Cold War

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Nec sine te, nec tecum vivere possum Valutazione 5 stelle su cinque

di vanessa zarastro


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sabato 22 dicembre 2018

Una storia d’amore così non la vedevo al cinema dai tempi di “Jules e Jimes” del 1962! Così l’incipit del film di Truffaut: «M'hai detto: ti amo. Ti dissi: aspetta. Stavo per dirti: eccomi. Tu m'hai detto: vattene».
Cold war”, girato in un magnifico bianco e nero in formato 4:3, narra le vicende del tormentato rapporto d’amore tra Wiktor e Zula durante l’arco di quindici anni, dal 1949 al 1964, tra la natia Polonia, la Berlino divisa, la Jugoslavia e la Parigi bohémienne. Gli ostacoli sono dovuti sia alla situazione politica che fa da sfondo alla vicenda, sia alla differenza caratteriale insita tra i due protagonisti.
Siamo in Polonia sulle macerie del dopoguerra. Varsavia è distrutta e Lodz funge da capitale de facto. C’è la speranza di una ripresa nella pace, e Wiktor e Irena, direttori della Scuola di Musica di canto popolare - che poi diventa il famoso gruppo Mazowsze, - reclutano giovani cantanti e ballerini. Tra i debuttanti la giovane e determinata Zula, in libertà vigilata perché accusata di aver ucciso il padre. All’audizione preliminare viene subito notata da Wiktor che ne ha intuito il grande talento.
All’inizio il rapporto tra loro è quello classico di formazione musicale tra maestro e allieva, lui la sprona e lei apprende velocemente, ma ben presto si trasforma in una vera e propria storia. Fanno l’amore di nascosto dagli altri, rubando momenti di piacere con piccole fughe nei campi.
Nel frattempo, la situazione politica cambia, lo stalinismo si consolida sempre più, e anche Kaczmarek, il Direttore amministrativo della Scuola, intende variare il repertorio musicale facendolo diventare di propaganda per regime. Inoltre, diventato sospettoso, incarica Zula di spiare il maestro.
Wiktor è in disaccordo con il nuovo trend dato alla scuola musicale, e se ne vuole andare via, sente che in Occidente le sue capacità saranno apprezzate: è un ottimo pianista, un bravo compositore oltre a essere direttore d’orchestra ed è speranzoso di avere un futuro. Cerca di convincere anche lei che è un po’ intimorita da una scelta così rischiosa – «e io che potrò fare…non parlo neanche francese» gli dice piena di dubbi – e, in una trasferta a Berlino Est, lui la attenderà invano per ore, prima di passare a Berlino Ovest. Tra una dissolvenza in nero e un’altra, tra un tipo di musica e un altro, il regista fa perdere e rincontrare più volte i due protagonisti.
Qualche anno dopo Wiktor si trova a Parigi dove suona in un jazz club (probabilmente il famoso Blue note), incide musica, vive con una poetessa francese, e si è perfettamente integrato nella vita bohémienne dell’epoca. Ma lei è sempre “l’amore della vita”.
Complice una tournée del gruppo musicale polacco, i due si rincontrano e, un paio di anni dopo lei arriverà liberamente a Parigi avendo sposato un ricco commerciante siciliano. «L’ho fatto per noi» afferma.
Così, nella seconda parte, inizierà la vita insieme a Parigi tra musica, dischi, feste e party dove, purtroppo, si perderà la magia. Lei non riesce mai a trovare una giusta misura: beve troppo, si ubriaca balla sui tavoli, finisce a letto anche con Michel, l’amico produttore di Wiktor, e non riesce a essere felice, nonostante il successo. Non sembra amare il jazz cui Wiktor ha aderito, né la letteratura francese, di cui non capisce le metafore. Alcuni critici cinematografici hanno paragonata Zula a Zelda, moglie inquieta e musa di Francis Scott Fitzgerald.
Dopo un contrasto tra i due lei sparisce e rientra a Varsavia. Wiktor è disperato, cerca di ritornare alla sua musica e alla sua vita di sempre, ma non ce la fa a vivere senza di lei. Decide pertanto di tornare a Varsavia a tutti i costi; infatti, sarà arrestato, torturato - gli spezzano due dita della mano – e condannato a quindici anni di prigione. Zula arriva a salvarlo e con i suoi intrighi politici riuscirà a farlo uscire.
Siamo ormai negli anni ’60 e in Polonia si ascolta anche la musica di Adriano Celentano. Si chiude la vicenda in una chiesa diroccata di campagna, dove i due amanti si promettono eterno amore. Poi mano nella mano si siedono in un punto del bosco con una bella vista in attesa… “Né con te né senza di te” diceva l’epitaffio di “La signora della porta accanto” di Françoise Truffaut del 1981.
Pawel Pawlikowski, già vincitore di un Oscar con “Ida” nel 2013, dedica questo film ai suoi genitori, che si chiamavano appunto Wiktor e Zula e sono stati protagonisti di un amore travagliato e così afferma: «Erano entrambi due persone forti e meravigliose, ma come coppia un infinito disastro». “Cold war” presenta una fotografia strepitosa e un’ottima colonna sonora che fa da protagonista, unisce e disunisce gli animi: dalla musica classica a quelle folkloristica, dalle canzonette leggere sotto il regime al trasgressivo be bop.
Il film è stato premiato come miglior regia all’ultimo Festival di Cannes e rappresenta la Polonia agli Oscar 2019. 

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