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di sergio dal maso


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lunedì 4 novembre 2019

   “... non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore” F. De Gregori – La leva calcistica della classe ‘68 
 
CF24. Ventiquattro sta per il numero di maglia. CF per Christian Ferro, l’astro nascente del calcio italiano, il nuovo idolo dei tifosi della Roma.
CF24 non è solo un nome d’arte o un soprannome ma un vero e proprio marchio commerciale.
Il maggior business del calcio moderno è quello di trasformare in milioni di euro prima di tutto l’immagine pubblica dei calciatori, con le sponsorizzazioni e il merchandising di magliette e oggettistica varia.
Così un ragazzo appena maggiorenne può trovarsi catapultato in una vita da rockstar, con tanto di villa con piscina, Lamborghini parcheggiate in garage e fidanzata-velina, naturalmente influencer su instagram.
L’immagine pubblica di Christian è quella di un ragazzo capriccioso e viziato, tutto genio in campo e sregolatezza nella vita. Non si fa mancare niente: auto sfasciate, risse in discoteca e maldestri furti per compiacere i vecchi amici di borgata. Uno stile di vita che può comprometterne la carriera. Un carattere ingestibile visto come un problema da risolvere urgentemente dal presidente della squadra. Christian dovrà studiare e diplomarsi, pena l’esclusione dai titolari.
Tra i tanti candidati al ruolo di tutorla dirigenza della società compie un azzardo scegliendo Valerio Fioretti, un professore in crisi, introverso e malinconico, che non sa nulla di calcio. Apparentemente l’esatto contrario di Christian, venerato dalla tifoseria, oltre che spaccone e irascibile.
Si scoprirà che dietro la maschera cui entrambi si nascondono ci sono due solitudini molto simili. Sia Christian che Valerio hanno alle spalle situazioni famigliari difficili e un lutto lacerante che non sono riusciti a superare.
Prima di essere un film ambientato nel mondo del calcio Il campione è un racconto di formazione, la storia di un’improbabile amicizia che dall’iniziale diffidenza si rivelerà profonda e sincera, salvifica per tutti e due.
Appoggiandosi l’uno all’altro capiranno che si può convivere anche con un dolore straziante e guardare lo stesso al futuro, con uno sguardo diverso e con la voglia viverlo fino in fondo.      
All’esordio alla regia Leonardo D’Agostini centra un gran film. E non era per niente facile. Anzi, portare la classica storia di formazione con l’abusata formula del rapporto difficile tra un adolescente e un adulto in un mondo anti-cinematografico come quello del calcio poteva essere un azzardo.
Invece D’Agostini confeziona un film brillante, senza sbavature, convincente in tutte le componenti filmiche.
A dir poco straordinarie le interpretazioni di Andrea Carpenzano e di Stefano Accorsi, i due attori protagonisti danno vita a due personaggi che crescono di minuto in minuto in una perfetta alchimia; non va dimenticata l’altrettanto brava Ludovica Martino, in un ruolo chiave per l’equilibrio dello sviluppo narrativo. Dopo l’eccellente esordio con Tutto quello che vuoi era gioco facile profetizzare una brillante carriera ad Andrea Carpenzano, le promesse sono state mantenute. Per l’amara ironia e i perfetti tempi comici delle battute ricorda molto Valerio Mastandrea o Marco Giallini.
La sceneggiatura di Giulia Steigerwalt è solita e credibile, oltre che attenta a non cadere nella retorica. Il mondo del calcio e le partite, le cui scene sono tecnicamente di grande effetto, restano sullo sfondo per dare risalto alla crescita umana e al legame che si crea tra Christian e Valerio. Alcune idee narrative, come quella di partire dagli schemi di gioco per creare un metodo di studio personalizzato in cui viene schematizzata la Storia, sono convincenti e funzionali al racconto.   
L’esordio di Leonardo D’Agostini è stato prodotto dalla Groenlandiadi Matteo Rovere e Sydney Sibilia, due (giovani) registi che stanno rivoluzionando il cinema italiano con opere innovative come la trilogia di Smetto quando voglioo Veloce come il vento, permettendosi anche di produrre film audaci come Il primo re, recitato in protolatino. Il cinema italiano ha un gran bisogno di film come Il campione, autoriali ma nel contempo in grado di attrarre anche un pubblico popolare, e quindi di incassare portando ossigeno all’asfittica industria cinematografica. Auguriamoci che il futuro di questo gruppo di giovani registi e produttori sia luminoso come la carriera calcistica che si prospetta a Christian Ferro.
Malgrado le difficoltà, per dirla con De Gregori, “il ragazzo si farà ...”.

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