robert de nirog
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giovedì 5 novembre 2020
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a due passi dal paradiso
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Consigliato: a chi ha a cuore le tematiche degli emarginati nei sobborghi USA e ai piacevoli ritmi lenti del cinema indipendente americano. Sconsigliato: agli amanti dei film di Hollywood.
Sinossi : A qualche miglia da Disneyworld sorgono dei coloratissimi residence per turisti. La crisi o forse calcoli sbagliati li hanno svuotati costringendoli a riadattarsi come motel a basso costo per emarginati e persone e famiglie che con difficoltà sbarcano il lunario. Qui si svolgono le avventure di Moonee, una bambina che vive assieme alla mamma in una di queste colorate stanze e che gironzola nelle soleggiate giornate estive con i suoi compari di marachelle. Non è un ambiente facile. La madre si arrangia per pagare la pigione, anche prostituendosi.
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Consigliato: a chi ha a cuore le tematiche degli emarginati nei sobborghi USA e ai piacevoli ritmi lenti del cinema indipendente americano. Sconsigliato: agli amanti dei film di Hollywood.
Sinossi : A qualche miglia da Disneyworld sorgono dei coloratissimi residence per turisti. La crisi o forse calcoli sbagliati li hanno svuotati costringendoli a riadattarsi come motel a basso costo per emarginati e persone e famiglie che con difficoltà sbarcano il lunario. Qui si svolgono le avventure di Moonee, una bambina che vive assieme alla mamma in una di queste colorate stanze e che gironzola nelle soleggiate giornate estive con i suoi compari di marachelle. Non è un ambiente facile. La madre si arrangia per pagare la pigione, anche prostituendosi. Unica figura quasi paterna e matura è il manager del residence Bobby interpretato da un Defoe in gran forma. La sinossi è tutta qui. FIno al finale.
Giudizio: è una ottima regia quella di Baker. Il film scorre senza sussulti e colpi di scena come lenta e uguale a se stessa è la vita degli abitanti dei residence colorati fuori dalla portata di Disneyworld. La fotografia è piacevole ed elegante. I colori pastello accompagnano lo sfondo di tutto il film. Ma non c'è niente di mieloso e felice per i protagonisti. Dal parco arrivano solo gli echi lontani. L'elicottero per i giri dei ricchi. Agli emarginati restano le briciole. Ai bimbi, di questo residence, il famoso parco, pur vicino, è precluso. Il loro safari sono le vacche in una fattoria li vicina. Il loro gelato è fornito da un triste chiosco e la giostra della casa degli orrori non è altro che un complesso di condomini disabitati. Non c'è spazio per loro. Sono tagliati fuori dal luccicchio che solo ad alcuni la vita riserva. Che brava è la giovane attrice che interpreta la protagonista (Brooklin Prince) ma non da meno sono i suoi piccoli colleghi, bravi davvero. Come molti hanno detto Defoe è impeccabile, una super prestazione che tiene su la trama che non spicca per sussulti improvvisi. Perchè non è la trama il centro della pellicola. Il baricentro è il finale. Li sta il grido. E la potenza della pellicola. Alla fine lo spettatore riflette. E questo per un film ben fatto è un ulteriore motivo di orgoglio.
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metyou
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domenica 21 giugno 2020
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un percorso travolgente
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È un film che racconta la storia di un gruppo di bambini indisciplinati che vivono in un motel perchè hanno alle spalle genitori che non sono all’altezza del ruolo pur impegnandosi. Moonee è la miccia del gruppo, costretta a vivere nel limbo tra infanzia e adultità. La pellicola è uno spaccato di vita di una realtà dura, spesso presa in considerazione, ma stavolta con gli occhi di un bambino che cede con le stesse debolezze che nasconde un adulto e un adulto che cede con le stesse debolezze visibili in un bambino.
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È un film che racconta la storia di un gruppo di bambini indisciplinati che vivono in un motel perchè hanno alle spalle genitori che non sono all’altezza del ruolo pur impegnandosi. Moonee è la miccia del gruppo, costretta a vivere nel limbo tra infanzia e adultità. La pellicola è uno spaccato di vita di una realtà dura, spesso presa in considerazione, ma stavolta con gli occhi di un bambino che cede con le stesse debolezze che nasconde un adulto e un adulto che cede con le stesse debolezze visibili in un bambino. A tenere insieme i mattoni di questa costruzione che potrebbe crollare da un momento all’altro c’é Bobby (Willem Dafoe), il manager del motel.
