuto non andrà perduto, sarà per sempre il fondamento della vita di entrambi. 

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