rainbow238
|
mercoledì 14 febbraio 2018
|
né fabrizio né faber
|
|
|
|
Sono nato tra le braccia di De André.
Ancora prima di essere in grado di comprendere le sue canzoni, le cantavo e le recitavo, bambino, come apocrife preghiere. A 4 anni e mezzo immaginavo una Bocca di Rosa che spandeva petali di fiori e scaldava i cuori con l'Amore, un Andrea che raccoglieva violette, una Marinella che volava sopra una stella mossa dal vento. Crescendo queste immagini naive si sono corrotte e si sono finalmente sporcate con le pennellate della realtà dalla quale provenivano. Hanno perso la loro consistenza eterea a favore della carne sanguigna e gonfia di odori, la loro bellezza cartonata si è intrisa di letame e lacrime beffardamente umani.
[+]
Sono nato tra le braccia di De André.
Ancora prima di essere in grado di comprendere le sue canzoni, le cantavo e le recitavo, bambino, come apocrife preghiere. A 4 anni e mezzo immaginavo una Bocca di Rosa che spandeva petali di fiori e scaldava i cuori con l'Amore, un Andrea che raccoglieva violette, una Marinella che volava sopra una stella mossa dal vento. Crescendo queste immagini naive si sono corrotte e si sono finalmente sporcate con le pennellate della realtà dalla quale provenivano. Hanno perso la loro consistenza eterea a favore della carne sanguigna e gonfia di odori, la loro bellezza cartonata si è intrisa di letame e lacrime beffardamente umani. Questo mi sarei aspettato da un film che parlasse di Fabrizio. Del suo grave problema con l'alcol, del suo essere donnaiolo (un po' troppo ammiccato e un po' troppo poco tagliente), del suo andare a puttane ("sono ragazzate", quelle del film), del suo maltrattare una donna frantumata, del suo (a detta dello stesso figlio) amare (?) violentemente il figlio.
Se Fabrizio uomo era l'obiettivo del film allora bisognava rendere giustizia alle anime che ha calpestato e sfregiato col suo passaggio, a quelle che ha cambiato ed illuminato: bisognava edulcorare meno, tentare meno di rappresentare l'uomo che Dori amava o l'uomo ricordato dai suoi compagni di bevute (si sa, ci lasciano sempre i migliori).
Perché tanto è più grande un genio tanto più c'è bisogno di un pozzo profondo che contenga la sua anima.
Non si può cercare di riscrivere l'essenza tormentata e macchiata di un uomo che tra gli ultimi sentiva la pezzatura del proprio animo. Che senso ha? È mentire per una sciocca necessità di descrivere un genio musicale un po' più conformato ed avvicinabile.
Quanto a volerlo vedere come un film che parli di Faber, be', anche in questo caso è stato un buco nell'acqua. L'occasione di descrivere come nascessero le sue canzoni, da cosa nascessero, come si creassero sotto le sue dita è stata pressoché totalmente sprecata. Forse ci è stato dato qualcosa su la canzone di Marinella, forse su Amico Fragile, su Se ti tagliassero a pezzetti. Tuttavia informazioni arcinote, senza niente di più di quello che già era stato detto in precedenti interviste e raccontato con dovizia di imprecisioni.
Per un fan di De André questo film avrebbe potuto e dovuto rappresentare qualcosa di sognato da sempre che si realizza, l'incontro sul grande schermo con un fragile genio che magari non ha mai potuto nemmeno vedere cantare dal vivo. Avrebbe dovuto essere l'incarnazione cinematografica del tormento, della sintesi delle sue pulsioni e follie, del mancato controllo sui suoi demoni che si riversavano nelle sue canzoni, del vomito dei respinti che albergavano nel suo animo.
Invece no. Mi sono sentito tradito da un film che racconta la storia d'amore tra uno che sì un po' beve, e una che lo ama tanto da fare un passo indietro (tardi?) quando si rende conto di star occupando un posto al momento non suo (ufficialmente).
Mi è piaciuto il film? Mah, sì, solo che se avessi voluto vedere un film d'amore di tre ore tra due pseudo personaggi ne avrei scelto certamente un altro.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rainbow238 »
[ - ] lascia un commento a rainbow238 »
|
|
d'accordo? |
|
kimkiduk
|
mercoledì 24 gennaio 2018
|
conferma di marinelli
|
|
|
|
Film interessantissimo, fatto molto bene e che ha rappresentato il più grande cantautore/poeta italiano, senza ombra di dubbio, dall'infanzia alla fama.
