androide74
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giovedì 1 ottobre 2020
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soggetto infantile
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Questo film nei primi minuti sembra promettente: la truffa, la troupe improvvisata, l'ambientazione insolita. Presto però si percepisce qualcosa di stonato: subito dopo lo "scoppio della guerra" l'interazione tra i personaggi diventa surreale, i dialoghi ridicoli la sceneggiatura imprevedibile ma nel senso negativo del termine. Personaggi poco sviluppati aderenti a cliché che sembrano usciti dalle barzellette (il professire, la prostituta, l'elettricista, il drogato etc) diventano iper volubili e interagiscono in modo scomposto. Un attimo prima si vogliono spaccare la faccia iun attimo dopo si commuovono, diventano comprensivi e perdonano (salvo poi ricominciare da capo). La popolazione locale accorre in massa (durante la guerra?) per improvvisarsi attori spinti da chissà quale molla.
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Questo film nei primi minuti sembra promettente: la truffa, la troupe improvvisata, l'ambientazione insolita. Presto però si percepisce qualcosa di stonato: subito dopo lo "scoppio della guerra" l'interazione tra i personaggi diventa surreale, i dialoghi ridicoli la sceneggiatura imprevedibile ma nel senso negativo del termine. Personaggi poco sviluppati aderenti a cliché che sembrano usciti dalle barzellette (il professire, la prostituta, l'elettricista, il drogato etc) diventano iper volubili e interagiscono in modo scomposto. Un attimo prima si vogliono spaccare la faccia iun attimo dopo si commuovono, diventano comprensivi e perdonano (salvo poi ricominciare da capo). La popolazione locale accorre in massa (durante la guerra?) per improvvisarsi attori spinti da chissà quale molla. Scene già viste (l'uomo delle stelle, tre uomini e una gamba, mediterraneo) denotano poca fantasia ma qui il problema principale è la sceneggiatura che sembra scritta da un ragazzo di terza media e finisce col rovinare un soggetto che, pur non essendo molto originale, aveva del potenziale
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vepra81
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venerdì 17 aprile 2020
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nostalgica commedia italiana
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Non è una vera e propria commedia. E' un tuffo nei ricordi del passato e nel mondo dei sogni. Grandi attori per un film semplice che fa passare un oretta e mezza spensierata. Un film che mette i bribidi di freddo per i posti sapientamente ricercati e davvero molto belli. Trama semplice ma ben strutturata.
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belliteam
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domenica 12 aprile 2020
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un buon cast per una commedia che non lascia il se
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Una sgangherata truppa di improvvisati film makers viene ingaggiata x fare un film in Armenia. Da questa base si sviluppera'un film con un ottimo cast: Battiston, Amendola, Argentero e un cameo di Philippe Leroy, che pero' non riuscira' mai ad elevarsi da "commedia leggera" in quanto anche i buoni propositi di messaggi rivolti ad un ritrovare in qualche modo la felicita', non verranno mai approfonditi e si rimarra' a qualche frase ad effetto senza mai andare oltre. Una commedia pertanto vedibile ma senza aspettarsi niente di speciale.
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blumarius
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venerdì 14 giugno 2019
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coraggioso e fiabesco
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Il cinema è concetto. Il cinema è idea.
Questo è cinema. Ed è anche fiaba.
Uno dei migliori film di metacinema degli ultimi anni
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ren�52
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domenica 31 marzo 2019
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'mediterraneo' sulle nevi dell'armenia
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Sono troppi i riferimenti al film capolavoro di Gabriele Salvatores per pensare che non si tratti di casualità ma che il regista Stefano Spada abbia volutamente attinto alla pellicola premiata con l'Oscar nel 1992 per imbastire questa trama, piacevole e delicata, ambientata anziché nello splendido mare greco, sulle freddi nevi dell'Armenia.
Già vedendo la partita a pallone disputata sul ghiaccio la mente va immediatamente a quella 'epica' con protagonisti Abatantuono e soci che si azzuffano per un discusso rigore e quasi ci si aspetta di vedere da un momento all'altro un piccolo velivolo che atterra sul campo mettendo i fuga tutti.
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Sono troppi i riferimenti al film capolavoro di Gabriele Salvatores per pensare che non si tratti di casualità ma che il regista Stefano Spada abbia volutamente attinto alla pellicola premiata con l'Oscar nel 1992 per imbastire questa trama, piacevole e delicata, ambientata anziché nello splendido mare greco, sulle freddi nevi dell'Armenia.
