Oro Verde - C'era una volta in Colombia

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L'invenzione della marijuana

di Fabio Ferzetti L'Espresso

La nascita del narcotraffico in una remota regione della Colombia vista come una leggenda intrisa di miti e usanze ancestrali. Ascesa e caduta di un piccolo ras della marijuana raccontate come una tragedia greco-tropicale tra sogni premonitori, guerre fratricide, crimini rovinosi non in quanto tali ma perché violano i sacri codici del popolo wayuu. Per un oscuro ma potente meccanismo di compensazione, più le mafie cancellano confini e culture, più in ogni parte del mondo il cinema (e non solo il cinema) impasta il sangue di oggi con quello di ieri. Cogliendo nella globalizzazione dei traffici e dei capitali criminali anche l'agonia di antiche tradizioni. È un processo che in Italia inizia ai tempi del "Salvatore Giuliano" di Rosi e arriva fino a Saviano o al Munzi di "Anime nere". Ma non aveva ancora toccato l'America latina. Le narcomafie latinoamericane finora le avevano raccontate solo i nordamericani. Diretto a quattro mani dal regista del memorabile "El abrazo de la serpiente" e dalla sua produttrice e consorte, diviso in cinque canti come un poema epico, "Oro verde" (in sala dal' 11 aprile) ridistribuisce le carte e cambia i canoni del genere, sostituendo alle logore coreografie del cinema d'azione uno stile ieratico e potente come un idolo precolombiano. Alla fine degli anni '60 l'ambizioso Raphayet inizia a trafficare marijuana con i turisti yankee per riunire la dote necessaria a sposare la bella Zaida, conquistata nel travolgente ballo rituale d' apertura, la yonna. All'inizio degli anni '80 è tutto finito. Denaro e avidità hanno cancellato ogni cosa. Del suo regno restano solo le rovine. Il commercio con i disprezzati "alijunas", gli stranieri, cioè tutti coloro che non parlano wayuu, ha generato aberrazioni e follia. Quel clan di pastori e agricoltori ha divorato se stesso. Ma intanto abbiamo visto cose incredibili e insieme familiari. Abbiamo scoperto il ruolo nascosto ma decisivo delle donne wayuu. Abbiamo capito l'importanza pratica e simbolica dei portavoce. Ci siamo immersi in un film che costeggia il soprannaturale e schiva ammazzamenti e scene madri per lavorare di ellissi e allusioni. Il prossimo film di Guerra, "Aspettando i barbari", da Coetzee, coproduzione Italia-Usa, ha nel cast Johnny Depp, Robert Pattinson e Mark Rylance. Per un regista-antropologo, un triplo salto mortale. Chissà se tra i wayuu si tocca ferro.
Da L'Espresso, 7 aprile 2019


di Fabio Ferzetti, 7 aprile 2019

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