La vita nascosta - Hidden Life

   
   
   

La fede come arma e virtù personale. Valutazione 4 stelle su cinque

di Ashtray_Bliss


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domenica 22 novembre 2020

Radegund era il titolo originale dell'ultimo lavoro di Malick, proprio come l'omonimo paesino dove visse Franz Jaggerstatter di cui la pellicola in questione celebra le gesta. Ma La Vita Nascosta (o A Hidden Life in originale) è un titolo decisamente più adatto e azzecato che cattura in sintesi quella che fu la vita di Franz, dapprima semplice contadino austriaco come tanti, di un paesino nascosto tra le Alpi austriache, ma la cui vita e storia sarebbero diventate talmente straordinarie da meritare giustamente un adattamento cinematografico. Possiamo fare un parallelismo, ma solo in termini di contenuto e non di forma, col recente Hawcksaw Ridge di Mel Gibson ma Malick segue uno schema ben preciso, distintivo e peculiare che lo rende immediatamente riconoscibile e memorabile.
La struttura narrativa è certamente meno fluida e più strutturata, a differenza dei lavori più recenti del regista americano, ma anche quì la storia si costruire e si narra attraverso gli sguardi, i silenzi, le domane poste dal protagonista (e a cui gli spettatori tacitamente debbono rispondere) e soprattutto si basa sulla fotografia. Assistiamo quindi ad un uso magistrale della fotografia a firma di Widmer, suggestiva, potente, travolgente. Capace di trascinare lo spettatore all'interno della pellicola, magnetizzandoci e incantandoci, facendoci respirare sequenza dopo sequenza l'aria di montagna, il profumo dell'erba bagnata di rugiada o la mietitura del grano, catturando il cielo plumbeo delle valli austriache e il suono rilassante e irenico dell'acqua che scorre. Autentica colonna portante del film, la fotografia amplifica il senso di sacralità della vita diffuso per tutto il film. La natura abbraccia i protagonisti, diventando sinonimo di armonia, pace, naturalezza.
Diventa il tempio sacro dove scorre l'amore, l'unità famigliare al ritmo della semplicità e della tranquillità. Non a caso le sequenze ambientate a Radegund, della prima ora del film prediligono gli spazi esterni, aperti, quelli dove la natura ha il sopravvento e domina lo schermo avvolgendo i suoi protagonisti e componendo un'immagine idilliaca, un paradiso destinato a perdersi e sgretolarsi; in netta contraddizione con la seconda metà della pellicola dove gli spazi diventano prevalentemente chiusi, opprimenti e oppressivi (le chiese, la casa, la cella) marcando l'avvenuta rottura nella famiglia di Franz e Fani, segnando la perdita d'equilibrio e l’imminente tragedia che li avrebbe colpiti.
Siamo infatti agli albori della seconda guerra mondiale col nazismo che invade e distrugge intere nazioni, popoli, famiglie. Una di queste è la famiglia di Franz il quale tuttavia trova la forza di opporsi al regime e di resistere, fisicamente e psicologicamente durante i mesi di prigionia antecedenti la sua condanna a morte, grazie alla sua ferrea fede cristiana. Franz infatti, si rifiuta di arruolarsi, di servire il regime dell’orrore, di rendersi partecipe in qualsiasi modo di questo mostruoso progetto che ha segnato la Storia e la coscienza collettiva sapendo di pagarne le conseguenze con la propria vita. La fede, in tal senso, diventa non più un semplice rifugio spirituale ma uno scudo e un’arma concreta di resistenza contro l’orrore bellico che infetta e distrugge gettando l'Europa nel caos.
Una guerra che tuttavia resta sempre sullo sfondo, assente, reticente, invisibile all’occhio dello spettatore e della regia, seppur sempre palpabile nella sua ferocia e distruttività. Ma a Malick non interessa raccontare la violenza bensì la forza morale, la resistenza, l’abnegazione con la quale un singolo uomo si oppone all’Idra di Lerna sapendo di non avere speranze ma senza comunque rinunciarvi. Un uomo che fa prevalere i suoi valori e la sua moralità in tempi violenti e dissoluti.
Non è la prima volta infatti che il regista instaura il discorso tra fede e guerra, focalizzandosi prevalentemente sulla spiritualità interiore che guida i suoi protagonisti, moralmente elevati e illuminati, capaci di reggere il peso delle loro scelte, affrontando il sacrificio. Ricordiamo infatti quel capolavoro indiscusso di Thin Red Line, dove forse solo il tocco filosofico e poetico era più marcato. Ma la filosofia come la spiritualità è diffusa per tutta la pellicola anche nella Vita Nascosta e la si coglie nei silenzi del protagonista, nel suo tormento interiore, nelle domande aperte poste e rivolte agli spettatori.
Si compongono cosi gli oltre 170 minuti di quest'opera d’arte di rara bellezza e sensibilità che rappresenta un sentito tributo al vero cinema arthouse, indipendente e di caratura. Quello che presta attenzione alle emozioni, ai sentimenti, alle figure nascoste che hanno contribuito a rendere la loro personale storia e dignitosa battaglia, parte della Storia e memoria collettiva. E Malick lo fa con grande maestria seguendo il ritmo e lo schema che ha reso il suo stile, e approccio cinematografico, inconfondibile. Non è adatto dunque, questo affresco intimo e viscerale, a chi non conosce il regista e non è abituato ai tempi dilatati, ai lunghi silenzi, all’infusione di filosofia e spiritualità (anche se quì sarebbe più corretto parlare di religiosità), all’accuratezza tecnica, quasi maniacale, con la quale il regista compone una pellicola tecnicamente impeccabile seguendo un registro assodato e distintivo.
Un’opera assolutamente meritevole che magnetizza lo spettatore inducendolo a riflessioni più profonde e lasciandolo indubbiamente turbato, scosso ma pur sempre appagato dalla visione e dall’esperienza sensoriale a 360 gradi che La Vita Nascosta induce. Ma sarebbe disonesto non ammettere che il film non esalta solo l'integrità e coerenza morale, rappresentando altresì un inno all'amore, quello più puro e incondizionato, tra Fani e Franz, la loro famiglia, i loro bambini. Un amore che ha resistito al tempo e di cui siamo a conoscenza, come fedelmente riproduce la pellicola, grazie all'intensa comunicazione epistolare tra i coniugi in cui trapela l'assoluta devozione, accettazione, reciproco rispetto e sostegno.  
Un film raro, coinvolgente e magnetico. Voto: 4/5.

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rosamaria sabato 17 dicembre 2022
la scelta di franz (e di fany)
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Bellissimo film, difficile contenuto.
La natura è una protagonista; anche la natura umana buona che accetta la scelta del progagonista.
La natura umana malvagia (i compaesani, i carcierieri) tentano di scrivere la storia, vorrebbero imporsi ma sono assimilati dal protagonista che nella sua attiva accettazione riesce a prevalere.
Mi stupisce umanamente che il protagonista abbia rifiutato la possibilità, pur con un compromesso, di adattare la propria fede e i propri principi al contesto storico, salvandosi la vita e salvando i propri affetti.
Credo che abbia sentito forte l''esigenza, il compito di opporsi anche a nome di chi non ha avuto alcun dubbio.
Quesa paternità spirituale assorbe qualsiasi altro amore che viene di fatto sacrificato ma non annullato.

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