La scomparsa di mia madre

Un film di Beniamino Barrese. Con Beniamino Barrese, Benedetta Barzini, Candice Lam, Lauren Hutton.
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Titolo originale Storia di B. - La scomparsa di mia madre. Documentario, Ratings: Kids+13, durata 94 min. - Italia 2019. - Reading Bloom uscita giovedì 10 ottobre 2019. MYMONETRO La scomparsa di mia madre * * * - - valutazione media: 3,25 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Tutto su mia madre (ma non solo)

di Fabio Ferzetti L'Espresso

Benedetta Barzini ha un'ossessione. Vuole scomparire. Non bastano le rughe, non basta aver detto addio al jet set, ai privilegi e perfino alla lavatrice. L'ex-icona degli anni 60, la prima top model italiana in copertina su Vogue, la figlia di Luigi Barzini e sorellastra di Giangiacomo Feltrinelli che partì quasi per caso a fare un servizio di moda negli Usa e anziché tre giorni ci restò dieci anni, vuole cancellare la propria immagine. Non solo per vivere finalmente ignota e tranquilla ma perché l'immagine, e quella delle donne in particolare, è menzogna, potere, manipolazione, come dice con bel paradosso anche alle sue allieve di Fashion design. Beniamino Barrese, che di Benedetta è l'ultimo figlio, ha l'ossessione opposta. Fotografo e cineamatore fin da bambino, "innamorato" di quella madre dispotica e infantile, vuole fare un film su di lei. Per sabotare un progetto non meno politico che esistenziale. Per tenerla ancora un po' con sé. Per agire fino in fondo la contraddizione insanabile alla base delle rispettive ossessioni. Sicché il film diventa un duello giocato quasi tutto sul corpo e negli spazi della casa di lei. Lui ha la telecamera, lei parole acuminate come pugnali. Lui la riprende perfino mentre dorme, e osa chiederle di cambiarsi per girare una certa scena. Lei resiste, fugge, lo insulta («piccolo borghese!»), rivendica il diritto di non lavarsi e non mostrarsi, chiede (senza mai dirlo) pietà. Un po' come il vecchio Buster Keaton nel capolavoro di Alan Schneider e Samuel Beckett, "Film" (1965), ma con molte complicazioni edipiche in più. Anzi, più lei parla di immagine, di potere, di mistificazione, più lui fa appello al corpo, alla realtà fisica, alla filiazione e ai suoi privilegi. Strappando anche improvvise oasi di pace che sono tra i momenti più toccanti del film. Pensiamo a quando la madre introduce il figlio al suo sacrario segreto, una stanza zeppa di scatole, sacchetti, contenitori di ogni tipo in cui infilare frammenti di una memoria che tiene a bada ma non rimuove (e l'ex top model, per un attimo, si fa mite e remissiva come una "bag lady"). O al balletto che improvvisa mimando per puro piacere, una volta tanto, le pose anni 60. «In fondo nessuno mi ha mai fotografato davvero, la mia vera persona non è fotografabile», dice a un certo punto spavalda. Chissà se oggi lo direbbe ancora. In sala dal 10 ottobre.
Da L'Espresso, 6 ottobre 2019


di Fabio Ferzetti, 6 ottobre 2019

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