Personalmente ho scoperto un Faber diverso da come lo immaginavo, ma non sono un curioso di gossip quindi molte notizie le ho scoperte dal film.
Quello che affascina è la Genova nei suoi caruggi e la grande presenza in quegli anni di una numerosa comunità culturale/musicale che mi ha fatto pensare in proporzione alla Parigi degli anni 60/70 ed alla vita sregolata di quel periodo effervescente.
E' storia conosciuta ma sempre bella da vedere accostata a dei personaggi come De André e come Villaggio o Tenco.
[+]
Film interessantissimo, fatto molto bene e che ha rappresentato il più grande cantautore/poeta italiano, senza ombra di dubbio, dall'infanzia alla fama.
Personalmente ho scoperto un Faber diverso da come lo immaginavo, ma non sono un curioso di gossip quindi molte notizie le ho scoperte dal film.
Quello che affascina è la Genova nei suoi caruggi e la grande presenza in quegli anni di una numerosa comunità culturale/musicale che mi ha fatto pensare in proporzione alla Parigi degli anni 60/70 ed alla vita sregolata di quel periodo effervescente.
E' storia conosciuta ma sempre bella da vedere accostata a dei personaggi come De André e come Villaggio o Tenco.
Per il resto si conferma la dote recitativa di Marinelli, a volte quasi identico, per quello che ci ricordiamo noi ed ormai da definire come il miglior attore italiano attualmente.
Unica pecca, purtroppo rilevante è la mezz'ora del sequestro che risulta alla pari di Carabinieri 5 fiction tv e che forse si poteva accorciare vista la durata del film, che sicuramente ne avrebbe guadagnato in leggerezza e in realismo.
La sala era piena di martedì, 11 euro come evento speciale (tantino direi), ed età media 30 anni di cui ne sono rimasto colpito e molto contento. La sala piena per un film di 3h.13'' fa molto piacere e dà speranza a chi ama il cinema.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a kimkiduk »
[ - ] lascia un commento a kimkiduk »
|
|
d'accordo? |
|
jack cinema
|
mercoledì 24 gennaio 2018
|
il principe incompleto
|
|
|
|
Delusione.
Un film concepito male.
A parte la scarsa e forzata somiglianza fisica e timbrica, il film non rende giustizia ne' alla persona ne' all'artista.
Chi si avvicinasse al personaggio seguendo la sceneggiatura ne avrebbe l'idea di un genio le cui opere scaturiscono quasi per caso, tra una scopata in un bordello, una scappata extraconiugale e una sbronza in qualche bar tra i carrugi.
Il suo carattere goliardico e seduttore, che emerge tra gli anfratti della sua timidezza, e' infatti l'ultimo aspetto che dovrebbe avere risalto, non perché non sia reale o non sia parte integrante della sua vita, ma per due motivi: primo perché un personaggio così schivo e così ostico ai riflettori avrebbe fatto a meno di "raccontarsi" al grande pubblico nelle sue vesti più intime, secondo perché ne esce fortemente indebolita la sua parte più sensibile, quella che ha dato vita ai personaggi più "umani", che raccontano le storie di tutti i giorni delle persone di tutti i giorni.
[+]
Delusione.
Un film concepito male.
A parte la scarsa e forzata somiglianza fisica e timbrica, il film non rende giustizia ne' alla persona ne' all'artista.
Chi si avvicinasse al personaggio seguendo la sceneggiatura ne avrebbe l'idea di un genio le cui opere scaturiscono quasi per caso, tra una scopata in un bordello, una scappata extraconiugale e una sbronza in qualche bar tra i carrugi.
Il suo carattere goliardico e seduttore, che emerge tra gli anfratti della sua timidezza, e' infatti l'ultimo aspetto che dovrebbe avere risalto, non perché non sia reale o non sia parte integrante della sua vita, ma per due motivi: primo perché un personaggio così schivo e così ostico ai riflettori avrebbe fatto a meno di "raccontarsi" al grande pubblico nelle sue vesti più intime, secondo perché ne esce fortemente indebolita la sua parte più sensibile, quella che ha dato vita ai personaggi più "umani", che raccontano le storie di tutti i giorni delle persone di tutti i giorni.
