Sono tornato

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Il ritorno del Duce non diverte e non insegna

di Paolo D'Agostini La Repubblica

Almeno nella prima parte il Sono tornato di Luca Miniero (co sceneggiatore il bravo Nicola Guaglianone di Jeeg Robot, Indivisibili e L'ora legale) ricalca fedelmente il modello tedesco. Il film Lui è tornato (2015) a sua volta tratto dal bestseller (2012, in Italia Bompiani l'anno dopo) dallo stesso titolo, rispettivamente di David Wnendt e Timur Vermes, immaginavano la resurrezione di Adolf Hitler nella Berlino di questi anni. Il tono era comico satirico, la tecnica mista docu-fiction, e sorprendenti o inquietanti erano le reazioni colte per la strada. Ma forse meno che in questo adattamento italiano che immagina Benito Mussolini (Massimo Popolizio) già catturato e giustiziato nell'aprile 1945 riapparire vivo, da una nuvola di polvere, in un giardinetto della capitale dove sta giocando a pallone una scolaresca di bambini "nuovi italiani" (con sconcerto Mussolini si chiede se è capitato in Abissinia). E proclamare subito, dopo un momento di disorientamento che supera rapidamente e brillantemente, di voler riprendere da quando era stato interrotto. La tecnica mutuata dall'originale tedesco, quella di uno pseudo-documentario comprendente interviste e reazioni in candid camera, ci dice che una tale eventualità troverebbe gli italiani più condiscendenti. Anche qui il redivivo viene preso sotto l'interessata protezione di un mediocre regista, ma nessuno (tranne quest'ultimo, solo quando è troppo tardi) crede che quel tizio mascelluto e in camicia nera non sia che un mitomane con ambizioni comiche e mediatiche. Dunque se il primo tentativo del regista viene respinto dall'emittente televisiva per la quale lavora più che precariamente, la musica cambia quando può vantare milioni di contatti registrati dai video che per conto suo ha realizzato in compagnia del Duce in giro per l'Italia. Tutto il potere passa nelle mani della spietata vicedirettrice Stefania Rocca (Katia Bellini, come nel film tedesco) che acchiappa l'occasione al volo mettendo sotto contratto il Duce prima per un solo programma e poi per tutto il palinsesto. Benito non lascia che lo si tratti come un pupazzo, è disinteressato alla nostalgia e dichiara alle telecamere l'intenzione di fare politica oggi e di raddrizzare l'Italia. Lo share balza alle stelle. Né carne né pesce. Non è così divertente, e la lezioncina sulle tentazioni fasciste che covano sotto paure e risentimenti di oggi non è tanto seria.
Da La Repubblica, 1 febbraio 2018


di Paolo D'Agostini, 1 febbraio 2018

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