Climax

Eros, morte e violenza l'inferno è qui

Per alcuni critici è abilissimo a provocare gratuitamente con i suoi film pervasi di violenza e sesso al limite della pornografia, per altri un genio assoluto che ha sovvertito le convenzioni narrative e visive sul grande schermo. Il regista franco-argentino Gaspar Noé è più divisivo di Lars von Trier (il che è tutto dire): o lo si ama o lo si odia. Certo i suoi lavori, puntualmente preceduti da annunci di scandalo, non lasciano indifferenti: chi non ha almeno sentito parlare della lunghissima sequenza con Alex-Monica Bellucci brutalmente stuprata in Irréversible, il suo titolo più conosciuto? A quattro anni dal controverso Love, il cineasta torna con Climax, presentato a Cannes 2018 nella sezione "Quinzane des Réalisateurs" e in uscita dopodomani (vietato ai minori di 18 anni). E ancora una volta esplora l'inferno che è dentro ognuno di noi, la bestialità assetata di sangue che si cela dietro la civiltà di facciata del mondo occidentale. Non c'è una vera e propria storia, solo il vago riferimento a una vicenda realmente accaduta in Francia nel 1996. Una ventina di ragazzi si riunisce in un collegio abbandonato per provare una coreografia post moderna: sembra una festa, un inno alla vita e al potere liberatorio della danza, e invece tutto si trasforma in un incubo. Come sempre, Noé parte dalla fine, mostrando il corpo di una giovane che si dimena in preda al panico e col suo sangue viola il candore della neve. Poi, lo scorrere dei titoli di coda, una serie di video-interviste ai ballerini che raccontano sogni e aspirazioni, il lunghissimo piano sequenza dell'energica e sfrenata performance sui ritmi incalzanti della musica elettronica, da Moroder ai Daft Punk. Ma è a metà dei 96 minuti (la rottura è segnata dal comparire dei titoli di testa) che inizia il vero film: qualcuno ha messo dell'LSD nella sangria e il party che dovrebbe essere un momento di gioia si trasforma in un sabba, in un diabolico baccanale. I freni inibitori si allentano e ciascuno lascia emergere le proprie ossessioni: il maschilismo (come nel claustrofobico Irréversible), la gelosia (come in Love), la dipendenza dalle droghe (come nel lisergico Enter the Void), le pulsioni incestuose (nell'esordio Seul contre tous erano tra padre e figlia, qui tra fratello e sorella), i sentimenti ambigui riguardo alla maternità. Si sfiora l'horror, con la coreografa che chiude il figlioletto urlante nella stanza della centralina elettrica. C'è chi prende fuoco, chi aggredisce credendo di aver trovato il responsabile del delirio collettivo, chi sembra posseduto come Selva, interpretata da Sofia Boutella (unica attrice professionista del gruppo), pure chi ci rimette le penne, in un crescendo orgiastico dove eros, follia e morte si legano a doppio filo. Climax è la summa del percorso del regista, che fa abbondante uso di citazioni, da Suspiria di Dario Argento a Possession di uawski, e si spinge ancora più in là in direzione di un nichilismo senza via d'uscita: nascere e morire sono le uniche esperienze straordinarie, vivere è solo una "fugace illusione", come enuncia una scritta che passa come un lampo a tutto schermo. Forse non piacerà a tutti, ma è un'esperienza visiva e auditiva totalizzante, che turba e non si dimentica facilmente.
Da La Repubblica, 11 giugno 2019


di Paola Zonca, 11 giugno 2019