Stronger - Io sono più Forte

Ma il patriottismo americano non fa un film

Il cinema statunitense dell'era di Donald Trump cerca spesso e quasi disperatamente nuovi eroi, eredi di un'America più profonda e più umana, possibilmente ricavati da storie vere. Agli eroi quotidiani di Clint Eastwood corrispondono, in versione magari più liberal, quelli dei film di Richard Linklater (Last flag flying, non ancora uscito nelle sale italiane) o di questo Stronger. Che racconta di Jeff Bauman, vittima dell'attentato terroristico alla maratona di Boston del 2013, che causò tre morti e centinaia di feriti. Recatosi alla manifestazione in veste di tifoso per riconquistare l'ex fidanzata (Tatiana Maslany) che vi partecipava, Bauman perse le gambe quando accanto a lui esplose una bomba, ma già dal letto d'ospedale aiutò a catturare i responsabili della strage. Il regista David Gordon Green 15-20 anni fa sembrava una delle promesse del cinema americano: allievo di Terrence Malick, autore di estatiche contemplazioni dell'adolescenza nell'America profonda (George Washington, 2000) si è un po' perso tra commedie (alcune con titoli italiani memorabili: Lo spaventapassere, Strafumati on the road), drammi anodini (Joe con Nicholas Cage) e vari altri lavori non memorabili. Anche qui in realtà la sua regia è di servizio, come uno di quei film che una volta passavano in televisione nei pomeriggi estivi. Il film, nel raccontare la vita del protagonista dopo l'attentato, accenna la vicenda di un uomo qualunque che diventa una rotella nell'ingranaggio della propaganda patriottica, per quanto a fin di bene: è soprattutto la madre alcolista e white trash (Miranda Richardson) a voler cavare ogni beneficio dalla tragedia, mentre l'ex fidanzata, ora tornata accanto a lui, è più attenta al suo dramma personale. Alla fine, comunque, si punta sul valore edificante del racconto, che mostra come Jeff ricominci a vivere diventando un simbolo di speranza. Stronger è benintenzionato e con qualche momento toccante, tenuto in piedi anche da Jake Gyllenhaal nel ruolo principale; ma nel complesso risulta esteticamente e ideologicamente prevedibile, e come un po' vecchiotto: sugli schermi statunitensi, comunque, è andato molto male. Forse il suo neo-patriottismo dimesso è sembrato poco convincente, o addirittura poco convinto.
Da La Repubblica, 5 luglio 2018


di Emiliano Morreale, 5 luglio 2018