Gli "ultimi", i dimenticati.
L'assassino, la prostituta, il ladro di cervi, la transessuale, il soldato con un segreto amore omosessuale.
Quelsottobosco urbano, quel "sottoproletariato", come lui stesso lo definiva, di cui il Miche' suicida in cella era espressione, raccontato con parole così profonde, o un Geordie che lui sentiva quasi come un terzo figlio suo, e per la cui sorte provava una empatia tale da dedicargli versi memorabili.
Quei versi scaturiscono da uno studio accurato di tempi lontani, da una passione per l'umanità e per i suoi errori, per la storia, che solo un approfondimento culturale, musicale, antropologico, poetico, a partire dai tempi degli apostoli dei vangeli apocrifi della buona novella al "vecchio professore" della città vecchia passando per il medioevo del "Re fa rullare i tamburi" possono generare, con tanta dolcezza nel raccontare episodi spesso cruenti o violenti.
Di questo studio, di questa passione, di tanto impegno nelle lotte sociali, solo qualche cenno in tre ore di sceneggiatura.
Non una scena di impegno sociale o di discussione sulla pena di morte, ad esempio, non un accenno del Gorilla di Brassens.
Non una parola sugli accadimenti contemporanei, sulle lotte e sulle conquiste sociali, sulle guerre, sulle emarginazioni, sulle violenze, non un riferimento a quella "Storia sbagliata" di Pasolini ucciso, mentre ci sarebbe stato tanto da dire, da raccontare, da suonare.
Si, l'amico Tenco morto suicida gioca un ruolo fondamentale, e Preghiera in gennaio ne è buona testimonianza, ma tutto il resto?
Pare che tutti i personaggi di Spoon River (Fernanda Pivano e' nominata solo per nome e pochi sanno cosa ha tradotto) siano nati quasi per caso, o come se il Bombarolo fosse un gentile omaggio con l'acquisto di una stecca di sigarette, e che il Maggio parigino lui l'abbia vissuto solo tra le braccia di Dori, isolandosi dal mondo. Non è così.
Fabrizio e' sempre stato accanto ad ogni singolo essere umano che compie la sua lotta, giorno per giorno, e la sua anarchia più profonda e' sicuramente frutto di incontri, di dialoghi, di partecipazione e di uno studio che in questo film paiono essere non pervenute, salvo sporadiche battute.
In tre ore di film almeno tre scene di sesso, di tradimento, di sbronze, e di immancabile fumo.
Non che non dovessero essere raccontate, anzi sono aspetti che fanno parte di quelle umane debolezze e fallibilità di cui Faber stesso era innamorato negli altri esseri umani, e di quella indole anarchica che e' stata il manifesto della sua vita, ma farne i caratteri dominanti di una personalità così poetica e profonda, tralasciandone invece la parte umanistica e intellettuale, quella cioè che ha fatto il genio delle sue creazioni, mi pare del tutto riduttivo e parziale.
Anche degli amici e dei colleghi di cui si circonda, a Genova come a Tempio, quegli amici che costituiscono l'humus intellettuale e musicale di un impegno fervido e creativo, poco viene raccontato: La PFM neanche citata, Mauro Pagani, Ivano fossati, Giampiero Reverberi, neanche nominati, e neanche un cenno, neanche un fotogramma, su quel folletto di Mark Harris, il geniale arrangiatore, tastierista, suonatore di bandoneon, al quale si devono, tra le tante altre cose, tutti gli intro elettronici sperimentali del disco dell'indiano.
Un disco di svolta post rapimento, che sarebbe stato bello raccontare con qualche accenno anche nelle sue tracce più oniriche o fantasiose, come i Verdi Pascoli o Franziska.
Capisco che non si possa fare una monografia d'autore in un film, e che forse neanche era lo scopo del film.
Ma in tre ore di (troppo)lungometragggio, forse qualche pezzo significativo in più l'avrei messo, magari spiegandone nella sceneggiatura la genesi.
