Il nuovo capolavoro di Bong Joon-hoo racconta, con invidiabile originalità, la spaccatura sempre più netta tra le classi sociali, mostrando sul grande schermo la famiglia Kim, costretta a vivere in un seminterrato alla ricerca sfrenata di lavori utili al fine di condurre un’esistenza dignitosa. La vicenda del film prende piede nel momento in cui Ki-woo subentra in veste di tutor di inglese della figlia della ricca famiglia Park. Il ritmo crescente del film non permette di distrarsi nemmeno per un attimo. I colpi di scena e i vari spunti di riflessione politico-sociali sono la linfa vitale in grado di smuovere l’animo dello spettatore. Gli assurdi avvenimenti rivelano una cruda e amara verità sulla crisi economica e sulla crisi identitaria dell’uomo moderno.
Le abitazioni di entrambe le famiglie fungono anch’esse da protagoniste, poiché riflesso del loro stesso stile di vita, delle loro abitudini. Mostrano l’uomo integro e nudo, spogliato dalle influenze imposte dalla società. In particolare, la villa è costituita da ampi locali che rendono fisicamente distanti i componenti della famiglia Park, tanto che non li vediamo mai riuniti per consumare un pasto, a differenza della famiglia Kim, che apprezza maggiormente il valore dell’unione familiare. Non è da sottovalutare, al contempo, il tema della distanza emotiva, causata probabilmente da una vita concentrata sull’avere più che sull’essere. I beni materiali sembrano essere la consolazione dell’uomo moderno, difatti sono presenti alcune critiche velate nei confronti del capitalismo americano che ha dato il via ad una visione consumistica della vita.
L’ibridazione dei generi, un miscuglio perfetto tra commedia grottesca, dramma e thriller, è il valore aggiunto che eleva Parasite ad opera estremamente moderna. Pertanto, è giusto sottolineare come la pellicola sia difficilmente etichettabile per la personalissima visione contenutistica e stilistica del regista, già constatabile nelle sue precedenti pellicole come “Madre”, “The Host” e “Memorie di un assassino”. Il trionfo, prima a Cannes e successivamente agli Oscar, è il giusto riconoscimento per una pellicola universale e molto attuale, in grado di parlare a tutti. Raggiungendo l’apice di un discorso sulla contemporaneità il film mostra personaggi indivisibili dai propri smartphone: device divenuti ormai un prolungamento dei nostri stessi arti. Talvolta si rivelano un aiuto che supporta il quotidiano, in altre occasioni rappresentano la scatola nera delle nostre vite.
Il fiore all’occhiello del film è il legame che intercorre tra odore e distanza geografica. Bong Joon-hoo sembra intenzionato a rivelare un background sociale nel quale ricchi e poveri sono destinati a non potersi incontrare mai: mangiano in ristoranti diversi, vivono in quartieri differenti e, come nel precedente “Snowpiercer”, sono separati da cabine di prima e seconda classe. In Parasite, però, questo contatto avviene: i poli opposti collidono tra loro e l’inevitabile vicinanza li costringe ad “annusarsi” vicendevolmente.
[+] lascia un commento a mala_matt »
[ - ] lascia un commento a mala_matt »
|