Madre!

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Mother! Valutazione 5 stelle su cinque

di Arctor


Feedback: 1239 | altri commenti e recensioni di Arctor
lunedì 5 marzo 2018

Il film più bistrattato della stagione, una delle più geniali climax di regia concepite da anni. Ho idea che l'accoglienza di questo mother! sia stata in qualche modo sbagliata su tutta la linea, nel senso che in generale per prima cosa si è subito e solo pensato e voluto prefiggersi un significato di arrivo, una risposta, quando cercare un bandolo nella sua disperazione e sfacelo non è tutto in questo genere di esperienza cinematografica, è solo la punta, per assurdo solo la premessa; ricordiamoci che c'è Aronofsky dietro la cinepresa, dunque l'importanza per un film simile l'hanno intanto l'atmosfera, la quota visiva, questa sorta di dilatazione e contrazione nella sintassi filmica, l'ampiezza psicologica dei personaggi, la claustrofobia delle ambientazioni, l'ispirazione, la simbologia, la più totale deriva compositiva, ci sono una decina di aspetti più rilevanti di una semplice soluzione, una spiegazione. E' un'opera densissima, credo sarebbe presuntuoso liquidarla nei suoi difetti, a mio dire è sbagliato proprio tale approccio di fondo, anche perché avendo uno stile registico davvero unico nel suo genere, ha carattere, è controvoglia, certo, stomaca, disorienta, ma ha qualcosa di magnetico, vibrante. L'ho trovato stupendo, qualcosa che si avvicina alla settima arte più di moltissime pellicole meramente compiute ed esaurita secondo trama e narrazione lineare. Qui il caos regna anche nei rimandi, nei simboli e nella sfera della figurazione, il bello di questo capo d'opera è che mette alla prova la fruizione, ponendola a sistema con l'evolvere della sua materia e diatesi incandescente. Il bello è proprio che è carognesco, angosciante, psicotico, violento, metaforico, trascinante, astratto, parte come niente e diventa una lenta, grandiosa, inattesa, malefica discesa nella follia a-là Rosemary's Baby (chiarissimo come riferimento). Affascinante da morire, in due parole, quello che i registi oggi non osano più e molti non hanno mai dato: intensità ed involuzione. Nessuna banalità, dall'inizio alla fine, idee immaginifiche ma altrettanto sottilissime, come il tinteggio delle pareti (la tonalità dell'intonaco e l'intima violazione degli invasori secondari) o le 'viscere' della casa, l'anima nel suo rado intimismo, il 'cuore'-minerale in cui è calcificata tutta la devastazione interiore (muovendo le immagini a ritroso in una metafora fantastica, sontuosa). Questo film ha degli spunti e delle invenzioni sopraffine, subliminali perfino, non immediate, è questo che lo rende tortuoso, difficile da vedere quanto da concepire, indigeribile. Aronofsky decostruisce stavolta, l'ho ritrovato ai massimi storici, miglior film e soggetto suo insieme al Cigno Nero, che lasciava un senso di ansia performativa tremenda, qualcosa che si ritrova spesso nei suoi inquietanti lavori. Sfavorito da ogni punto di vista perché da' la nausea, perché è imperniato sul disagio, perché se ne esce coi brividi a fior di pelle, ma è per questo che farà storia, è la sua cifra e il suo valore. Io l'ho apprezzato e dissento da chi lo vede in maniera superficiale; molto, ma molto superiore alle solite pellicole, partendo dal dato che quanto meno osa imprimere certe sensazioni quali tensione (alle stelle), fastidio, e ad un certo momento da' adito a una riflessione sull'ispirazione stessa e l'inizio della sua gravità, lo spirito materno e la sacralità della dimora e della gestazione introspettiva. "Dove mi stai portando?""Al Principio". La qualità più grande è riservata al fatto di essere inesausto tramicamente, circolare eppure con echi espressivi infiniti, rivolti al divino e alla profanazione. Aronofsky sta iniziando da solo un nuovo capitolo nella storia a breve termine del cinema contemporaneo, e nessuno se ne accorge forse. Regista estremo, odi et amo. Interpreti, neanche a dirlo, tagliati perfetti dal primo all'ultimo (J. Lawrence, Bardem, Harris tutti maiuscoli nei panni dei rispettivi personaggi). Darren non sarà per niente umile, lo aveva dimostrato già con 'The Fountain', ma va benissimo così. Disarmante, devastante, profondo, incompreso. Coperto di fischi e stroncato sia dalla critica, sia dalle tifoserie dei festival (vale dieci volte la maggior parte di altri film candidati a Venezia quest'anno, compreso il film di Del Toro che si pone forse agli antipodi come poetica, nel complesso, nel bene o nel male). Ossia dove Del Toro è artiginato, citazione, maniera e racconto, "mother" è astrattismo, l'action painting, auto-trasgressivo, deviante, ripido, complesso, fruibile a fatica. La tensione rara, innaturale, ecco cosa fa la differenza. La trama si dipana di poco, poi monta ai limiti della sopportazione e della concentrazione allegorica, di cui quasi ogni sequenza pullula. Decisamente un passo in avanti nell'essenza del cinema moderno, rende il sentimento di un'arte e una poesia lapidaria, senza minimi compromessi e dogmi che l'assorbano. Stroncatura a mio avviso assurda, ma infine più che prevedibile, ovvia, per ragioni di sopportazione. Fatto di un'intensità pazzesca, con un crescendo della regia e scenografico senza paragoni, ma troppo disturbante, capisco anche, per pochissimi palati; rasenta comunque il capolavoro, proprio nella sua degenerazione allegorica totale. Lawrence da Oscar per direttissima, una performance di cui, per merito sottesa, per immensa qualità, si può solo sfiorare il dolo e il potere, lo sgomento e l'effetto, la mortificazione. Da cineteca, tutto, così com'è. Merita tutte le sfumature interpretative possibili almeno fino a tempo debito. E' il classico caso di dire (pure se sempre più sporadico col passare degli anni) genio incompreso

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noillusions giovedì 3 gennaio 2019
dimenticavo... Valutazione 0 stelle su cinque
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TROPPO LUNGO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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