La mdp spesso altezza bambino ha un'aura coinvolgente.
A mio parere vi sono parecchi richiami al film di vent’anni prima La stanza di Marvin. Un ragazzo ribelle, la Florida, qualcuno bisognoso di compagnia sono le caratteristiche principali. Meno in superficie troviamo alcune inquadrature e nella parte finale l’entrata a Disneyworld di Orlando. Oggettivamente più forzato ma a mio parere valido é la figura maschile adulta vista in modo negativo dagli attori ma non dagli spettatori. Per Moonee è Bobby che la sgrida e non le permette di vivere come vuole e per Bessie (Diane Keaton) è il Dr. Wally che le da cattive notizie e dunque non le permette di vivere come vuole. Ma in entrambi i film il pubblico vede che questi comportamenti sono quelli giusti da avere.
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felicity
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venerdì 2 agosto 2019
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ritratto tenero del sottoproletariato americano
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Il film mescola documentarismo e finzione come metodo d’indagine dello spazio urbano e dell’odierno tessuto sociale americano.
Un film ricco di contrasti, di entusiasmi infantili e di rassegnazioni quotidiane, di ingenua poesia e di consapevole prosa.
Un ritratto tenero e puntuale del nuovo sottoproletariato e dei suoi figli dove si rende immediatamente visibile e facilmente leggibile ciò che l'immagine (di Disney World, della Florida, dell'America) continua a nascondere.
Straordinaria la direzione degli attori: Willem Dafoe giganteggia, ma è attraverso gli occhi e l'esuberanza della piccola e bravissima protagonista che emerge quel senso di divertimento effimero e un po' malinconico che è il tono stesso del film.
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barbaram
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domenica 19 maggio 2019
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da non perdere
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Nonostante lo spaccato e la riconoscibilità tipica di diversi film che raccontano la vita nelle periferie americane, in Un sogno chiamato Florida ci si immedesima. Qui l'ambientazione è un motel dipinto di viola, non tanto diverso dai condomini delle città del Mondo. Chi non ha vissuto le avventure piene di immaginazione delle vacanze estive ? Chi non ha conosciuto situazioni personali o di un amico precarie per contesto familiare o ambiente ?
La piccola eccezionale protagonista del film è una bambina con una mamma bambina, che non è in grado di gestire responsabilmente né la propria vita né quella della figlia. Le propone un modello privo di contenuti proprio come il cibo spazzatura : dolci che gratificano al momento ma che non costruiscono un futuro.
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Nonostante lo spaccato e la riconoscibilità tipica di diversi film che raccontano la vita nelle periferie americane, in Un sogno chiamato Florida ci si immedesima. Qui l'ambientazione è un motel dipinto di viola, non tanto diverso dai condomini delle città del Mondo. Chi non ha vissuto le avventure piene di immaginazione delle vacanze estive ? Chi non ha conosciuto situazioni personali o di un amico precarie per contesto familiare o ambiente ?
La piccola eccezionale protagonista del film è una bambina con una mamma bambina, che non è in grado di gestire responsabilmente né la propria vita né quella della figlia. Le propone un modello privo di contenuti proprio come il cibo spazzatura : dolci che gratificano al momento ma che non costruiscono un futuro. Non si tratta solo ed unicamente di degrado e povertà, si tratta di un vuoto di contenuti non tanto dissimile, se non per forma, a quello dei tanti bambini lasciati soli davanti ad una TV o ad un tablet. Ottima la recitazione, ottima la sceneggiatura.
