Leaving Neverland ascolta ostinatamente un solo lato della campana, affrontando senza peli sulla lingua dettagli grafici raccapriccianti e legandoli a una delle figure più famose della storia contemporanea. Senza prove incontrovertibili e tangibili rimangono le testimonianze dei due protagonisti, metafora che trova compimento nella struttura dell’opera, un dialogo-fiume di quattro ore privo di un aspetto visivo adeguato.
Così com'è concentrato sui due protagonisti e sulle loro storie, Leaving Neverland dimentica di affacciarsi fuori dalla finestra della fortezza intimista in cui si è rintanato e ascoltare altri pareri, registrare altre versioni dei fatti, raccontare altre verità.
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Leaving Neverland ascolta ostinatamente un solo lato della campana, affrontando senza peli sulla lingua dettagli grafici raccapriccianti e legandoli a una delle figure più famose della storia contemporanea. Senza prove incontrovertibili e tangibili rimangono le testimonianze dei due protagonisti, metafora che trova compimento nella struttura dell’opera, un dialogo-fiume di quattro ore privo di un aspetto visivo adeguato.
Così com'è concentrato sui due protagonisti e sulle loro storie, Leaving Neverland dimentica di affacciarsi fuori dalla finestra della fortezza intimista in cui si è rintanato e ascoltare altri pareri, registrare altre versioni dei fatti, raccontare altre verità.
È evidente che l'obiettivo non sia quello, che a Dan Reed interessi solo ed esclusivamente la verità dei due protagonisti, ma in questo modo, a livello narrativo, l'opera resta monotematica e immobile. Soprattutto non sposta di un centimetro l'opinione individuale di ogni spettatore su Michael Jackson.
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