The Irishman

Un film di Martin Scorsese. Con Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci, Harvey Keitel, Ray Romano.
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Titolo originale The Irishman. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 209 min. - USA 2019. - Cineteca di Bologna uscita lunedì 4 novembre 2019. MYMONETRO The Irishman * * * * - valutazione media: 4,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La scuola di Atene Valutazione 3 stelle su cinque

di carlosantoni


Feedback: 5973 | altri commenti e recensioni di carlosantoni
sabato 28 dicembre 2019

La prima cosa che mi è venuta in mente per associazione di idee, quando ancora non ero arrivato ai due terzi del film, è stata “La scuola di Atene” di Raffaello. Che c’incastra? C’incastra che nel famosissimo affresco Raffaello intese rappresentare i mostri sacri della storia della filosofia e, last but not least, se stesso in mezzo a quella inclita congerie. Lo stesso, ho pensato, vuole fare Scorsese in questo suo ultimo film, alquanto prolisso: così, per girarlo ha chiamato intorno a sé, a recitare per la sua Opera Omnia, gli attori che sempre ha prediletto, e altri che in un modo o nell’altro si sono distinti nell’interpretare ruoli in famosissimi Gangster Movies. Ecco dunque Robert De Niro, Joe Pesci, Al Pacino, Harvey Keitel.
Del film ci sarebbe da dire troppo, e d’altra parte in un modo o nell’altro la durata di tre ore e venti circa lo pretenderebbe, nel bene o nel male, ma me ne asterrò, limitandomi a parlare di due aspetti.
Il primo, la sceneggiatura. È la solita zuppa dell’Antica Trattoria Scorsese, non desta meraviglie ma è saporita come sempre: il punto di forza è mostrare, limpidamente e credo consapevolmente, come mafia, capitalismo, politica imperialista, stragi di stato, siano tutte facce della stessa medaglia e, piaccia o non piaccia, tutte espressioni dell’American Dream: sognate pure quanto vi pare, ma sappiate che niente è più marcio della politica statunitense e dei ceti criminali che la sostengono, e i film di Scorsese – dei quali questo è il barocco compendio – ce lo hanno mostrato spesso: niente si distingue da ciò, niente si salva: è solo una lotta tra spietati, per ragioni profondamente immorali, con esiti sempre esiziali. I suoi protagonisti sono perciò al tempo stesso mafiosi, killer spietati, grandi imprenditori, finanziatori di colpi di stato e così via.
Il secondo aspetto attiene ai dati biografici degli attori protagonisti. C’è qualcosa di sgradevole, quasi di grottesco, e tanto più di fortissimamente voluto, nel far recitare a loro quattro ruoli che per età non sono assolutamente in grado di ricoprire in maniera credibile. Voglio dire: De Niro aveva circa 76 anni (e li portava male) quando recitava la parte del padre di una bambina sì e no sui dieci anni; Al Pacino ne aveva 78 quando interpretava Hoffa all’età di 60; Joe Pesci (secondo me il più bravo di tutti) ne aveva 76 quando il suo Russell Bufalino ne aveva sì e no 65; Keitel ne aveva 80 quando il suo Angelo Bruno ne aveva sui 55. E si badi: tranne Keitel, che dei quattro è il più vecchio ma che gli anni se li porta bene, gli altri tre attori non dimostrano per niente meno degli anni che hanno effettivamente, nonostante abbia letto che la produzione abbia sostenuto costi assolutamente esorbitanti giusto per dare al gruppetto di arzilli vecchietti un aspetto meno floscio. Ma se si osservano per bene, al netto delle simpatie, noteremo che lo sguardo di De Niro è frequentemente fisso, imbambolato in una stessa espressione, il suo naso è gonfio, la pelle delle braccia cadente, il fisico intronato; noteremo che il parrucchino di Al Pacino è semplicemente una ridicola replica berlusconiana; che Joe Pesci ha più rughe in faccia di una tartaruga delle Galapagos, tanto che sulle prime non lo avevo nemmeno riconosciuto! Eppure Scorsese ha voluto che fossero questi Quattro Cavalieri dell’Apocalisse a recitare nel suo film! E per forza: erano i testimoni privilegiati e compartecipi della sua Opera Omnia, ed erano all’incirca suoi coetanei, avendo Scorsese l’età non esattamente verde di 77 anni. In fondo erano Scorsese stesso.
Dunque, sorridendo con magnanimità di questi vecchi farabutti, considero lo sproposito tra età anagrafica degli artisti e quella dei loro personaggi come una specie di licenza poetica, un po’ come se Scorsese ci volesse dire: ok, lo so che siamo vecchi, ma questo è il nostro cinema, e sta ancora a noi girarlo.
Senz’altro ben fatto, ma non un capolavoro come molti giudicano.

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