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L'amore crimininale, un film che conferma la parità di genere?

Secondo una recente indagine, il 2016 ha segnato un record storico di protagoniste femminili al cinema.
di Elena Magnani, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

L'amore criminale

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martedì 2 maggio 2017 - Scrivere di Cinema

Secondo un'indagine del "Center for the Study of Women in Television & Film", il 2016 ha segnato un record storico di protagoniste femminili al cinema. È un dato che sembrerebbe confermare la parità di genere data ormai per assodata; eppure si tratta di una tendenza sorprendetemente recente. Lo dimostra il fatto che il 2016 sia stato, dall'altro lato, un anno piuttosto critico per l'equilibrio "paritario" di Hollywood. Un anno in cui le attrici più influenti hanno iniziato a chiedere di essere chiamate "actors" e non "actresses", rifiutando il declassamento di qualità che indicherebbe la parola al femminile. In cui si è denunciato pubblicamente il divario salariale rispetto ai colleghi uomini. In cui sono sorte polemiche di ogni genere contro i grandi blockbusters "rosa": si pensi a Rogue One: A Star Wars Story o a Ghostbusters 3, accusati fondamentalmente di aver messo le mani su una prerogativa maschile.

Questo perché negli ultimi anni non è cresciuta solo la quantità del protagonismo femminile, ma anche il tentativo di qualità nel raccontare figure indipendenti dallo stereotipo uomo-centrico. È cresciuta, insomma, l'attenzione per i simboli che le donne nel cinema possono rappresentare.
Elena Magnani, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

Partendo da queste premesse, un film come L'amore criminale aveva una grande opportunità: riproporre in chiave più consapevole un topos cinematografico tra i più inflazionati in chiave sessista, quello di due donne rivali in amore. E ce ne sono state tante. Insicure per amore di un uomo che sentono di non meritare, nevrotiche per un figlio perso o un matrimonio fallito, datate rispetto alla nuova segretaria del marito o anche solo gelose l'una del successo con gli uomini dell'altra. Tutte accomunate da una caratteristica che nel cinema è solo femminile: l'isteria. La capacità, da un momento all'altro, di trasformarsi da donne addomesticate in assassine senza scrupolo e crudeli psicopatiche. Per una volta, sarebbe stato bello vedere due donne forti e predatrici; sarebbe stato bello un antagonismo lucido, magari persino scorretto, purché indipendente dall'uomo oggetto della contesa. Sarebbero state belle, insomma, due donne da poter prendere sul serio.


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In foto una scena del film L'amore crimininale.
In foto una scena del film L'amore crimininale.
In foto una scena del film L'amore crimininale.

Tanto più che alla regia debuttava un'altra donna, Denise Di Novi, storica produttrice di Tim Burton. Il risultato, invece, non poteva essere più lontano: il film si dimostra un insieme di clichè anche piuttosto retrogradi, che soffocano ogni possibile novità e costringono le due protagoniste al limite della caricatura. Da una parte Julia (Rosario Dawson), bella, brava e buona ma con un passato di abusi. Dall'altra Tessa (Katherine Heigl), barbie nevrotica e maniaca del controllo vittima di una madre anche più disturbante. La violenza fisica e psicologica che entrambe hanno alle spalle basterebbe non solo a costruire due personaggi solidi, ma anche a offrire al film degli spunti originali: per Julia la vergogna (tutta femminile) delle vittime che finiscono per sentirsi colpevoli della propria debolezza; per Tessa l'ossessione della bellezza che trasforma le donne in oggetto e il corpo in un possesso malato. Anche la figlia, tirata per i capelli dall'una e dall'altra parte ora come mezzo per conquistarsi un ruolo, ora come rivalsa per le proprie ambizioni frustrati, avrebbe potuto aprire un risvolto audace sulle donne madri.

Eppure L'amore criminale ignora ogni spunto offerto dalla sceneggiatura, limitandosi a disseminare violenza qua e là senza darsi la pena di approfondire nulla.
Elena Magnani, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

La rivalità tra le due si appiattisce così in mera estetica - l'una ispanica, come a dire: semplice, alla mano, madre affettuosa e compagna sensuale; l'altra un'americana di porcellana bionda e algida, di quelle che tutti vorrebbero avere e insieme distruggere. Siamo lontani quindi dalla presenza ingombrante dell'altra donna di Eva contro Eva o di Rebecca la prima moglie; lontani anche da un thriller al femminile come La ragazza del treno o da un sottile confronto psicologico alla Donne. L'amore criminale non solo non tiene col fiato sospeso, ma scade persino in reazioni di ilarità, nel finale allucinante in cui, dopo essersi tirate i capelli e aver schivato maldestri colpi di attizzatoio, le due si accapigliano prendendosi a unghiate in faccia. Un film che delle donne ha solo tanti luoghi comuni, e anche piuttosto maschilisti.


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