Già vedendo la partita a pallone disputata sul ghiaccio la mente va immediatamente a quella 'epica' con protagonisti Abatantuono e soci che si azzuffano per un discusso rigore e quasi ci si aspetta di vedere da un momento all'altro un piccolo velivolo che atterra sul campo mettendo i fuga tutti.
L'amore che sboccia tra la cameriera armena dell'Hotel e il personaggio interpretato da Claudio Amendola, troppo simile a quello del sergente Farina e di Vassilissa, l'arrivo del 'commerciante' pugliese che ricorda Antonio Catania anche nei dialoghi e sentendolo chiedere con stupore 'Da quanto tempo siete qui in Armenia? Due mesi?' che riporta subito a quel 'Min...a! Tre anni? No, non ci posso credere!', sono episodi che mettono in luce analogie ben più che evidenti.
La trama narra di un manipolo di personaggi mal combinati fra loro che vengono spediti in Armenia con lo scopo di realizzare un film che però non si realizzerà mai, perché è, a loro insaputa tranne che di Valeria interpretata da Barbara Bobulova, un espediente per arricchire un falso manager truffaldino e un politico disonesto.
Una volta scoperto l'inganno decidono di rimanere per dar vita ad una specie di 'Fabbrica dei Sogni' con la quale, usando tecniche cinematografiche artigianali, realizzano tutti i sogni degli abitanti dello sperduto paesino armeno che sorge nei pressi dell'Hotel Gagarin, chiamato così in onore del primo astronauta che ha viaggiato nello spazio.
Come non mettere sullo stesso piano questa troupe malmessa con quell'altra specie di 'Armata Brancaleone' comandata dal tenente Raffaele Montini e dal sergente Lorusso spedita nel mar Egeo per un'operazione militare la cui importanza strategica era del tutto inesistente?
Entrambi questi manipoli sono vittime dell'inganno, più o meno celato, ma riusciranno a far emergere e trionfare i buoni sentimenti e ad aprire nuovi orizzonti.
Anche qui la loro posizione viene segnalata e anziché le truppe inglesi arriva l'Unità di Crisi della Farnesina a riportare in Italia i nostri eroi. E come in 'Mediterraneo' qualcuno decide di non tornare. Non c'è la giara di olive dove si nascone il sergente Farina ma un cavallo dove Patrizia, che faceva il mestiere più antico del mondo, sul quale salire e viaggiare in compagnia di un simpatico armeno.
Alla domanda del professore, uno straordinario (come sempre) Giuseppe Battiston, sulle difficoltà di capirsi fra di loro, lei risponde con un sorriso dicendo che non ci sono problemi e facendo intendere come il linguaggio del cuore supera qualsiasi barriera anche quelle linguistiche.
In questa commedia dalle tonalità pastello, si ride, si sorride, ci si commuove.
La scena finale è un omaggio a 'Titanic' quando il professore rivolgendosi ai suoi compagni di viaggio, parafrasa la frase del capo orchestra ai ai suoi colleghi mentre la nave affonda: 'Signori, è stato un privilegio sognare con voi!'.
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simone.torino
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giovedì 17 gennaio 2019
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un'occasione perduta
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Fino a circa metà storia il film sembra reggere: un'idea strampalata, un po' di commedia all'italiana, un buon cast. Poi, dalla metà in giù (erano finiti i fondi per la sceneggiatura?) si precipita nei luoghi comuni, nel già visto, nel melenso. Persino la comunità armena del villaggio in cui si ambienta la storia viene raffigurata con un cliché insieme banale e paternalista; la "maggia der cinema" in modo compiaciuto e fastidioso. Perché? E' difficile rispondere. Un piccolo sforzo in più poteva però dare risultati molto diversi. Si intuisce che la situazione sta precipitando quando arriva il furgone del panìr, guidato da un italiano: e qui anche lo stereotipo dell'italiano in fuga che ha messo radici in un paese straniero viene affidato a un attore ultra-sessantenne, prova del fatto che in Italia i giovani neanche proviamo più a immaginarceli, se non forse solo come disadattati da redimere.
