Wilson

Wilson trascorre una vita da solitario a Minneapolis, ce l'ha con il mondo ma non smette di cercare di interagire con gli sconosciuti attaccando bottone senza chiedere permesso. Quando suo padre muore dopo aver lottato con un tumore Wilson avverte in modo pressante la sua solitudine e decide di andare alla ricerca della ex moglie lasciata molti anni prima alle prese con la droga e una gravidanza non desiderata. Trova una donna cambiata e scopre di avere una figlia che ha bisogno di sostegno.

Craig Johnson, alla sua opera seconda, si confronta con una graphic novel di Daniel Clowes che aveva già collaborato alla sceneggiatura di due suoi lavori trasposti sul grande schermo (Ghost World e Art School Confidential) e torna a farlo anche in questa occasione.

Non sempre la presenza dell'autore di un libro favorisce le sorti di un film ma nel caso della graphic novel le circostanze si possono presentare in modo diverso. Perché la scrittura (che implica una componente visiva alla base) di Glowes impedisce al personaggio, interpretato da un Woody Harrelson che si diverte ad entrare nei panni di caratteri fuori ordinanza, di cadere nel grottesco garantendogli quel tanto di amarezza che risulta necessaria. Il rischio che però Johnson non sempre riesce ad evitare è quello dell'episodicità in cui si inserisce anche una parentesi carceraria.
Il carattere del protagonista è comunque ben delineato: è qualcuno che ama il suo fox terrier e detesta tutto quello che la tecnologia ha messo in atto per illudere le persone di non essere sole come in realtà sono. Quando chiede alla donna dotata di IPhone seduta davanti a lui in un coffee shop se non sia un po' troppo vecchia per avere a che fare con computer e affini, manifesta con una battuta tutta la sua distanza dalla contemporaneità. Per questo lascia perplessi una progressione narrativa che sembra poco aderente a quanto si era venuto inizialmente stratificando su un personaggio che aveva fatto della non convenzionalità il proprio stile di vita. 