Anno | 2019 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Regia di | Claudia Cipriani |
Uscita | martedì 18 febbraio 2020 |
Tag | Da vedere 2019 |
MYmonetro | 4,25 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 16 febbraio 2021
Il racconto non solo della morte di Pinelli, ma anche della sua vita, le sue idee, i suoi affetti. In Italia al Box Office Pino - Vita accidentale di un anarchico ha incassato 7,2 mila euro .
ASSOLUTAMENTE SÌ
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Nella notte del 16 dicembre 1969 il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli precipitava da una finestra del quarto piano della Questura di Milano e moriva. La versione ufficiale lo voleva implicato nell'attentato alla Banca dell'Agricoltura di Piazza Fontana e quindi suicida al grido: "è la fine dell'anarchia". Ne rileggiamo la vita e l'estraneità a quei fatti attraverso il racconto di quelle che all'epoca erano due bambine: le figlie Claudia e Silvia.
Claudia Cipriani ha realizzato un documentario di impegno civile trovando anche la cifra giusta per proporlo a chi in quegli anni doveva ancora nascere o a chi c'era ma non trova che l'oblio sia la scelta migliore.
Ha raccolto le testimonianze di Claudia e Silvia Pinelli le quali hanno ripercorso quegli anni rievocando le emozioni e i sentimenti vissuti come bambine in grado di comprendere solo in parte quanto accadeva intorno a loro e seguendole poi ora come donne che tengono a testimoniare la coerenza e la pulizia della figura paterna. Ha poi trovato nella tecnica mista (animazione, attori e materiale di repertorio) il giusto equilibrio per tenere desta l'attenzione e staccandosi dal documentario classicamente inteso.
Basterebbe la rievocazione di un Pinelli che raggiunge la questura in motorino su richiesta del commissario Calabresi per comprendere quanto Pino fosse totalmente estraneo alla strage di Piazza Fontana. In quei giorni però il depistaggio imponeva di battere la 'pista anarchica' di cui Pietro Valpreda finiva con il diventare il 'colpevole'. Sappiamo ora che non era vero così come non sappiamo ancora cosa sia davvero accaduto in quella notte in Questura a Milano.
Cipriani e le Pinelli ricostruiscono la vita quotidiana della famiglia e poi mettono in luce le contraddizioni palesi che seguirono alla morte di Pino che per molti non si era ma 'era stato' suicidato. Quella morte venne seguita dall'uccisione di Calabresi nel 1972, ritenuto responsabile dell'accaduto anche se assolto con sentenza nel 1975 in quanto neppure presente nella stanza al momento dell'accaduto.
Siamo di fronte ad un'operazione di memoria importante alla quale si può avanzare un solo appunto. In questo film tutto impostato al femminile in cui emerge la figura forte e limpida di Licia Rognoni, la moglie di Pinelli, sarebbe stato bene ricordare l'incontro che, in occasione della cerimonia in cui il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inseriva Pinelli tra le vittime del terrorismo, avvenne tra Licia Rognoni e Gemma Capra vedova di Calabresi. Non si sarebbe trattato di un momento del tanto deprecato (e deprecabile anche come retorico neologismo) 'buonismo' ma di un'ulteriore testimonianza di una forza interiore femminile che tanti uomini non hanno.
Va bene rifarsi allo spettacolo di Dario Fo, ma adoperare vita, al posto di morte, facendola seguire, come recita il titolo del testo teatrale, da accidentale sembra sminuire l'esistenza di Giuseppe Pinelli, diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana, che non morì come le altre nell'esplosione alla Banca nazionale dell'agricoltura ma precipitando dal quarto piano della questura.