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gianleo67
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sabato 20 ottobre 2018
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memories...from the florida age
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Le scorribande della piccola Moonie e dei suoi due amici del cuore, animano la monotona estate di un motel dormitorio alla periferia di Orlando, tra l'economia di sussistenza di un indotto commerciale di Disney World e la precarietà di ragazze madri che tirano a campare. A vigilare su di loro, come un angelo custode che tutto vede e tutto comprende, solo il compassionevole manager della struttura, un uomo di mezza età in rotta con la moglie, che non intende rinunciare al suo rapporto un figlio ormai adulto. Tra le illusioni psichedeliche di un'era spaziale in dismissione che agitavano i miraggi delle belve olografiche di un Ballard d'annata alla ruspante educazione sociale della Scout di Harper Lee, la favola dolceamara di un'America marginale e periferica, in cui l'incombente disgregazione ad opera delle forze centrifughe che mandano in frantumi gli ultimi scampoli di un sogno americano ridotto a merchandising viene miracolosamente arginata dai negletti valori della solidarietà e della compassione; una piccola Alamo dai colori pastello in cui sono arroccate le ultime speranze di un involontario esperimento urbanistico che riesce a tenere l'innocenza dell'infanzia miracolosamente stornata dalle miserie dell'età adulta e dalle scenografie posticce che gli fanno da sfondo.
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Le scorribande della piccola Moonie e dei suoi due amici del cuore, animano la monotona estate di un motel dormitorio alla periferia di Orlando, tra l'economia di sussistenza di un indotto commerciale di Disney World e la precarietà di ragazze madri che tirano a campare. A vigilare su di loro, come un angelo custode che tutto vede e tutto comprende, solo il compassionevole manager della struttura, un uomo di mezza età in rotta con la moglie, che non intende rinunciare al suo rapporto un figlio ormai adulto. Tra le illusioni psichedeliche di un'era spaziale in dismissione che agitavano i miraggi delle belve olografiche di un Ballard d'annata alla ruspante educazione sociale della Scout di Harper Lee, la favola dolceamara di un'America marginale e periferica, in cui l'incombente disgregazione ad opera delle forze centrifughe che mandano in frantumi gli ultimi scampoli di un sogno americano ridotto a merchandising viene miracolosamente arginata dai negletti valori della solidarietà e della compassione; una piccola Alamo dai colori pastello in cui sono arroccate le ultime speranze di un involontario esperimento urbanistico che riesce a tenere l'innocenza dell'infanzia miracolosamente stornata dalle miserie dell'età adulta e dalle scenografie posticce che gli fanno da sfondo. Basato su un'idea di cinema che propone uno sguardo in tralice sulla complessità di una nazione sempre più problematica e contraddittoria, misurandosi con tecniche di ripresa che riproducono un punto di vista sull'infanzia scevra da pietismi e pongono la sottesa metafora delle sue sperequazioni costantemente fuori quadro (ed a guardare il concept dell'ultima scena persino fuori fuoco), lo Sean Baker di questo Progetto Florida ci precipita nell'occhio placido di un ciclone tropicale in cui tutto scorre tranquillo, senza apparenti sussulti, tenendo a debita distanza la forza devastante dei venti che gli ruotano intorno, come fa con lo squallore di un sottaciuto degrado familiare che riceve un'inflessibile censura, con l'arrancare claudicante di qualche predatore sessuale e con i roghi lontani di una speculazione edilizia senza futuro che la ludica incoscienza degli infanti trasforma nell'inaspettato spettacolo di un pomeriggio estivo. Un minimalismo funzionale, senza retorica e che tuttavia non rinuncia al lirismo che solo una rappresentazione di rapporti umani veramente autentici riesce a trasmettere, toccando le corde di una commozione che gioca a rimpiattino con il tenero disincanto dei piccoli abitanti di un microcosmo favolistico da cui è possibile ammirare le immaginifiche mandrie di unicorni pascolanti, rincorrere le iridescenti promesse di un pentola d'oro alla fine dell'arcobaleno o precipitarsi a rotta di collo verso le guglie raggelate del castello di Arendelle che fa capolino in fondo ad un viale affollato di turisti. Tutti attori non professionisti, tranne un impareggiabile e laconico Willem Dafoe con quattro importanti nomination (Academy Awards, Globe, BAFTA,Screen Actors Guild Awards) come miglior attore non protagonista e la meravigliosa rivelazione dell'enfant prodige Brooklynn Prince, piccola novella Cristina Ricci con un nome che è tutto un programma, il rutto libero ed un dito medio già rivolto all'indirizzo del pubblico.
