laurence316
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martedì 9 aprile 2019
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melensaggini spazio-temporali
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A quanto pare incapace di concepire un qualunque altro meccanismo narrativo che non sia quello implicante la risoluzione di un (apparentemente cervellotico) mistero, in altre parole caduto in una sorta di sindrome à la Shyamalan, lo in parte ancora promettente Paulo si cimenta nel suo terzo “thriller” di seguito con sorpresa finale.
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A quanto pare incapace di concepire un qualunque altro meccanismo narrativo che non sia quello implicante la risoluzione di un (apparentemente cervellotico) mistero, in altre parole caduto in una sorta di sindrome à la Shyamalan, lo in parte ancora promettente Paulo si cimenta nel suo terzo “thriller” di seguito con sorpresa finale. “Thriller” tra virgolette perché, al contrario dei suoi due precedenti exploit (El cuerpo e Contrattempo), questo suo nuovo film purtroppo fallisce proprio dove gli altri al contrario eccellevano: ovvero, creare suspense.
Si dilunga troppo, è troppo espositivo, scivola talvolta nel ridicolo (quantomeno nella scena con protagonista la scrittrice/professoressa comicamente disinformata sui fatti, capace solo di pronunciare paroloni a vanvera), ma soprattutto non è tanto intelligente quanto crede di essere.
Perché a risultare ancora più grave è il fatto che la supposta “sorpresa finale” sia invece quanto di più prevedibile, e melenso, si possa immaginare (in altri termini, colui il quale la protagonista così affannosamente cerca è esattamente chi si potrebbe arrivare a sospettare a primo acchito).
Venendo meno la rivelazione principale, del tutto telefonata, il fatto che poi il film nell’ultimo quarto d’ora si cimenti in un’ardita “sotto-rivelazione”, o meglio in un’ardita e affrettata e frettolosa soluzione dell’intera faccenda (che ingenera non pochi problemi di plausibilità, come del resto altre parti del film, ad esempio l’ossessione maniacale di un certo personaggio ai limiti della psicopatia), non sortisce ormai il ben che minimo interesse e il tutto finisce per afflosciarsi in un dimenticabile lieto fine.
Il sentimentale, man mano che si procede, finisce per prevalere sul thriller, e a farne le spese, oltre alla tenuta spettacolare del film, è anche e soprattutto il suo impianto narrativo.
Comunque già seriamente compromesso sin dai primi minuti da un’ostentata e totale inesplicabilità di qualsiasi evento per cui evidentemente non si sia riusciti a trovare una qualche spiegazione originale o ragionevole; oltreché dal comportamento sinceramente improbabile di taluni personaggi (giusto per fare un esempio: in quale accidenti di mondo un ragazzino, in casa da solo, sentendo i vicini urlare e litigare violentemente, invece di chiamare aiuto si intrufolerebbe nel cuore della notte nella loro casa per vedere che succede?).
Inutile dilungarsi oltre: il primo film del regista realizzato per Netflix è anche il suo primo passo falso. Un film poco riuscito che non ha nulla a che vedere con i suoi due precedenti lungometraggi, in entrambi i quali la sorpresa finale risultava essere precisamente questo: una sorpresa.
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brunopepi
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giovedì 1 aprile 2021
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encomiabile ed avvincente
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Una strana tempesta mette in comunicazione una donna di oggi con un ragazzino del 1989, dando il via ad una serie di paradossi temporali. Da questo concetto si snoda un film degno di lode, forte di un'eccellente sceneggiatura che richiama gli intrecci narrativi di alcune opere di Nolan, però lasciando allo spettatore una linearità grazie ad una trama scorrevole ed acuta che molte volte non troviamo nei film del citato regista londinese, anche se, dentro una "tormenta" di dialoghi e situazioni complesse si ha la sensazione di perdere il filo.
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Una strana tempesta mette in comunicazione una donna di oggi con un ragazzino del 1989, dando il via ad una serie di paradossi temporali. Da questo concetto si snoda un film degno di lode, forte di un'eccellente sceneggiatura che richiama gli intrecci narrativi di alcune opere di Nolan, però lasciando allo spettatore una linearità grazie ad una trama scorrevole ed acuta che molte volte non troviamo nei film del citato regista londinese, anche se, dentro una "tormenta" di dialoghi e situazioni complesse si ha la sensazione di perdere il filo.
Con minori mezzi ed un badget non rischioso il regista Oriol Paulo riesce a comporre un lavoro elogiabile, con bravi e noti artisti latini di fama internazionale, suggestive sequenze ed una musica che accompagna, sullo stile hitchcockiano, gran parte del film.
Adriana Ugarte ancora una volta all'altezza della sua bravura dopo averla apprezzata in "Julieta" di Almodovar.
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