Parlo per esempio di qualche traccia dalla "buona novella", così come della Giovanna D'Arco, o della Princesa che "a un avvocato di Milano ha rubato il cuore", o della stessa "Geordie"
Parlo della interpretazione dei comandamenti nel Testamento di Tito, che è di fatto una rivelazione della sua umanità e un "j'accuse" ai benpensanti clericali.
Quindi era lui, era la sua personalità, erano le sue idee. Era il Fabrizio da raccontare.
Se per tre volte ritorna la stupenda "canzone dell'amore perduto", si sarebbe potuto fare cenno anche a quei Rom di Khorekane' in Anime Salve, di una cultura lontana dalla sua terra ma che per lui costituiva una "goccia di splendore", ad esempio.
Tra l'altro un film pieno anacronismi musicali funzionali -a detta di altre critiche- ad una scelta consapevole e ad un adattamento estetico, ma che a me pare un controsenso, se si vuole narrare la vita di un "cantastorie" le cui opere sono figlie del loro tempo, sia da un punto di vista socio-politico che da un punto di vista estetico.
Nulla nasce per caso, neanche il Don Raffaè, ipotesi di quel Raffaele Cutolo che emerge dai ritratti di una società marginale permeata dal potere mafioso, che evidentemente Faber aveva avuto il tempo di analizzare, studiare, capire.
Invece nel film non c'è traccia di quel tempo di studio sociale ne' tantomeno di una canzone che sarà destinata ad essere annoverata tra i capolavori di un artista a tutto tondo, che parlava, scriveva, cantava e pensava in dialetti diversi e di luoghi diversi, da Genova all'oriente, da Napoli alla Gallura, facendo di ogni idioma una lingua sua e universale, ed universalmente espressiva, come un grammelot senza finzione fonetica.
Un film quindi che pare incompiuto e incompleto, non adatto a far conoscere alle nuove generazioni un De Andre' poeta, e musicista, anarchico e profondo, intellettuale e amante del proletariato, di famiglia borghese ma dalla vita umile; e al contempo non efficace per chi ne conosce già il carattere e le opere, e che forse nutre aspettative di rappresentazione più ad ampio spettro.
Da segnalare un ottimo Fantastichini nei panni di Giuseppe De Andre', che però ruba a mio avviso troppa scena al racconto del figlio.
[-]
[+] non voleva essere una biografia
(di maria)
[ - ] non voleva essere una biografia
|
|
[+] lascia un commento a jack cinema »
[ - ] lascia un commento a jack cinema »
|
|
d'accordo? |
|
great steven
|
giovedì 21 marzo 2019
|
un solco lungo il viso come una specie di sorriso!
|
|
|
|
FABRIZIO DE ANDRé – PRINCIPE LIBERO (IT, 2018) diretto da LUCA FACCHINI. Interpretato da LUCA MARINELLI, VALENTINA BELLè, ELENA RADONICICH, DAVIDE IACOPINI, GIANLUCA GOBBI, ENNIO FANTASTICHINI, TOMMASO RAGNO, MATTEO MARTARI, ORIETTA NOTARI
Destinato alla prima serata di Rai 1 dopo il passaggio in sala, questo bio-pic rappresenta forse la rivoluzione tanto aspettata nel campo della fiction tv generalista. Film precedenti diversamente interessanti del calibro di Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu o Walter Chiari – Fino all’ultima risata paiono aver risentito di quella semplificazione narrativa ed estetica che da alcuni a questa parte, diciamo dalle ultime stagioni di Don Matteo in avanti, caratterizza i prodotti della rete ammiraglia fin quasi a costituirne il marchio di fabbrica.