E la memoria è già dolore È già il rimpianto d'un aprile Giocato all'ombra di un cortile…
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marcobrenni
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sabato 13 ottobre 2018
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questo non è un paese per bambini
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Se non fosse per qualche ridondanza, l'avrei definito un vero capolavoro: impianto scenico, scenggiatura, attori - bambini compresi - sono da eccellenza. All'inizio sembra un banale film per giovani madri alle prese con delizie, dolori e doveri verso la prole. Ma poi si intravvede presto dove vuole parare l'autore: è una denuncia tragicomica (!) di certa realtà postmoderna americana (e non solo) ove in una ambiente apparentemente sereno e coloratissimo, sito in prossimità di Disneyland, si narra la vicenda di una famigliola disfunzionale composta da una mamma sola con prole che vive di espedienti. Nulla si sa perché si trovi in simili condizioni : riflette una realtà non rara, ove una madre per vicissitudini varie si trova con prole, senza compagno, a vivere di precariato.
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Se non fosse per qualche ridondanza, l'avrei definito un vero capolavoro: impianto scenico, scenggiatura, attori - bambini compresi - sono da eccellenza. All'inizio sembra un banale film per giovani madri alle prese con delizie, dolori e doveri verso la prole. Ma poi si intravvede presto dove vuole parare l'autore: è una denuncia tragicomica (!) di certa realtà postmoderna americana (e non solo) ove in una ambiente apparentemente sereno e coloratissimo, sito in prossimità di Disneyland, si narra la vicenda di una famigliola disfunzionale composta da una mamma sola con prole che vive di espedienti. Nulla si sa perché si trovi in simili condizioni : riflette una realtà non rara, ove una madre per vicissitudini varie si trova con prole, senza compagno, a vivere di precariato. Qui in un improbabile motel d'una Florida in apparenza prospera e serena, ma che cela pure insospettati gravi casi sociali. Tutto è precario: cibo e affitto settimanale che viene racimolato di volta in volta da questa mamma un po' svitata- alternativa-sboccata che con le carabattole per strada, vende pure il proprio corpo. Lotta col custode del motel che appare severo ma cela un animo generoso, pronto a tollerare le zingarate che di continuo combinano i pestiferi bimbi Moonee e Scotty. È persino disposto ad anticipare una rata d'affitto, pur di evitare lo sfratto della disastrata famigliola. Salta all'occhio che tutti i motel nel vicinato recano colori vistosi e sono pure ben tenuti, in perfetto accordo col vicino coloratissimo parco Disneyland simbolo del kitsch USA più sfrenato. Insomma: un ambiente falsamente sereno, persino con parchi e mucche al pascolo, ma pure disturbato da enorme e pericoloso traffico di transito e dal continuo volo di fastidiosi elicotteri che portano qualche utente benestante. Un atmosfera di benessere alquanto surreale che stona con la tragicità di casi sociali che solitamente siamo abituati a vedere nei rovinosi bassifondi metropolitani, ma non certo qui! Sul finale il film incalza con metafore tragicomiche che culminano con l'esautorazione della madre da parte delle autorità sociali per comportamento manifestamente inadegauto (prostituzione, droga, furti): si prospetta di collocare la figlia Moonee in adozione. Il finale è poi da antolgia del cinema, con la fuga dei bambini verso l'adiacente Disneyland che simboleggia il totale rifiuto-rifugio dalla relatà. L'apparizione sullo sfondo di un quasi minaccioso "Magic Castle" sempre più invasivo e falsamente consolatorio, rivela tutto il dramma di quest'epoca dalle enormi diseguaglianze sociali, celate da réclame bombardanti, TV - spazzatura, ciarpame consumistico, junk food, kitsch, falsi valori e vita apparentemente (!) serena. Mutatis mutandi, ricorda a contrario il titolo dell'eccellente capolavoro dei fratelli Cohen - "Non è un paese per vecchi" - ma qui non lo è nemmeno per bimbi.
