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Claire Denis: «L'amore secondo Isabelle? Un film féminin, masculin»

La regista racconta il suo ultimo lavoro, la genesi del progetto e le proprie scelte in materia di cinema. Dal 19 aprile al cinema.
di Marianna Cappi

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lunedì 16 aprile 2018 - Incontri

Esce il 19 aprile nelle sale italiane L'amore secondo Isabelle, l'ultimo lungometraggio di Claire Denis, autrice di Chocolat e Nénette e Boni. L'abbiamo raggiunta al telefono per parlare della genesi del film e delle sue scelte in materia di cinema.

"L'amore secondo Isabelle è un film sulla lallazione del discorso amoroso e su una donna che si crede sola ed è tutte le donne".
Marianna Cappi, MYmovies.it

Come già in 35 Rhums anche quest'ultimo film racconta una tranche de vie sospesa, tra un capitolo ormai chiuso e una nuova fase che non è ancora cominciata. Cosa l'attira dei periodi di transizione?
È vero, non ci avevo pensato ma è proprio così. Forse è perché mi piacciono le storie di uomini e donne che cercano di essere un po' felici. Magari non lo sono ma non demordono, perseverano in questa ricerca. È questo che mi attira. C'è qualcosa di autobiografico in questo, ma non è lo stesso tipo di autobiografia di 35 Rhums, che era ispirato alla storia vera di mia madre e mio nonno. In questo film ci sono dei ricordi di Christine (Angot, la sceneggiatrice, ndr) e anche miei, e situazioni reali, come quella di due donne che vanno nella toilette di un locale per parlare della loro vita, come fanno Isabelle e la sua amica. Con Christine abbiamo fatto questo ripescaggio delle nostre esperienze personali, ma allo stesso tempo credo che moltissime donne potranno ritrovarsi in queste scene e in questi momenti. E anche molti uomini.

Ha spesso affermato di essere una regista di immagini, eppure in questo film la parola è centrale. Qualcosa è cambiato?
La differenza è che non avevo mai lavorato prima con qualcuno che sapesse creare un'atmosfera soltanto con l'uso delle parole, del dialogo, o meglio dei monologhi, perché sono tutte persone molto sole quelle che abitano questo film. Conoscevo Christine Angot da molto tempo e amavo i suoi libri. Sono andata ad ascoltare le sue letture e abbiamo costruito un legame forte, di grande amicizia e ammirazione. Il film è frutto di questo legame.


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In foto una scena del film L'amore secondo Isabelle.
In foto una scena del film L'amore secondo Isabelle.
In foto una scena del film L'amore secondo Isabelle.

Una scrittrice, una grande attrice, una direttrice della fotografia (Agnès Godard). È una scelta precisa lavorare con altre donne?
No, non proprio. Ci sono anche molti uomini in questo film, molti attori e diversi tecnici. Però è indubbiamente la storia di una donna, scritta da due donne. C'è un film di Jean-Luc Godard, del '66, che s'intitola Masculin, féminin (Il maschio e la femmina)... ecco, direi che il mio si potrebbe definire un film "féminin, masculin".

Perché ha voluto Juliette Binoche? È stata la prima scelta? Sul set l'ha mai sorpresa?
Juliette è stata la mia prima e unica scelta, e poi lei voleva fare questo film, c'è stato un accordo perfetto al riguardo. Se mi ha sorpreso? Juliette mi sorprende ogni giorno, non fa altro. Ma anche se la conosco molto bene, in effetti mi ha colpito la qualità della sua prova, e non mi riferisco a una qualità della recitazione, non solo, ma piuttosto all'intelligenza della sua interpretazione e alla capacità che ha avuto di mescolare umorismo e disperazione nella stessa inquadratura.

La musica ha sempre grande importanza nel suo cinema. Qui c'è una scena, affidata ad una canzone, che segna il momento del cambiamento, il punto in cui il sole interiore del titolo comincia forse a fare capolino.
Il titolo della canzone di Etta James in quella scena è "At last", che significa "infine", "finalmente". Alla fine, cioè, l'amore arriva, anche se può darsi che Isabelle non se ne accorga, non veda che è già lì, perché forse ne ha paura. Quando il personaggio di Depardieu parla a Isabelle, con il linguaggio del veggente, d'"un beau soleil interieur", lei non sa ancora cosa vuol dire. E io nemmeno. Il pezzo di Etta James è una canzone straziante. È la canzone di Isabelle. Ho detto a Juliette: è la tua canzone.

Ha lavorato con Jarmush, Wenders, Rivette. Chi è stato più importante per la sua carriera?
Sono stati tutti importantissimi per comprendere la mia vita prima ancora che il mio cinema. Ma quando ero con Jacques Rivette, la sua sola presenza, per me era fonte di grande forza. Non ho mai pensato che avrei imparato qualcosa da Rivette, nessuno può fare dei film come i suoi, però il suo modo di amare il cinema, quello era speciale e me lo trasmetteva. È l'unica cosa che possiamo imparare. Sono stata nel consiglio di amministrazione della Fémis, ho partecipato ad una selezione, ma sono sempre molto timorosa all'idea di insegnare cinema perché io stessa penso di non sapere molto.

Dunque il cinema non si può insegnare?
Certo che si può insegnare, ma il modo migliore per farlo è vedere i film, amare i film. Nelle scuole di cinema si ricevono altre cose: fiducia in se stessi, contatti utili, nei momenti di difficoltà si trova qualcuno che ti sprona e ti rassicura, ti dice: "Ce la farai". Ma per imparare a fare cinema bisogna prima amarlo, è una condizione imprescindibile.


L'AMORE SECONDO ISABELLE: RECENSIONE

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