[+]
FABRIZIO DE ANDRé – PRINCIPE LIBERO (IT, 2018) diretto da LUCA FACCHINI. Interpretato da LUCA MARINELLI, VALENTINA BELLè, ELENA RADONICICH, DAVIDE IACOPINI, GIANLUCA GOBBI, ENNIO FANTASTICHINI, TOMMASO RAGNO, MATTEO MARTARI, ORIETTA NOTARI
Destinato alla prima serata di Rai 1 dopo il passaggio in sala, questo bio-pic rappresenta forse la rivoluzione tanto aspettata nel campo della fiction tv generalista. Film precedenti diversamente interessanti del calibro di Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu o Walter Chiari – Fino all’ultima risata paiono aver risentito di quella semplificazione narrativa ed estetica che da alcuni a questa parte, diciamo dalle ultime stagioni di Don Matteo in avanti, caratterizza i prodotti della rete ammiraglia fin quasi a costituirne il marchio di fabbrica. Fabrizio De André – Principe libero è invece un’opera di un altro livello, probabilmente per merito di una produzione che arriva da lontano (la Bibi Film altri non è che Angelo Barbagallo, socio storico di Nanni Moretti), del coraggio di un puntare sull’ignoto Facchini, regista sconosciuto ai più che però dimostra una notevole abilità nella direzione del cast, e dell’ottimo copione scritto da due sceneggiatori/romanzieri come Giordano Meacci e Francesca Serafini che sanno elaborare, traendo spunto dai fatti reali, una vicenda oltremodo accattivante. Fabrizio De André (1940-1999), figlio di Giuseppe, direttore di giornali genovese benestante e impositivo e fratello minore di Mauro, futuro avvocato, cresce nella Genova bene degli anni ’50, sfuggendo spesso all’egida paterna pur di frequentare le prostitute nei sobborghi e non suonare il violino che suo padre pretende che impari. Le amicizie coltivate fin da giovanissimo col cantautore Luigi Tenco e l’attore teatrale Paolo Villaggio gli rimangono nel cuore e proseguono (quella con Villaggio; Tenco, come anche la storia rispecchia, muore suicida nel 1967 al Festival di Sanremo) sulla scia della reciproca stima, anche artistica. Nel 1962 conosce Enrica Rignon, soprannominata Puny, e la sposa: dal matrimonio nasce il primogenito Cristiano. Fabrizio comincia già a incidere con scarso successo di pubblico le prime canzoni, nonostante la sua intenzione fosse quella di limitarsi a cantarle per le combriccole di amici, ma i discografici credono nel suo talento e, quando Mina interpreta in televisione La canzone di Marinella, le porte per la musica nazionale gli si aprono definitivamente. In breve il nostro diventa un cantautore affermato molto apprezzato dalla critica per il significato dei brani e la grande cura riservata alla componente musicale. La sua timidezza gli impedisce, fino al 1975, di dare concerti, ma poi arriva la svolta alla Bussola di Viareggio, dove dà la sua primissima esibizione dal vivo. Nel frattempo giunge nella sua esistenza la cantante Dori Ghezzi, di cui Fabrizio s’innamora ricambiato e per lei divorzia dalla Puny. Nel 1979, comprata una tenuta a Tempio Pausania in Sardegna, dove marito e moglie si occupano di viti e cavalli, i due coniugi vengono rapiti dall’anonima sequestri e tenuti prigionieri per quattro mesi, finché il padre Giuseppe non si decide a sborsare la cifra necessaria per la loro liberazione. Nel 1985, in punto di morte, costui chiede al figlio il sacrificio enorme di non ubriacarsi mai più coi superalcolici. Gli ultimi anni, purtroppo, vengono raccontati in modo imperdonabilmente frettoloso, senza nemmeno analizzare più a fondo il decisivo cambiamento stilistico avvenuto nel repertorio deandreiano a partire da Crêuza de mä, interamente cantato in lingua genovese. E la pellicola si conclude con un enigmatico finale in cui tutti i personaggi principali, De André compreso, siedono nelle poltrone di un teatro e poi lo schermo è occupato dall’immagine del Fabrizio De André vero che canta Bocca di Rosa alla chitarra. Ecco uno dei difetti della sua sceneggiatura. Gli altri sono rintracciabili nell’eccessiva importanza attribuita alla "cronaca rosa", che rivaluta troppo la rottura amorosa con la Puny e il successivo fidanzamento con Dori Ghezzi. Inoltre, un finale che avesse raffigurato la morte improvvisa di Faber dovuta ad un carcinoma al fegato, verificatasi l’11 gennaio 1999, avrebbe aggiunto un carico importante e sbalorditivo di pathos capace di dettare una chiusura davvero ragguardevole, benché pure