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Il mio Godard, e se fosse un film della Nouvelle Vague?

Per rappresentare il regista francese, Hazanavicius percorre la strada della leggerezza, dell'ironia, persino della comicità. Una scelta che diverte, con intelligenza.
di Roy Menarini

Il mio Godard

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Louis Garrel (40 anni) 14 giugno 1983, Parigi (Francia) - Gemelli. Interpreta Jean-Luc Godard nel film di Michel Hazanavicius Il mio Godard.
sabato 4 novembre 2017 - Focus

È sorprendente che qualcuno abbia preso sul serio la rappresentazione del regista francese in Il mio Godard, come se si trattasse di un vero attacco al maestro della nouvelle vague. Persino per i suoi detrattori, deve essere chiaro che Michel Hazanavicius è troppo sveglio per cadere in una trappola di questo tipo. Lui e il protagonista, Louis Garrel, raccontano su questo pregiudizio un aneddoto interessante: quando si era sparsa la voce che i due avrebbero realizzato insieme Il mio Godard, gli amici del regista gli chiesero subito che cosa gli saltasse in mente a mescolarsi con un divo del cinema d'élite, e al tempo stesso a Garrel tutti domandavano se si rendesse conto di quanto fosse "cretino" l'autore con con cui avrebbe lavorato. Testuali parole.

Dunque, la spericolatezza di questo progetto non ha nulla a che fare con un tentativo di ridimensionare Godard facendolo diventare un pupazzo nelle mani di un autore poco propenso a dichiararsi allievo della nuova onda parigina.
Roy Menarini

E al tempo stesso, Il mio Godard non è nemmeno un santino ad uso e consumo dei nostalgici, che avrebbero magari preferito un altro tipo di ritratto. La verità è che Godard è sempre stato, a detta di tutti, una persona poco sopportabile e che, specie dopo La cinese, si è trasformato in un tipo ancora più intrattabile. A pensarla così era senz'altro Anne Wiazemsky, scomparsa da poco, musa del regista, moglie "scandalosa" del genio, via via maltrattata e marginalizzata dall'ego di Jean-Luc, che di lì a pochi anni avrebbe poi rotto clamorosamente anche con François Truffaut.
Ma la verità è anche che Godard è stato per molti anni un talento avanti sui tempi, un sabotatore delle convenzioni artistiche e sociali, un rivoluzionario scomodo e impertinente, capace di scontrarsi ad armi pari con un sistema culturale tronfio e manifestamente conservatore.


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In foto una scena del film Il mio Godard.
In foto una scena del film Il mio Godard.
In foto una scena del film Il mio Godard.

Per tenere insieme queste due verità, Hazanavicius aveva varie strade. Aver scelto quella della leggerezza, dell'ironia, qua e là persino del comico, gli fa onore, perché ha evitato ogni retorica o rischio di partito preso. Ma ciò che più conta è lo stile. Molti si sono concentrati, a proposito di Il mio Godard, su vezzi e citazioni, calchi e rifacimenti manieristi. E se invece l'intento del regista fosse di girare un film su Godard come se fosse una nouvelle vague targata 2017? Pensiamoci un attimo. L'autore è sempre stato uno specialista della riproposizione filologica e al tempo stesso contemporanea. Non c'è solo The Artist a dimostrarlo, ma anche gli inediti (in Italia) Oss 117, girati nel 2006 e nel 2009, calchi straordinari del cinema di spionaggio anni Sessanta. E c'è anche una gemma nascosta: nell'episodio 'La buona coscienza', contenuto nell'antologico Gli infedeli, Hazanavicius ha proposto uno dei migliori omaggi alla commedia all'italiana che si siano visti in questi anni, mescolando comicità e amarezza a livelli di profondità inedita.

Di fronte a questa pratica della ricostruzione cinematografica - pratica che definiremmo cinefila se i cinefili duri e puri non avessero chissà perché poca stima di Hazanavicius - perché non pensare a Il mio Godard come a un film nouvelle vague?
Roy Menarini

Vista la precisione con cui l'autore francese pesca nella storia del cinema e nei suoi sotto-periodi, come non vedere in Il mio Godard un potenziale suo film della metà degli anni Sessanta, vicino a Il maschio e la femmina o Due o tre cose che so di lei, o dei film più pop e scanzonati di Chabrol (La tigre profumata alla dinamite per esempio), pieni di colori, narrazione frantumata, ironie politiche e personaggi paradossali e auto-parodistici? La nouvelle vague a colori di metà anni Sessanta era giocosa, irriverente, leggera, inconcludente, smaliziata, erotica e amava esibire il puro piacere del cinema, anche se costruito a blocchi, a scene auto-concluse, a strisce semi-fumettistiche.

Il Godard di Il mio Godard a un certo punto diventa un personaggio da screwball comedy, un tipo tanto indisponente da risultare adorabile, un Woody Allen ante-litteram (e forse anche qui c'è lo zampino dell'enciclopedia cinefila di Hazanavicius) e uno spassoso misantropo. Preso così, per divertirsi con intelligenza, Il mio Godard è anche nostro, ed è un film irresistibile.


RECENSIONE

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