vanessa zarastro
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giovedì 30 luglio 2020
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nizza come spazio minaccioso e minacciato
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Tratto dai racconti autobiografici The Short Stories of Richard Bausch dello scrittore statunitense Richard Bausch, il film “Espèces menacées”- in originale passato a Venezia 74 nella sezione 'Orizzonti' - interseca le vite di tre nuclei familiari ciascuno con le proprie tensioni e rispettivi problemi. Sono storie emotivamente intense associate dalla grande solitudine e dalla contraddittorietà dei sentimenti.
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Tratto dai racconti autobiografici The Short Stories of Richard Bausch dello scrittore statunitense Richard Bausch, il film “Espèces menacées”- in originale passato a Venezia 74 nella sezione 'Orizzonti' - interseca le vite di tre nuclei familiari ciascuno con le proprie tensioni e rispettivi problemi. Sono storie emotivamente intense associate dalla grande solitudine e dalla contraddittorietà dei sentimenti. Siamo a Nizza ai giorni d’oggi e nel film sono centrali le vicende di Tomasz e Josephine (ottima interpretazione di Vincent Rottiers e Alice Isaaz), una giovane coppia operaia appena sposata: lui pota e taglia gli alberi - ha messo su una piccola impresa - mentre lei aveva un lavoro precario in una falegnameria, ma sposandosi lui glielo aveva fatto lasciare: «Troppi uomini intorno!». Il loro matrimonio sembrava nato da una grande passione, ma era mal visto dai diffidenti genitori di lei che non riscontravano in lui quelle caratteristiche di “bravo ragazzo” che ogni genitore auspica per la propria figlia. E purtroppo avevano ragione perché nel giro di pochissimo lui si è rivelato un violento, uno di quegli uomini che hanno il concetto di amore come possesso, che vivono nella paranoia della gelosia e sfogano le loro frustrazioni picchiando e minacciando la moglie. Lei però non riesce a lasciare il marito: a tratti sembrerebbe volerlo denunciare, ma è troppo combattuta tra la paura e la convinzione che lui la ami veramente.
Attorno a nucleo drammatico troviamo altre due storie, un po' strane, ma in fondo anche divertenti. C’è Anthony (Damien Chapelle), un ragazzo che studia all’Università ed è sul procinto di laurearsi, viene da una famiglia ricca, ma i genitori si sono separati, o meglio, il padre se n’è andato con una giovane dell’Europa orientale probabilmente interessata più a suoi soldi che alla sua persona. La madre Nicole (Brigitte Catillon), già di per sé non troppo equilibrata, ha delle reazioni folli come ad esempio dare fuoco all’auto di lui. In tal modo, il ragazzo non può più partire per svolgere le sue ricerche e si trova costretto a prendersi cura di questa madre in po' svitata, che viene ricoverata in un Istituto psichiatrico. Questo legame che li unisce è molto forte, è anche fisico, e lei ogni tanto lo scambia per il marito. Inutile sottolineare che Anthony non riesce ad avere un rapporto “normale” con una ragazza e, in alcuni momenti ha delle goffaggini di trauffautiana memoria.
Il terzo nucleo famigliare vede Vincent e sua moglie, una coppia benestante di quarantenni sull’orlo della separazione, cui la cui giovane figlia ventenne Melanie (Alice de Lencquesaing) annuncia di aspettare un figlio dal suo Professore di Storia e di essere in procinto di sposarlo. Viene omesso un piccolo dettaglio e cioè che lui ha 63 anni cioè quaranta più di lei: «è un Professore Emerito?» chiede il padre in maniera sarcastica.
Le tre storie sono ben montate a “mosaico”, e gli incroci tra loro sono appena tangenziali, come ad esempio la condivisone degli appartamenti nello stesso condominio, o un incidente casuale di auto. Gilles Bourdos, al suo quinto lungometraggio, affronta temi attuali e violenti ma riesce a contornarli di episodi talvolta ironici e talvolta grotteschi (in alcuni punti può ricordare perfino un film dei fratelli Cohen), in modo da alleggerire la drammaticità e fornire anche uno spiraglio di speranza.
Così afferma in un’intervista: «Nella grande tradizione degli scrittori di novelle americani, Bausch è un maestro nell’arte di raccontare nella forma breve storie di intricati rapporti familiari e di coppie che si separano…È stato Michel Spinosa ad avere l’intuizione di costruire il film sullo schema di un gioco di carte, il “gioco delle famiglie”, in cui le carte vengono continuamente rimescolate. Così, il film funziona seguendo la modalità del confronto e dello shock: confronto tra padre e figlia, tra figlio e madre, tra marito e moglie ecc. I padri sono messi alla prova dalle scelte in amore delle figlie, un figlio affronta la disastrosa vita matrimoniale dei suoi genitori e così via».