l’andamento narrativo lasci a tratti a desiderare, in quanto la prima parte è di sicuro superiore alla seconda, per la maggior attenzione riservata alle difficoltà degli esordi, alla voce di Marinelli che canta con una verosimiglianza attendibile le immortali canzoni del genio italiano mai dimenticato e alla cura ambientale che ospita i vari episodi del suo iter con luoghi molto più che credibili. Nell’insieme, in sostanza, è dura non farsi coinvolgere dal percorso artistico e umano di un talento vivente che mai più nascerà in seno alla canzone d’autore nostrana. Sequenze intense e girate a meraviglia come Il pescatore, eseguita in concerto dal protagonista insieme alla Premiata Forneria Marconi, non credo possano lasciare indifferenti anche coloro che, per principio, non ascoltano Faber perché preferiscono altri generi. Stupiscono per giunta, in qualità di colonna sonora, Preghiera in gennaio inserita per sottolineare il dolore del protagonista quando viene a conoscenza della morte di Tenco e La domenica delle salme che parte non appena, vicino all’Hotel Supramonte, i rapitori malavitosi entrano in azione. L’idea dei quattro mesi di prigionia non funziona male come perno narrativo centrale, eppure occupa uno spazio tale da limitare aspetti contemporanei della vita di Fabrizio che avrebbero meritato d’esser ampliati e mostrati a mo’ di specificazione della sua maturazione nei confronti di persone e cose. Nel cast, ognuno dà il suo meglio, non soltanto Marinelli: brillano Bellè nelle vesti di Ghezzi e Fantastichini nel ruolo di Giuseppe De André, genitore severo ma in fondo soddisfatto della strada che il figlio intraprende, che si rivela nient’affatto avara di gratificazioni come egli temeva. Ma una rivelazione assai sorprendente è G. Gobbi nei panni di Paolo Villaggio (1932-2017), cui il film televisivo è dedicato: struggente! Ha ottenuto numerose candidature ai David di Donatello 2019.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a great steven »
[ - ] lascia un commento a great steven »
|
|
d'accordo? |
|
|
giovedì 15 febbraio 2018
|
dov'e la sua musica e la sua poesia ?
|
|
|
|
Il film è ben fatto ma racconta soprattutto la storia di un uomo affascinante geniale e tormentato, e della sua famiglia. È solo appena accennata invece la sua evoluzione artistica intellettuale e politica, le sue amicizie artistiche e soprattutto le conseguenze della sua musica su tanti giovani che lo amavano. Il suono della sua musica e delle sue parole ha fatto da sfondo alla mia adolescenza e ne ha cambiato a volte il significato: ascoltavi La guerra di Piero, Bocca di rosa, Marinella, L'impiegato... e carpivi brandelli di senso del mondo; imparavi a capire gli ultimi, i diversi, quelli fuori dal coro. Ma soprattutto imparavi a non aggregarti al gregge, ad avere sempre uno sguardo laterale sulle cose.
[+]
Il film è ben fatto ma racconta soprattutto la storia di un uomo affascinante geniale e tormentato, e della sua famiglia. È solo appena accennata invece la sua evoluzione artistica intellettuale e politica, le sue amicizie artistiche e soprattutto le conseguenze della sua musica su tanti giovani che lo amavano. Il suono della sua musica e delle sue parole ha fatto da sfondo alla mia adolescenza e ne ha cambiato a volte il significato: ascoltavi La guerra di Piero, Bocca di rosa, Marinella, L'impiegato... e carpivi brandelli di senso del mondo; imparavi a capire gli ultimi, i diversi, quelli fuori dal coro. Ma soprattutto imparavi a non aggregarti al gregge, ad avere sempre uno sguardo laterale sulle cose. Un'unità poetica ma anche una continua evoluzione a volte spiazzante anche per i fans più fedeli. Questo non ho trovato nel film ! Forse bisognerebbe fare un'altra film per raccontarlo dal punto di vista dei suoi compagni di strada artistici e soprattutto di tutti quei ragazzi che lo ascoltavano e lo amavano
[-]
|
|
[+] lascia un commento a »
[ - ] lascia un commento a »
|
|
d'accordo? |
|
rossella
|
domenica 13 gennaio 2019
|
non ci siamo
|
|
|
|
Sono cresciuta a pane e Faber grazie a mia madre e mio padre, lo ascolto da quando ero piccolina ; quando ho saputo che sarebbe uscito un film su di lui , inizialmente ne ero entusiasta e come tanti , ho voluto guardarlo al fine di conoscere ancora meglio uno dei più grandi artisti della musica del 900, il risultato peró é stato deludente ..