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Fino a circa metà storia il film sembra reggere: un'idea strampalata, un po' di commedia all'italiana, un buon cast. Poi, dalla metà in giù (erano finiti i fondi per la sceneggiatura?) si precipita nei luoghi comuni, nel già visto, nel melenso. Persino la comunità armena del villaggio in cui si ambienta la storia viene raffigurata con un cliché insieme banale e paternalista; la "maggia der cinema" in modo compiaciuto e fastidioso. Perché? E' difficile rispondere. Un piccolo sforzo in più poteva però dare risultati molto diversi. Si intuisce che la situazione sta precipitando quando arriva il furgone del panìr, guidato da un italiano: e qui anche lo stereotipo dell'italiano in fuga che ha messo radici in un paese straniero viene affidato a un attore ultra-sessantenne, prova del fatto che in Italia i giovani neanche proviamo più a immaginarceli, se non forse solo come disadattati da redimere. E se Battiston fa la parte del colto dispensatore di perle di saggezza, che bisogno c'era di duplicare il ruolo con il cammeo di Philippe Leroy? Ritentiamo please. E se si vuole fare una satira sul finanziamento pubblico del cinema, meglio essere più cauti.
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lisbonstory
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martedì 1 gennaio 2019
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un bellissimo esordio
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merita 5 stelle solo per essere finalmente qualcosa di diverso, di inaspettato. un bel tentativo di farci fare un viaggio, di emozionare con semplicità, consigliato a tutti quelli che l'hanno perso... un ottimo esordio, un piccolo gioiellino, bravi gli attori. aspettiamo il regista alla sua opera seconda.
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rob8
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mercoledì 22 agosto 2018
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originale opera prima
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Originale opera prima di un giovane regista, già aiuto in Non essere cattivo e Lo chiamavano Jeeg Robot, dove si conferma la voglia di certo nuovo cinema italiano di esplorare nuove soluzioni, ampliando gli orizzonti espressivi e in questo caso anche geografici.
La vicenda della troupe abbandonata in Armenia dal produttore truffaldino, che in luogo del film abortito dà vita ai sogni in celluloide della comunità locale, è pretesto per intrecciare diversi piani narrativi, ibridare i generi, distillare equamente leggerezza e poesia, speranza e realismo.
In un omaggio esplicito all’intera storia del cinema, dalle avanguardie russe ad Hollywood, passando per Sergio Leone.
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Originale opera prima di un giovane regista, già aiuto in Non essere cattivo e Lo chiamavano Jeeg Robot, dove si conferma la voglia di certo nuovo cinema italiano di esplorare nuove soluzioni, ampliando gli orizzonti espressivi e in questo caso anche geografici.
La vicenda della troupe abbandonata in Armenia dal produttore truffaldino, che in luogo del film abortito dà vita ai sogni in celluloide della comunità locale, è pretesto per intrecciare diversi piani narrativi, ibridare i generi, distillare equamente leggerezza e poesia, speranza e realismo.
In un omaggio esplicito all’intera storia del cinema, dalle avanguardie russe ad Hollywood, passando per Sergio Leone. Ottimo il cast, dove spiccano per misura e credibilità il bravo Giuseppe Battiston e, nei panni del truffatore, un irresistibile Tommaso Ragno.
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fabio
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venerdì 10 agosto 2018
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vale il biglietto ma si può perdere al cinema
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C'è del buono in quest'opera prima: l'amore per il cinema, potente macchina dei sogni, declinato attraverso numerosi riferimenti e citazioni; c'è una scelta musicale azzeccata e una fotografia efficace.
Di meno buono ho trovato la regia che non riesce a far funzionare il gruppo di attori. Sceneggiatura e montaggio, soprattutto nella prima parte del film, sono proprio sgangherate ed è un vero peccato. Sembra che tutto sia buttato lì, un po' sbrigativamente.
Altro limite della sceneggiatura: tutto sembra troppo poco verosimile e questo finisce per pagare un prezzo all'effetto complessivo sullo spettatore.
Comunque, non si rimane delusi dallo spettacolo anche se il grande schermo non sembra aggiugere nulla di più a questo lavoro che definirei onesto ma senza vero talento.
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emanuele1968
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domenica 15 luglio 2018
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commedia dolceamara
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Penso che sia un buon prodotto italiano, commedia dolceamara, pungente, poi come sempre tutto e soggettivo, bravi.
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