Il clan dei ricciai

Film 2018 | Documentario 70 min.

Anno2018
GenereDocumentario
ProduzioneItalia
Durata70 minuti
Regia diPietro Mereu
MYmonetro 3,07 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Pietro Mereu. Un film Genere Documentario - Italia, 2018, durata 70 minuti. - MYmonetro 3,07 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 18 giugno 2018

Un amaro e autentico sguardo sulla vita dei carcerati e la loro lotta quotidiana per reintegrarsi nella società.

Consigliato sì!
3,07/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,13
CONSIGLIATO SÌ
Il racconto amaro e realistico di vite distrutte dalla delinquenza che il mare ripulisce.
Recensione di Francesca Ferri
lunedì 18 giugno 2018
Recensione di Francesca Ferri
lunedì 18 giugno 2018

La pesca dei ricci è un mestiere faticoso. A Cagliari, fra le onde di un mare cristallino, nei mesi più freddi dell'anno, non sono rimasti in molti a praticarla. Tra questi c'è Gesuino Banchero, che con il suo clan di ex detenuti continua con orgoglio una delle più antiche tradizioni sarde. La cooperativa di pescatori restituisce voce e dignità a quelle persone dimenticate dal mondo che nella pesca dei ricci hanno trovato un'occasione di riscatto. Dopo anni di carcere, Andrea, Massimo, Simone e Bruno cercano così di superare il passato e riprendere il controllo della propria vita.

Il documentario di Pietro Mereu è il racconto amaro e realistico delle storie di ex carcerati e della loro lotta quotidiana per reintegrarsi nella società.

Sulle note delle Canzoni di Malavita, del cantautore sardo, Joe Perrino, il regista sardo si addentra tra i quartieri popolari e i mercati, il golfo, il carcere di Uta e l'ex carcere di Buon Cammino di una Cagliari descritta come chiusa e omertosa, che tuttavia cerca di liberarsi del suo passato di delinquenza e malavita. I criminali di una volta hanno lasciato il posto a semplici spacciatori, spiega uno degli ex detenuti conducendoci tra i vicoli nel quartiere del castello.

Ma è attorno al mare che la vita di Cagliari ruota e il film di Mereu prende avvio. Dai primi piani su ricci e pesci di ogni sorta ci inoltriamo in un mondo marino che è la fortuna dei cagliaritani e degli ex detenuti. Il regista scava nelle drammatiche storie del carcere che Andrea, Massimo, Simone e Bruno portano tatuate sul corpo. Emozioni e ricordi riaffiorano nei disegni sbiaditi e negli sguardi di chi non dimentica le colpe, le pene, le ingiustizie. Dalle botte ricevute dalle guardie carcerarie allo strazio di vedere i propri cari in brevi visite o non poterli vedere proprio, neanche il giorno del funerale, i ricciai raccontano la durezza, la monotonia e la disumanità della vita in cella. Vite distrutte che Gesuino cerca di ricomporre, offrendo un lavoro proprio a quegli ex galeotti invisibili al resto del mondo. Ritornando alle radici della cultura sarda, la cooperativa dunque si offre non solo come occasione di riscatto sociale ma anche come opportunità di portare avanti un'antica usanza. "Il clan dei ricciai - spiega il regista - racconta storie crude ma ricche di forza e umanità. È una testimonianza preziosa di un mondo che sta scomparendo, e che ho avuto la fortuna di poter raccontare".

Attraverso le voci di Andrea, Massimo, Simone e Bruno, Mereu riflette sulla criminalità, sul sistema della giustizia italiana, sulla incredibile capacità dell'essere umano di sopravvivere ai momenti più drammatici e riuscire infine a rivedere la luce. D'altronde il cagliaritano, secondo le parole di uno dei ricciai, è una persona che non si lamenta mai e riesce ad adattarsi a qualsiasi situazione. Mereu mostra con estremo realismo i volti segnati, scuriti, scavati degli uomini di mare sullo sfondo di una città vista quasi sempre dal mare o in lontananza, dai quartieri di periferia.

Ma nella profondità dei loro sguardi riesce a cogliere quel percorso di salvezza personale che ciascuno di loro ha intrapreso. Il documentario di Mereu, dunque, è una celebrazione dell'essere umano che nei momenti più tragici può far emergere il meglio di sé, e dopotutto, riesce ancora a credere alla bellezza della vita.

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