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Luca Guadagnino: «il mio film? Non è una storia d'amore gay»

Regista e protagonisti raccontano Chiamami col tuo nome, tra aspettative, soddisfazioni e un complimento più inatteso di altri. Al cinema.
di Paola Casella

Chiamami col tuo nome

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venerdì 26 gennaio 2018 - Incontri

"Che effetto fanno quattro candidature agli Oscar? Provo grande felicità e orgoglio. Ma sono già nel mezzo dei lavori per il prossimo film (Rio con Jake Gyllenhaal, Michelle Williams e Benedict Cumberbatch, mentre è in post produzione il remake di Suspiria con Chloe Grace Moretz, Dakota Johnson e Tilda Swinton), dunque riesco a mantenere le cose in prospettiva".

All'indomani delle nomination per Chiamami col tuo nome - Miglior Film, Miglior Attore Protagonista, Miglior Sceneggiatura Non Originale e Miglior Canzone - Luca Guadagnino si schernisce. "Non ci sarà un discorso di accettazione, ne sono convinto, siamo già contenti così", e ringrazia la squadra che ha reso tutto possibile, in primis Armie Hammer e Timothée Chalamet, accanto a lui in questo incontro con la stampa.
Paola Casella

Come è nato Chiamami col tuo nome?
Guadagnino: In maniera inusuale. Un produttore americano mi ha fatto leggere il romanzo da cui è tratto il film che è ambientato in Liguria. Io mi trovavo proprio in quella regione quando mi è stato chiesto di dare un mio parere. Da lì sono entrato a far parte della produzione, abbiamo cercato un regista - fra i nomi possibili c'era Gabriele Muccino - e ho finito per girarlo io con un budget minimale.

Come è avvenuto l'incontro con gli attori?
Guadagnino: Timothée aveva 17 anni, ma era già un veterano dopo Homeland e la parte di Casey Affleck giovane in Interstellar. La nostra prima conversazione è stata un'epifania: sapevo di aver incontrato Elio e insieme una voce straordinaria. Armie invece lo tenevo d'occhio fin dai tempi di The Social Network.
Hammer: Luca ed io ci siamo incontrati nel 2010 a casa sua. Di solito questi meeting durano una quarantina di minuti, invece noi abbiamo passato quasi quattro ore a parlare di libri, filosofia e arte, mangiando e bevendo caffè. Da attore presuntuoso ero convinto di essere già scritturato. Invece sono passati sei anni di silenzio assoluto prima di ricevere la telefonata che mi chiedeva se ero interessato alla sceneggiatura del prossimo film di Luca. Ho risposto: "Ci sto!" prima di averla letta, e dopo ho detto: "Wow!" e ho firmato. Se volevo considerarmi un artista dovevo mettermi alla prova e superare i miei limiti, ed è proprio quello che è successo. Chiamami col tuo nome ha cambiato la traiettoria della mia vita e il modo in cui intendo continuare a fare cinema.
Chalamet: Per me ci sono voluto tre anni di attesa, e finalmente a vent'anni ho avuto la parte. Mi è sembrata un'occasione unica: quando si è giovani è raro poter recitare ruoli che non siano quelli del fidanzatino o dello studentello. Elio invece è un personaggio ricco, complesso e articolato, di grande intelligenza e fluidità intellettuale. La parte più difficile è stato imparare a parlare l'italiano e a suonare il piano: l'"improvvisazione" al pianoforte che appare nel film era il frutto di un mese e mezzo di prove.


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In foto una scena del film Chiamami col tuo nome.
In foto una scena del film Chiamami col tuo nome.
In foto una scena del film Chiamami col tuo nome.

Guadagnino, ci racconta il percorso verso gli Oscar?
Guadagnino: È un percorso pacato e minimale cominciato al Sundance Film Festival: fin da quella prima proiezione il film ha ricevuto una straordinaria accoglienza. Molti mi hanno scritto - donne, uomini, giovani, anziani - per dirmi come per loro Chiamami col tuo nome sia stato un'esperienza trasformativa che ha risolto certi loro nodi interiori. Per me è stata un'impresa fatta per il piacere di farla, nel nome dei cineasti che amo, da un angolo di Italia unico come la Bassa cremasca. E mi ha insegnato che la passione e l'inaspettato vanno mano nella mano.

Pedro Almodovar e Paul Thomas Anderson si sono sperticati in elogi a Chiamami col tuo nome. Che effetto le fa?
Guadagnino: In realtà il complimento più inatteso è arrivato da Christopher Nolan. Ho visto avvicinarsi questo gentleman elegantissimo che mi ha detto: "Il modo in cui avete messo in scena gli anni Ottanta è impressionante". Da artigiano del cinema, ne sono stato felice.

Di cosa parla secondo voi Chiamami col tuo nome?
Guadagnino: Dell'empatia necessaria in una contemporaneità atomizzata e arrabbiata. Non lo vedo come una storia d'amore gay ma come un film sull'aurora di una persona che diventa un'altra. Racconta un desiderio che non conosce definizioni di genere, e una famiglia come luogo in cui ci si migliora a vicenda, secondo un canone disneyano: anche Toy Story in fondo parlava di questo.
Hammer: Capisco quello che intende Luca ma no, Chiamami col tuo nome non mi è sembrato un film disneyano! (Ride)
Chalamet: Il monologo finale del padre di Elio parla di come affrontare l'amore e come fare pace con la propria sessualità, ma anche di come gestire il dolore: va bene avere il cuore a pezzi e soffrire, ma è inutile aggiungere odio e disprezzo di sé alla sofferenza.

Una famiglia accogliente come quella di Elio può esistere nella realta?
Guadagnino: L'utopia è la pratica del possibile, e quindi sì, questa famiglia esiste.

Ci sarà un sequel?
Guadagnino: Le vite di Elio, Oliver e tutti gli altri intorno a loro possono dirci qualcosa di noi nel crescere. Forse riusciremo a raccontare le cronache di questi personaggi guardando con umiltà all'esempio di Truffaut. Il nostro Antoine Doinel, intanto, ce l'abbiamo.


RECENSIONE

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