Se si potesse riassumere il film in 1 frase , sarebbe : " Fabrizio De André : ribelle da giovane , genio da adulto ", capite bene che , trattandosi di Faber , riassumere la sua vita in queste poche parole , sia alquanto riduttivo... Un' analisi dettagliata dell' uomo e dell artista era necessaria per capirlo fino in fondo, non c é stata purtroppo .
[+]
Sono cresciuta a pane e Faber grazie a mia madre e mio padre, lo ascolto da quando ero piccolina ; quando ho saputo che sarebbe uscito un film su di lui , inizialmente ne ero entusiasta e come tanti , ho voluto guardarlo al fine di conoscere ancora meglio uno dei più grandi artisti della musica del 900, il risultato peró é stato deludente ..
Se si potesse riassumere il film in 1 frase , sarebbe : " Fabrizio De André : ribelle da giovane , genio da adulto ", capite bene che , trattandosi di Faber , riassumere la sua vita in queste poche parole , sia alquanto riduttivo... Un' analisi dettagliata dell' uomo e dell artista era necessaria per capirlo fino in fondo, non c é stata purtroppo ... Passiamo a Cristiano ( non Malgioglio, che nel film ha avuto a parer mio un ruolo quasi da personaggio primario pur non essendolo ) : come mai il primogenito del grande Faber , nonché grande polistrumentista che seguì spesso suo padre nei live , é stato trattato come un personaggio secondario?? Come può, il figlio del protagonista, avere così poco spazio nella fiction , visto e considerato che sul rapporto a volte traballante ma sempre molto intenso tra loro due , ci sarebbe tantissimo da dire ?? E ancora: perché altri personaggi significativi nella vita di Fabrizio vengono trattati velocemente? L unici che vengono abbastanza approfonditi sono Dori e Tenco , ma non basta ..
Passiamo ora all' attore che veste i panni di Faber : tralasciando il suo modo di cantare ( "Rimini" la stona in modo pazzesco ) , sembra subire quello che gli succede, senza reagire .. Ha poco carisma ed é una pecca , visto e considerato il ruolo che deve interpretare ... Conclusione : mi aspettavo molto ma molto di più...
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rossella »
[ - ] lascia un commento a rossella »
|
|
d'accordo? |
|
maria
|
mercoledì 24 gennaio 2018
|
dolcissimo fabrizio
|
|
|
|
Il film fa emergere, del nostro amato Fabrizio, più la dolcezza, la fragilità, i dubbi che l'aspetto trasgressivo che ha connotato buona parte della sua vita e dei suoi testi giovanili. Si tratta, credo, di una scelta precisa forse legata anche al mezzo televisivo(il film nasce infatti come fiction Rai): ma ottiene lo scopo di scavare in profondità nel personaggio ed arricchirlo. Ciò si deve ad un'ottima sceneggiatura, ad un inserimento sapiente delle canzoni nella colonna musicale e soprattutto ad uno splendido Luca Marinelli che, in tutto diverso da Fabrizio nel fisico e nell'accento, è riuscito a rappresentarne l'anima, commuovendoci senza alcuna retorica. Bravi anche tutti gli altri, in particolare Valentina Bellè nella parte di Dori Ghezzi.
|
|
[+] lascia un commento a maria »
[ - ] lascia un commento a maria »
|
|
d'accordo? |
|
bobdex
|
mercoledì 24 gennaio 2018
|
marinelli super per il più grande dei cantautori
|
|
|
|
Non era facile raccontare la storia di Faber, uno degli artisti più contorti dell'intero panorama musicale Italiano e non solo. La scelta di Marinelli è perfetta, e francamente non si comprendono le pre-critiche per la sua dizione poco Genovese, scaturite tra l'altro dalla visione di un breve trailer. Marinelli interpreta tutte le facce dell'artista: dalla sua genialità sommessa, alla sua intima paura del pubblico, fino ai suoi demoni che lo accompagnarono per tutta la carriera e la vita privata. Inoltre, oltre a riuscire ad esser anche carismatico ed emozionante, il film non altera la storia di De Andrè e di chi lo circonda, andando a toccare le tappe fondamentali della sua crescita musicale.