Nizza è ben descritta, viene mostrata sia attraverso gli edifici aulici lungo La promenade des Anglais (come ad esempio l’Hotel Negresco o il Casinò du Palais de la Méditerranée) con le stupende viste sul mare, sia attraverso la parte più periferica proletaria che si estende a nord lungo la A8 che funge da tangenziale. Così afferma il regista: «È la Costa Azzurra filmata l’inverno, dalla quale nasce quella sensazione leggera di desertificazione. Filmare i luoghi di transito è qualcosa di molto naturale per me, non il frutto di una riflessione specifica. Penso di avere un istinto per cercare di esprimere, attraverso questi luoghi, dei sentimenti di solitudine che abitano i personaggi. E poi i luoghi di transito hanno qualcosa di neutro, di scarsamente classificabile da un punto di vista sociologico».
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mtonino
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sabato 2 settembre 2017
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specie minacciate
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Tre storie di genitori e figli ambientate in una Nizza colorata e solare.
Il film comincia con la strana prima notte di nozze di Josephine e Tomas che introduce e accenna al tema portante del film. Dopodiché si passa a Melanie che annuncia telefonicamente al padre che aspetta un bambino e di volersi sposare con un suo ex professore sessantenne. Infine vediamo Anthony alle prese con una tesi interminabile e una madre possessiva e psicopatica.
La storia principale, che apre e chiude il film è quella di Josephine e Tomas alla quale si collegano, spesso anche in modo forzato e poco credibile, le vicende degli altri personaggi.
È un film che parla di violenza e soprattutto di protezione spesso negata da chi, come i genitori, dovrebbe fornirla naturalmente, infatti la traduzione del titolo è "specie minacciate" e ben rappresenta il tema proposto.
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Tre storie di genitori e figli ambientate in una Nizza colorata e solare.
Il film comincia con la strana prima notte di nozze di Josephine e Tomas che introduce e accenna al tema portante del film. Dopodiché si passa a Melanie che annuncia telefonicamente al padre che aspetta un bambino e di volersi sposare con un suo ex professore sessantenne. Infine vediamo Anthony alle prese con una tesi interminabile e una madre possessiva e psicopatica.
La storia principale, che apre e chiude il film è quella di Josephine e Tomas alla quale si collegano, spesso anche in modo forzato e poco credibile, le vicende degli altri personaggi.
È un film che parla di violenza e soprattutto di protezione spesso negata da chi, come i genitori, dovrebbe fornirla naturalmente, infatti la traduzione del titolo è "specie minacciate" e ben rappresenta il tema proposto. I colori sono accesi, vividi e spesso saturi tanto da dare fastidio (ad esempio nella prima scena) ma non sono i colori della favola come nei film di Wes Anderson ma di una realtà cittadina che con le sue luci sfavillanti spesso nasconde drammi personali difficili da condividere.
Senza spoilerare posso dire che il messaggio del film è abbastanza pessimista e, anche se la scena finale cerca di infondere un barlume di speranza, ci dice che il prezzo da pagare a causa di genitori inadeguati può essere molto alto.
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ilcirro
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lunedì 4 settembre 2017
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incroci pericolosi
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I destini di tre strane coppie si incrociano sulle strade della vita. Un marito violento e una moglie terrorizzata; un padre sull'orlo della separazione che apprende dalla figlia che presto si sposerà con un suo ex professore molto più anziano di lei; una madre iper-possessiva sull'orlo della schizofrenia e un figlio ormai plagiato che non riesce a concludere nulla.
Tra padri (madri) e figli e coppie scoppiate, si disegna la pochezza della specie umana, che si presume navighi in cattive acque.
Narrazione precisa e non noiosa, ma decisamente scarsa di spunti di rilievo. Brava Alice Isaaz.
Due stelle.
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oksek
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venerdì 2 febbraio 2018
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la famiglia è una specie in via d'estinzione
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Come in “Under the tree”, l’altro film presentato in concorso nella Sezione Orizzonti di Venezia 74 nella giornata del 31 agosto, anche il francese “Espéces Menacèes” (Specie in via d’estinzione) riflette sulla crisi familiare e sulla disgregazione della coppia.
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Come in “Under the tree”, l’altro film presentato in concorso nella Sezione Orizzonti di Venezia 74 nella giornata del 31 agosto, anche il francese “Espéces Menacèes” (Specie in via d’estinzione) riflette sulla crisi familiare e sulla disgregazione della coppia.