Marco Brenni
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emanuele1968
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venerdì 20 luglio 2018
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un incubo chiamato florida
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Penso che sia un buon film, pero troppe pressioni, focalizzate sempre li, esco con un po di mal di testa, idem maggior parte dei clienti, contenti ma perplessi.
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lunedì 2 aprile 2018
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da evitare
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mi ha rovinato la pasquetta brutto,volgare non l'ìho capito io ? può essere ma non so proprio cosa ci fosse da capire
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udiego
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domenica 1 aprile 2018
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la florida dietro l'angolo
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Un sogno chiamato Florida, diretto dal regista indipendente Sean Baker, ci mostra lo spaccato di vita di alcune famiglie in una zona di periferia della Florida. Non troppo lontano dai grandi parchi di divertimento che caratterizzano quella parte degli Stati Uniti, ma immensamente distante dal punto di vista economico e sociale. Il tutto è rappresentato dal punto di vista dei bambini, che sono inconsapevoli, per via dell’età, della loro condizione di vita e vivono tutto come se fosse una grande avventura, sentendosi liberi di fare ciò che più li diverte e senza preoccuparsi delle conseguenze.
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Un sogno chiamato Florida, diretto dal regista indipendente Sean Baker, ci mostra lo spaccato di vita di alcune famiglie in una zona di periferia della Florida. Non troppo lontano dai grandi parchi di divertimento che caratterizzano quella parte degli Stati Uniti, ma immensamente distante dal punto di vista economico e sociale. Il tutto è rappresentato dal punto di vista dei bambini, che sono inconsapevoli, per via dell’età, della loro condizione di vita e vivono tutto come se fosse una grande avventura, sentendosi liberi di fare ciò che più li diverte e senza preoccuparsi delle conseguenze.
Non c’è melodramma nel film di Baker, che si è occupato anche della sceneggiatura in collaborazione con Chris Berghoc. Lo stile narrativo si mantiene su livelli leggeri, non mancando di inserire anche qualche situazione davvero spassosa, che permette di strappare più di qualche sorriso al pubblico. L’opera si sviluppa principalmente mettendo in contrasto le vite dei suoi protagonisti, fatte di difficoltà, degrado ed emarginazione, al contesto che sta loro intorno: un contesto di benessere, divertimento e piacere. Lo squallore delle vite dei protagonisti è contrapposto alla vivacità dei colori delle immagini: la distanza tra la periferia e il centro della vita è di solo qualche passo, ma l’abisso tra queste due realtà è del tutto incolmabile.
L’opera funziona anche grazie ad un impianto cinematografico ben riuscito. Regia e montaggio sono costruiti su misura dei tre protagonisti più piccoli e questo permette al lavoro di essere sempre gradevole e mai troppo pesante. Di buon livello anche la prova degli attori, con un William Dafoe bravo e capace nel rappresentare il personaggio con forse più umanità di tutta la vicenda, ed il resto del cast, ai più del tutto sconosciuto, che regala un performance pulita, credibile e mai sopra le righe.
Un sogno chiamato Florida è un film che trasmette energia e che regala sentimenti, che fa sorridere, ma che fa anche riflettere. Ci racconta un mondo ai margini, chiuso dentro ai propri confini, un mondo che a volte preferiamo non vedere. Un mondo fatto di persone, alcune più forti, che provano a combattere, altre più deboli, che cercano la scappatoia più semplice pur di tirare avanti.
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fabiofeli
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sabato 31 marzo 2018
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"non riesco a dirlo! ..."
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Il Magic Castle Inn è un residence dipinto in un incredibile rosa confetto, a due passi da Orlando (Florida) dove si trova Disney World. Bobby (Willem Dafoe) è il factotum-sorvegliante che fatica a riscuotere le pigioni; ripristina la linea elettrica quando cade, pulisce la piscina e controlla che nessuno importuni con malefiche intenzioni i bambini che giocano. Tollera Moonee (Brooklynn Prince) e Scotty (Christopher Rivera), bambini che inventano giochi fantasiosi per uccidere la noia di pigre giornate estive; non si lamenta più di tanto per un pesce morto in piscina – “Era un esperimento per farlo resuscitare”, spiega la sorridente Moonee -, né se lo prendono in giro mentre cerca di far coprire l’esagerato seno di una anziana signora o se vede con la telecamera che i bimbi si introducono in altri appartamenti.