[+]
Non era facile raccontare la storia di Faber, uno degli artisti più contorti dell'intero panorama musicale Italiano e non solo. La scelta di Marinelli è perfetta, e francamente non si comprendono le pre-critiche per la sua dizione poco Genovese, scaturite tra l'altro dalla visione di un breve trailer. Marinelli interpreta tutte le facce dell'artista: dalla sua genialità sommessa, alla sua intima paura del pubblico, fino ai suoi demoni che lo accompagnarono per tutta la carriera e la vita privata. Inoltre, oltre a riuscire ad esser anche carismatico ed emozionante, il film non altera la storia di De Andrè e di chi lo circonda, andando a toccare le tappe fondamentali della sua crescita musicale. Ovviamente quando si parla di questo artista ci si aspetta la perfezione, e queto film non lo è. E forse proprio per questo rientra omogeneamente nelle corde del personaggio, perché di certo De Andrè non cantava e suonava per i perfetti, ma per dar voce a tutti coloro che una voce non ce l'hanno mai avuta. Un film che racconta, emoziona, fa riflettere e appassiona, ed è un bene, perché un personaggio come Faber merita di esser ricordato, studiato e vissuto, e questo "Principe libero" è un buon mezzo per chi ancora non conosceva De Andrè o per chi, semplicemente, vuole ancora godere e omaggiare della sua figura maestosa e impareggiabile. Menzione speciale anche per tutti gli attori che interpretano gli altri personaggi noti che ruotano intorno a Fabrizio, come Villaggio, Tenco, Puny e Ghezzi. Plauso finale per Marinelli, perché oltre alla recitazione ci mette di suo nell'interpretare, suonando e cantando, canzoni che quasi nessuno riesce a riproporre senza far rimpiangere il loro vero autore.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a bobdex »
[ - ] lascia un commento a bobdex »
|
|
d'accordo? |
|
m.raffy
|
mercoledì 14 febbraio 2018
|
racconto di un artista e di un uomo
|
|
|
|
Ricostruire le vicende di un personaggio come Fabrizio De Andrè era una vera sfida, ma questo film l'ha vinta restituendo l'immagine di un artista unico, cantautore e poeta, ma anche un uomo non comune, calato nella realtà del suo tempo e capace di descriverla in parole e in musica.
Un uomo del quale vengono mostrate le fragilità, il suo non voler essere un personaggio pubblico, le sbandate, gli amori, i momenti d'oro della sua carriera e gli attimi più bui. Luca Marinelli nel ruolo del protagonista è convincente, intenso. Colpisce l'interpretazione di Valentina Bellè nel ruolo di Dori Ghezzi ed Ennio Fantastichini nei panni del padre di Fabrizio, ma tutto il cast dà voce e corpo ai personaggi con bravura.
[+]
Ricostruire le vicende di un personaggio come Fabrizio De Andrè era una vera sfida, ma questo film l'ha vinta restituendo l'immagine di un artista unico, cantautore e poeta, ma anche un uomo non comune, calato nella realtà del suo tempo e capace di descriverla in parole e in musica.
Un uomo del quale vengono mostrate le fragilità, il suo non voler essere un personaggio pubblico, le sbandate, gli amori, i momenti d'oro della sua carriera e gli attimi più bui. Luca Marinelli nel ruolo del protagonista è convincente, intenso. Colpisce l'interpretazione di Valentina Bellè nel ruolo di Dori Ghezzi ed Ennio Fantastichini nei panni del padre di Fabrizio, ma tutto il cast dà voce e corpo ai personaggi con bravura. Significativo in tal senso è il contributo di Matteo Martari, interprete di Tenco. Di certo verità e finzione si intrecciano, ma il quadro delineato è quello di una personalità complessa, fatta di debolezza e al tempo stesso di forza, di umorismo e malinconia.
Le canzoni di Fabrizio De Andrè che accompagnano tutto il film, sono entrate nella storia della musica e hanno toccato il cuore di tante generazioni, della sua anima più profonda tuttavia si hanno solo degli squarci, come questo racconto ben riuscito.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a m.raffy »
[ - ] lascia un commento a m.raffy »
|
|
d'accordo? |
|
|