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Dolente elegia che illustra con emotiva partecipazione la lotta granitica di un uomo mite per conservare il suo credo e la sua autonomia di Uomo. In un mondo dominato da un Male pervasivo e che ha messo Dio alle corde, in un mondo bellissimo fatto di un verde fulgido e di montagne avvolte da nubi, ma il cui cielo è quasi sempre pieno di nuvole nere e minacciose, Franz e Fani sono una coppia edenica che vive una vita fatta di allegria e di duro lavoro della terra. Duro, il lavoro, ma è comunque un paradiso, un luogo pervaso di amore e di fraternità. Fino all’arrivo della guerra, che distrugge l’eden e introduce il Male e l’Odio. Come potersi difendere? Con la stupida, tenace forza tipica delle persone miti e pure di cuore: andando a morire per un ideale, per non perdere quell’umanità in cui si continua a credere, malgrado la constatazione che l’uomo è uno spietato animale che gode nel far soffrire, che si diverte ad uccidere.
Con il suo ormai tipico stile lirico, la voce off, l’ampio uso del grandangolo, la splendida fotografia Malick costruisce una teodicea che racconta in versi la vita di un perseguitato a causa della giustizia (in questo senso, quindi, un beato, secondo il dettato cristologico del Discorso della montagna), film che è lontanissimo dal genere biografico o agiografico, film che si rivela invece un poema tristissimo sul Male che schiaccia l’Uomo e sull’Uomo che si difende dal Male con l’unica arma che gli resta: il Sacrificio.
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