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Il Magic Castle Inn è un residence dipinto in un incredibile rosa confetto, a due passi da Orlando (Florida) dove si trova Disney World. Bobby (Willem Dafoe) è il factotum-sorvegliante che fatica a riscuotere le pigioni; ripristina la linea elettrica quando cade, pulisce la piscina e controlla che nessuno importuni con malefiche intenzioni i bambini che giocano. Tollera Moonee (Brooklynn Prince) e Scotty (Christopher Rivera), bambini che inventano giochi fantasiosi per uccidere la noia di pigre giornate estive; non si lamenta più di tanto per un pesce morto in piscina – “Era un esperimento per farlo resuscitare”, spiega la sorridente Moonee -, né se lo prendono in giro mentre cerca di far coprire l’esagerato seno di una anziana signora o se vede con la telecamera che i bimbi si introducono in altri appartamenti. Qualcosa i piccoli devono pur fare: magari per ammazzare il tempo basta una gara di sputi sul parabrezza dell’auto di una famiglia appena arrivata; tanto dopo le lagnanze della proprietaria ripuliscono il parabrezza, ed hanno l’occasione per conoscere la nipotina della signora, Jancey (Valeria Cotto), cooptata subito nella piccola banda. Il rumore martellante degli elicotteri che sorvolano la zona è accolto con ampi gesti del dito medio sollevato: i ricconi a bordo neanche si accorgono della miseria lì sotto e di sicuro non interessa loro. Halley (Bria Vinaite), la giovanissima madre di Moonee, si arrabatta per sbarcare il lunario: è sempre in ritardo sul pagamento settimanale; racimola qualche spicciolo vendendo profumi acquistati a basso prezzo in un supermercato; a volte si prostituisce per derubare i clienti; in fondo è una copia di Moonee cresciuta che già sa che la vita non le riserva più nulla di buono e subisce quello che arriva giorno dopo giorno. Il guaio che combinano Moonee e Scooty, dando fuoco a un villaggio abbandonato vicino al residence, annuncia situazioni ben peggiori: i servizi sociali intervengono e a Moonee non resta che correre disperata da Jancey. Convulsamente balbetta: “Non riesco a dirlo! …”. Ma Jancey sembra sapere cosa fare …
Un film descrive la profonda estraneità, la frattura tra chi ha molto denaro e chi non ha nulla nel profondo sud degli USA. La Florida per molti americani è un sogno, ma il riflesso che appare in questo specchio è un incubo. I primi a soffrirne sono i bambini, perché il Paese è peggiore di quello dei fratelli Cohen che ammonivano che “non è un paese per vecchi”. Bambini poveri e diseredati sono le prime vittime di un mondo finto come Disney World, un inganno amaro e bugiardo, che nasconde una vita che può cominciare in case di correzione, preludio alla probabile galera e/o ad una morte violenta. Nessuna speranza di una vita “normale”, pur se drogata e anestetizzata dalla tv. Non serve a nulla sollevare il dito medio per rifarsi come non serve sfuggire ai servizi sociali che rappresentano una legge senza nessuna indulgenza. L’uso della cinepresa è ottimo: il film tocca il cuore con attori tutti “presi dalla strada” eccetto l’impeccabile e umano Dafoe. I bambini urlano per l’eccitazione, come personaggi di un cartone animato, ma la loro gioia è povera cosa. Verrebbe da citare il neorealismo dei film di De Sica (Ladri di biciclette, Sciuscià) nei quali i piccoli, “presi dalla strada”, sono alla prima esperienza di recitazione, ma le realtà nelle quali sono calate le miserevoli storie sono profondamente diverse, lontane nel tempo e nello spazio. Più ragionevole, ci sembra, accostare il film alle prime opere di registi europei ambientate negli USA, per il modo straniato e disincantato di vedere e fotografare la realtà americana lasciando qualsiasi giudizio e valutazione a chi osserva. Le convulse scene finali con il montaggio serrato in crescendo drammatico sono da manuale e da sole valgono l’intero film. Da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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