L'Isola dei Cani

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Un film di Wes Anderson. Con Bryan Cranston, Scarlett Johansson, Tilda Swinton, Greta Gerwig, Bill Murray.
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Titolo originale Isle of Dogs. Animazione, Ratings: Kids+13, durata 101 min. - USA 2018. - 20th Century Fox Italia uscita martedì 1 maggio 2018. MYMONETRO L'Isola dei Cani * * * 1/2 - valutazione media: 3,84 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

uno sperimentatore di generi Valutazione 4 stelle su cinque

di vanessa zarastro


Feedback: 34043 | altri commenti e recensioni di vanessa zarastro
giovedì 12 luglio 2018

In questa estate romana molte sale cinematografiche propongono delle rassegne e ogni giorni proiettano un film uscito quest’anno, dando la possibilità a chi non l’abbia visto di recuperarne la visione. È appunto il caso di questo delizioso film di Wes Anderson, un regista che continua a stupirci per il suo sperimentare vari generi diversi. Lo ricordiamo in “I Tannenbaum” del 2002, una sorta di storia a fumetti dei membri di una famiglia che si riuniscono dopo tanti anni che hanno vissuto separati, “Le avventure acquatiche di Steve Zissou” del 2005, la storia di un ricercatore e regista di documentari marini che si mette a caccia dello squalo-giaguaro che ha divorato il suo migliore amico, e in “Grand Budapest Hotel” del 2014, una serie di storie a scatole cinesi che attraversa il secolo scorso, narrata dal concierge dell’albergo mitteleuropeo.
L’Isola dei cani” è stato presentato al Festival di Berlino del 2018 dove ha vinto l’Orso d’Argento per la miglior regia, è un film distopico di animazione in stop motion ed è ambientato in un prossimo futuro (2037) in Giappone, in particolare sull’isola dei rifiuti, dove uomini e cani antropomorfi convivono. Per animazione stop motion si intende l’insieme di foto di figure tridimensionali mosse manualmente fotogramma dopo fotogramma. La figura viene posizionata, si scatta una foto, la si muove, si scatta un’altra foto e così via migliaia di volte. Per “Isle of Dogs” ci ha lavorato Andy Gent (già collaboratore per “Grand Budapest Hotel”) e il suo team costruendo tutti i pupazzi e ci sono voluti ventisette animatori e dieci assistenti.
Il perfido Sindaco di Megasaki – città capitale dell’arcipelago giapponese – è un gattofilo e tenta di sterminare la razza canina incolpata di pandemia. A tale scopo ha indotto un’influenza canina e ogni cane ammalato viene deportato lì, sull’isola dei rifiuti. Lo scienziato, il Prof. Watanabi e la sua assistente hanno trovato il vaccino (o meglio l’antidoto) ma lui viene messo agli arresti domiciliari e poi avvelenato, facendo sembrare un suicidio.
Il Sindaco (Nomura Kunichi) è lo zio di Atari Kobayashi (Koyu Rankin), un bambino di dodici anni rimasto orfano, al quale è stato dato un cane/guardia del corpo di nome Spots. Il bambino si recherà sull’isola alla ricerca del suo cane con un piccolo aereo monoposto, un Junior Turbo Prop. Lì farà conoscenza di cinque cani simpatici che lo aiuteranno nella ricerca. Molti bravi e noti attori americani hanno prestato le loro voci: Chief è doppiato da Bryan Cranston, Rex da Edward Norton, Boss da Bill Murray, Duke da Jeff Godblum e King da Bob Babalan. Ma ancora altri come Liv Schreiber (Spots), Scarlett Johansson, Frances McDormand, Tilda Swinton, F. Murray Abraham, Greta Gerwig, Harvey Keitel. Questo divertente gruppetto ricorda dei vitelloni di provincia che amano i pettegolezzi, hanno all’interno una certa competitività di leaderismo, comunque la loro democrazia si contrappone alla neo-dittatura del Sindaco.
La vicenda con il lieto fine è piuttosto prevedibile: Chief il randagio che morde, non solo avrà anche lui un padroncino affettuoso, ma ritroverà pure un fratello. Sia lui sia suo fratello maggiore Spots troveranno l’amore della vita e diventeranno padri. Atari, a sua volta, si fidanzerà con la bambina saputella dell’Ohio che, da brava giornalista d’inchiesta, ha portato avanti le battaglie degli studenti che hanno fatto cadere il Sindaco e svelare l’imbroglio. Interessante è il fatto che solo i cani parlano una lingua comprensibile (inglese o italiano se doppiato) e hanno emozioni antropiche, mentre Wes Anderson fa parlare gli umani in giapponese per creare un’alterità ribaltata tra cani e umani.
Il film ha un gusto minimalista, così come la cultura Zen ci induce a pensare. L’ambientazione è particolarmente curata, l’isola è ben raccontata nella sua morfologia e progettata con un design elegante e dettagliato anche negli scarti. Un’ambientazione analoga si era vista, forse, in un altro film stop-motionWall-E” realizzatodalla Pixar Animation Studio nel 2008. Ne “L’Isola dei cani” la visione del futuro, come spesso nella fantascienza, ha molte notazioni retrò che lo fa assomigliare qua e là ad ambienti di mezzo secolo fa.
Ciò che mi è piaciuto maggiormente del film è la messa in evidenza della contraddizione giapponese fra tradizione e innovazione (in particolare tecnologica). Un esempio lo si percepisce nel balletto funebre in memoria del bambino creduto morto, alternato nel montaggio alle scene delle costruzioni/invenzioni di Atari alla riscossa con tutti i cani.
Wes Anderson ha lavorato alla sceneggiatura assieme ai suoi abituali collaboratori (anche se la sceneggiatura è firmata solo da lui): Roman Coppola e Jason Schwartzmann e con la consulenza dell’attore giapponese Kunichi Nomura già interprete di “Grand Budapest Hotel”. Inoltre, lo stesso regista afferma di essersi ispirato ai film di Akira Kurosawa. La figura di Ataki, come alcuni critici hanno riscontrato, è una mediazione tra il cinema di Hayao Miyazaki (il re dell’animazione giapponese) e il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry.
 

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