The Day I Lost My Shadow

Sana è una giovane madre che lotta per crescere il suo bambino di otto anni nella Siria dilaniata dalla guerra nel 2012. Tra interruzioni di acqua e di corrente un giorno si assenta dal lavoro per andare alla ricerca di un posto dove comprare una bombola del gas. Lungo la strada, incontra Jalal e sua sorella Reem, che sono anche alla ricerca della stessa cosa, e accettano di condividere un taxi per il viaggio. A un posto di blocco, i soldati sospettano che il loro autista sia un attivista. Temendo l'arresto, si mette in fuga, abbandonando i suoi passeggeri in un piccolo villaggio alla periferia di Damasco.

Che sia una donna a portare sullo schermo l'orrore e l'assurdità della guerra è già di per sé un fatto piuttosto raro.

Il fatto poi che si tratti di una regista siriana che questi eventi li conosce da molto vicino rende questa occasione di visione ancora più interessante. Facendo uso dei canoni del cosiddetto realismo magico Soudade Kadaan riesce a imprimere nel suo racconto una pregnanza simbolicamente efficace.

A Hiroshima, dopo l'esplosione della bomba atomica, delle persone rimasero solo le ombre. Nella Siria martoriata da un'apparentemente interminabile guerra intestina sono invece le ombre a scomparire prima che il corpo si trovi in condizioni di pericolo. È quanto accade al co-protagonista maschile Jalal che ha già conosciuto arresti e torture ed è quanto può accadere a chiunque sia inviso alle forze dell'esercito regolare che spadroneggia ovunque.

Testimone di tutto ciò è una giovane madre che ha il marito assente e che si trova coinvolta in un'odissea che la porta fuori dalla città per collocarla in una terra di nessuno in cui cercare disperatamente un barlume di sicurezza per poter sperare di tornare a casa dal figlio. È sul suo volto che la camera va a cercare tutte le possibili variazioni che la paura dell'irrazionalità feroce dell'essere umano in stato di belligeranza esibisce senza alcuna remora.

Chi pensa che ciò che accade in Siria sia 'un fatto loro' e non prova nessuna pietà per i profughi che provengono da quel Paese dovrebbe vedere questo film e pensare, nel corso dei 90 minuti di durata, di essere nei suoi panni. Potrebbe cambiare idea. 