Titolo originale | Lissa Ammetsajjel |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Siria, Libano, Qatar, Francia |
Durata | 120 minuti |
Regia di | Ghiath Ayoub, Saeed Al Batal |
Uscita | lunedì 5 novembre 2018 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Reading Bloom |
MYmonetro | 3,60 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 14 novembre 2018
Due giovani partono da Damasco verso Douma. In Italia al Box Office Still Recording ha incassato 10 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Saeed è un giovane cinefilo che cerca di insegnare ai giovani di Ghouta, in Siria, le regole del cinema, ma la realtà che si trovano ad affrontare è troppo dura per seguire alcuna regola. Il suo amico Milad vive dall'altra parte della barricata, a Damasco, sotto il controllo del regime, dove sta terminando gli studi d'arte. Un giorno, Milad decide di lasciare la capitale e raggiungere Said nella Douma assediata. Qui i due mettono in piedi una stazione radio e uno studio di registrazione. Tengono in mano la videocamera per filmare tutto ciò che li circonda, fino a quando un giorno sarà la videocamera a filmare loro.
Ci sono film che non solo 'si possono permettere di' ma anzi 'devono' infrangere le regole del linguaggio cinematografico. Possono farlo quando il loro valore risiede proprio in quel bypass. E il caso del lavoro di Saeed Al Batal et Ghiath Ayoub vincitore del Premio del Pubblico alla Settimana della Critica di Venezia 2018.
È la sequenza iniziale a definirne il campo d'azione. In un corso sugli elementi di base della comunicazione sul grande schermo Saeed mostra in still frame alcune riprese di Underworld soffermando l'attenzione dei presenti sulla costruzione dell'inquadratura. Ciò non servirà solo a consentirci di comprendere come questa attenzione divenga non più esigibile da ciò che ci apprestiamo a vedere ma anche a consentirgli una non secondaria osservazione sul fatto che il budget di un film come quello consentirebbe in Siria la costruzione di 15 ospedali e 16 scuole. Perché una volta usciti da lì solo la distruzione (non solo delle regole) abiterà lo schermo.
Delle 450 ore di girato noi vedremo una sintesi di due ma apprenderemo anche che ben quattordici documentaristi sono morti nel corso di un conflitto di cui i media si ricordano a fasi alterne. I due cineasti invece ci mettono dinanzi a una realtà atroce costantemente vissuta dall'interno con una telecamera che non riprende le azioni ma le vive costituendo, con le sue immagini, un'ultima e indispensabile "linea di difesa".
Non ci sono però solo morti e macerie in questo film. C'è una fortissima denuncia dell'orrore che va oltre l'orrore, quasi accettato come ineluttabile, dello scontro a fuoco con armi convenzionali per affrontare il massacro di 1500 civili con armi chimiche ma c'è anche la vita che, nonostante tutto, va avanti, Non solo per festeggiare, accontentandosi, un compleanno o un matrimonio ma anche nell'espressione artistica. Che si tratti di un murales o di una scultura poco importa. È un modo per confrontarsi, a più livelli, con la morte al lavoro secondo Cocteau.
Premessa: non amo i documentari, nel senso che non amo vederli al cinema. Al cinema vado soprattutto per vedere rappresentate delle storie, magari anche con un forte contenuto sociale e un’ambientazione realista, ma che in linea di massima seguano un qualche filo conduttore, o abbiano almeno un minimo di sviluppo narrativo, salvo qualche eccezione… Still Recording è un documentario [...] Vai alla recensione »