Le specie in via d’estinzione del titolo potrebbero essere appunto le famiglie “tradizionali” , quelle che durano e non si sfaldano, al contrario di ciò che accade ai protagonisti della pellicola. Il regista Gilles Bourdos, che non è nuovo alla dimensione dei Festival (ha partecipato più volte a Cannes, dove nel 2012 ha presentato il film “Renoir”), sceglie di intrecciare tra loro diverse storie di nuclei familiari falliti, o in via di fallimento: una giovane coppia che comincia fin da subito a “deragliare”, una più anziana che entra in crisi dopo molto tempo, una adolescente che decide di sposarsi con un uomo molto più anziano di lei, un ragazzo solo alle prese con la madre divorziata e instabile. Malgrado l’impostazione corale, la vicenda principale, che occupa più spazio nella pellicola è quella di Josephine e Tomas, interpreta da due attori giovani, davvero convincenti: la ventiseienne Alice Isaaz e un oscuro e violento Vincent Rottier (già visto in “Deepan” di Audiard).
Molto accattivante la scena iniziale del film, che mostra i due novelli sposi durante la loro prima notte di nozze. Gasati ed esaltati per la loro unione improvvisa (si sono sposati solo dopo pochi mesi di conoscenza) e contestati dai genitori della ragazza, giocano e scherzano tra loro, ma il gioco comincia presto a diventare pesante e fa emergere la personalità aggressiva e ossessivamente gelosa di Tomas, mettendo in luce un lato malato della relazione, che da secondario quale sembrava, da lì in poi diventerà preponderante.
Il cineasta di Nizza è anche sceneggiatore del film e si vede dalla cura dei dialoghi, acuti, non banali, realistici, intessuti anche d’ironia quando serve. E’ in funzione di essi che vengono costruite le scene e le immagini. Le storie si sfiorano attraverso collegamenti marginali, per lo più casuali. Raccontano tutte lo scontro-incontro tra genitori e figli; lo sfaldamento delle relazioni degli adulti, che quasi come una maledizione sembra riversarsi anche sulle nuove generazioni; le provocazioni che i figli “lanciano” ai genitori nelle loro scelte sentimentali: Josepine sta con un uomo violento, quasi per rimproverare al padre di essere debole e inconsistente, uno “zerbino” come lei lo definisce; mentre una delle altre protagoniste sta con un uomo molto più grande di lei, come per richiamare su di sè lo sguardo del padre distratto e assente.
Tutte le storie iniziano con scene notevoli, sia visivamente che per quanto riguarda la sceneggiatura e l’interpretazione. Nello svolgimento alcune reggono maggiormente rispetto ad altre. La storia dei due ragazzi, che è quella portante, è senza dubbio quella meglio riuscita. La meno convincente è quella del ragazzo che rimane solo con la madre, ricoverata in clinica, dopo essere stata lasciata dal marito. Poco approfondito l’aspetto psicologico dei due personaggi, che appaiono più stilizzati degli altri. A parte la storia principale, il regista non chiude completamente il cerchio delle altre, lasciandole un po’ aperte. Una scelta che, sebbene possa essere realistica da un certo punto di vista (nella realtà i contorni delle vicende sono spesso sfumati, tanto da non poter distinguere un inizio e una fine), dall’altro fa perdere un po’ di coesione al progetto corale di partenza, lasciando un po’ insoddisfatta la curiosità dello spettatore che magari avrebbe voluto sapere di più su alcuni personaggi e le loro situazioni, che al livello narrativo potevano avere qualche sviluppo ulteriore.
Nonostante questo elemento, il film di Bourdos è ben realizzato, coerente e pensato. Ottimi gli interpreti (oltre ai due giovani spiccano Eric Elmosnino e Susanne Clement (attrice canadese che ha offerto una straordinaria interpretazione in “Mommy” di Dolan). La pellicola è scorrevole e il suo messaggio fa riflettere su come la comprensione e il “dialogo vero” tra genitori e figli possano essere maturati solo attraverso atti estremi e forzati, tramite percorsi tortuosi, che li rendono per questo difficilmente attuabili: quasi in via d’estinzione. La regia è originale e non banale, nonostante si tratti di temi ampliamente raccontanti sul grande schermo. Tutte queste caratteristiche fanno di “Espéces Menacèes” un film consono al Festival, da seguire nell’ottica della sezione Orizzonti che ospita film e sguardi d’autore provenienti da tutto il mondo.
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