Le divan de Staline

Film 2017 | Biografico +13 92 min.

Regia di Fanny Ardant. Un film con Gérard Depardieu, Emmanuelle Seigner, Paul Hamy, Joana de Verona, Tudor Istodor. Cast completo Titolo internazionale: Stalin's Couch. Genere Biografico - Francia, Portogallo, 2017, durata 92 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 2,97 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento domenica 30 aprile 2017

Il film è l'adattamento cinematografico del romanzo di Jean-Daniel Baltassat pubblicato nel 2013 con il titolo "Il divano di Stalin".

Consigliato sì!
2,97/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 2,94
CONSIGLIATO SÌ
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Critica
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Cinema
Ardant, alla sua terza regia, dichiara il suo amore per la cultura russa e compie un'interessante indagine psicologica sul potere e su chi lo detiene.
Recensione di Giancarlo Zappoli
domenica 30 aprile 2017
Recensione di Giancarlo Zappoli
domenica 30 aprile 2017

Stalin decide di trascorrere tre giorni di riposo in un castello sperduto nella foresta, accompagnato da Lidia, sua storica amante. Nella stanza dove dorme c'è un divano del tutto simile a quello che Freud possiede a Londra. Stalin propone perciò a Lidia di "giocare alla psicoanalisi" di notte. Durante il giorno, un giovane pittore, Danilov, attende di essere ricevuto da Stalin per presentargli il monumento per l'eternità che ha progettato in suo onore. Un rapporto problematico, pericoloso e perverso si instaura tra i tre. La sfida è ora sopravvivere alla paura e al tradimento.

Fanny Ardant, alla sua terza regia, dichiara un amore per la cultura russa che l'accompagna da quando era quindicenne. Quando ha letto il romanzo di Jean-Daniel Baldassat vi ha individuato in più l'occasione per tornare lavorare con un attore che ama: Gerard Depardieu.

Di certo non faceva affidamento a una somiglianza fisica con Josip Vissarionovic Džugašvili detto Stalin ("uomo d'acciaio"), se si escludono i baffoni aggiunti. Quello su cui contava è l'alone di ambiguità che Depardieu riesce a conferire al personaggio colto nella fase finale della sua vita. I cinefili probabilmente ricordano lo Stalin portato sullo schermo da Alexandr Sokurov in Taurus, in cui il dittatore andava in visita a un Lenin morente incutendo terrore in tutti, ivi compreso l'attendente che doveva essere in grado di capire se volesse che gli venisse porto il cappotto per andarsene oppure no.
Anche nello Stalin di Depardieu/Ardant la sensazione della paura costante aleggia sin dalle prime inquadrature ma la lettura che se ne fa è indirizzata verso una relazione con l'altro/a mediata dall'arte e dalla psicoanalisi. Perché l'uomo di potere sente il bisogno di mettersi a nudo e lo fa con colei che meglio lo dovrebbe conoscere essendo la sua amante da più di due decenni. Il pretesto è dato da un divano come quello del 'ciarlatano' di Vienna e da un suo libro ("L'interpretazione dei sogni") da tenere come riferimento. Nel momento però in cui il 're' comincia andersianamente a sentirsi privo degli abiti che il ruolo gli ha fornito, sente impellente il bisogno di riacquisire la propria posizione rivalendosi su chi esprime, attraverso l'arte e la propria giovane età, quel futuro di cui lui è solo apparentemente paladino, desiderando invece nel profondo la conservazione dello status quo. Tutto questo nella consapevolezza, che sfiora la paranoia, di essere circondato da mentitori che hanno ottenuto come risultato che lui menta anche a se stesso. Ardant però non si limita a compiere un'indagine psicologica sul potere e su chi lo detiene. Grazie al personaggio di Nadia, una Emmanuelle Seigner intensa, riesce a rappresentare la lettura femminile della disillusione nei confronti di chi aveva suscitato delle speranze che si sono trasformate nei disegni di pallottole da utilizzare per sopprimere i nemici della rivoluzione. Con un colpo solo a testa. Perché non si debbono fare sprechi.

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