His House

Un film di Remi Weekes. Con Matt Smith, Javier Botet, Wunmi Mosaku, Vivien Bridson, Emily Taaffe.
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Thriller, durata 93 min. - Gran Bretagna 2020.
   
   
   

"His House", così l' immigrazione si trasforma nell' horror dell' anno

di Roberto Nepoti La Repubblica

Su Netflix il film rivelazione del regista Remi Weekes di Roberto Nepoti Visibile in questi giorni sulla piattaforma Netflix, dopo il passaggio al Sundance, His House è un' autentica rivelazione. Così come lo sono Remi Weekes, giovane regista al primo lungometraggio, e gli interpreti Wunmi Mosaku e Sope Dirisu, già visti in piccoli ruoli ma qui assoluti protagonisti. Bol e Rial, giovane coppia, fuggono dagli orrori della guerra in Sudan per raggiungere l' Europa. Durante la traversata, il gommone in cui sono ammassati fa naufragio: la loro bambina annega. I due raggiungono infine una città britannica, in pieno degrado e che sembra uscita da uno degli ultimi film di Ken Loach. In quanto richiedenti asilo vi sono ospitati; a prezzo, però, di tutte le libertà (diritto al lavoro, diritto di ricevere persone) e sotto l' osservazione di un sovrintendente (Matt Smith, il Duca di Edimburgo della serie The Crown ). L' abitazione loro assegnata è grande, tanto da suscitare le invidie degli inglesi poveri; ma si rivela abitata da presenze oscure e minacciose come in un classico film di casa stregata. Ci sono scene paurose in His House , tuttavia la definizione di horror gli va stretta. Il tocco di genio di Weekes consiste nell' ibridare cinema di paura e cinema sociale, con in più una forte nota psicologica. Ogni incursione nel repertorio orrorifico è motivata dai traumi che Bol e Rial hanno subìto in Sudan e nel viaggio della speranza, nonché dai sensi di colpa dei sopravvissuti a quell' inferno. Non c' è scena che non sia pensata attraverso il vissuto dalla coppia, secondo il sempre valido principio: i mostri più spaventosi sono quelli dell' inconscio. Non basta. Se l' immaginario è preso a prestito dai film di fantasmi e di zombi, i mostri sono declinati nella cultura atavica dei paesi da cui Rial e Bol provengono, mediante racconti popolari, figure di stregoni ecc. Non è da oggi che il cinema di genere si fa veicolo d' importanti temi sociali, in maniera più metaforica ma spesso più efficace del cinema d' autore: perché là dove il secondo si rivolge al pubblico dei già informati confortandone le convinzioni il primo, invece, va a stanare dalla zona di comfort un pubblico che non se lo aspettava, trascinandolo sul proprio terreno. Nell' horror, un primo passo lo aveva già compiuto un altro talentoso regista colored, Jordan Peele, con Scappa- Get Out , parabola orrorifica antirazzista candidata all' Oscar. Weekes è bravo quanto lui, nel migliore horror dell' anno.
Da La Repubblica, 22 novembre 2020


di Roberto Nepoti, 22 novembre 2020

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