Borg McEnroe |
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Un film di Janus Metz Pedersen.
Con Sverrir Gudnason, Shia LaBeouf, Stellan Skarsgård, Tuva Novotny, Ian Blackman.
continua»
Titolo originale Borg McEnroe.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 100 min.
- Svezia, Danimarca, Finlandia 2017.
- Lucky Red
uscita giovedì 9 novembre 2017.
MYMONETRO
Borg McEnroe
valutazione media:
3,24
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Molto tennis poco animodi Lucio Di LoretoFeedback: 2938 | altri commenti e recensioni di Lucio Di Loreto |
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mercoledì 8 aprile 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La partita delle partite riproposta sul maxi schermo per ergere al massimo i prodigi della tecnologia moderna: questo lo scopo (alla fine vincente ma unico) del danese Janus Metz, che lascerà a fine riprese soddisfatti i neofiti tennistici e chi all’oscuro dell’iconico match, ma che non aggiungerà niente di nuovo alla storia di una sfida epica e ad un cambio di guardia generazionale tra il mite svedese Borg e l’eccentrico e ribelle McEnroe! Il periodo – inizio eighties – è quello di consumismo e yuppies; il tennis e Wimbledon in particolare contribuiscono ad elevare lo status quo di benessere, qualunquismo e ipocrisia borghese; quella cioè che vuole a tutti i costi una battaglia da arena tra il pacato (all’apparenza), gentile e imbattibile orso e la new entry viziata e maleducata, sfacciata e iper sicura, pure qui solamente nella facciata. Il regista si impegna e prodiga dunque esclusivamente nel resoconto di quel magico torneo, evitando accuratamente di uscire fuori tema e di accompagnare la direzione artistica con qualunque tipo di problematica accompagni la psiche dei due miti. Bene nelle intenzioni ma quel che nell’epilogo però difetterà è una benché minima giustificazione agli atteggiamenti riportati e richiesti da Metz verso Gudnason e LaBeouf, generosi e calorosi interpreti che danno una realistica trasposizione caratteriale delle icone in questione, perfetto nelle movenze facciali lo svedese e magari un po’ forzato lo statunitense, forse perché psicologicamente simile al talento americano. Sembra infatti un po’ esagerata e senza nessuna spiegazione l’interiore tristezza e scontentezza dei rivali, privilegiati dalla vita e centrali mediaticamente. Borg, robot fin da bambino e obbligato (?) a vincere in ogni dove da un sergente di ferro come coach, alla fine però unico e solidale appoggio morale della sua vita, più di una compagna raffigurata quasi da ombra impotente. Gli stessi tic accentuati durante gli incontri paiono un estremismo e un climax cinematografico, identici al nervosismo celato che si intravede tra uno scambio e l’altro, mancanti invece nella realtà, fatta di statuaria concentrazione e imperscrutabilità. Ciò potrebbe giustificare goffamente i futuri malanni d’animo post tennis del campione scandinavo, dandogli quindi un’aurea da sbandata e infelice rock star, piombata successivamente nel lastrico a seguito di errori finanziari, divorzi ed esistenza sregolata, collassate in un tentativo di suicidio prima e nella vendita all’asta di cimeli dopo, sventata proprio dal soccorso del nemico/futuro amico. Allo stesso modo non viene analizzata l’importanza di un look nuovo per quei tempi, che fece strage di cuori e creò l’iconografica immagine di tennista/modello, sfruttata ancor oggi a livello pubblicitario da tutti gli sportivi famosi. E’ oltretutto fuori luogo dover raffigurare McEnroe come bimbo difficoltoso e dall’infanzia complicata, solo per l’eccessiva presunzione e ricchezza familiare e per il genio precoce donatogli da Dio. La regia e il montaggio visivo sono un fiore all’occhiello del mainstream hollywoodiano e non, pariteticamente a un sonoro sfarzoso e ad una fotografia accesa, lucente e colorata, così i costumi e la scenografia, che ci rimandano in maniera identica al periodo in questione, con Donnay, Fila, Sergio Tacchini e fascette a farla da padrone. Inoltre, le difficoltà palesate dai Rhys Meyers e Paul Bettany di turno in Match Point e Wimbledon, bravi attori ma dall’impugnatura farlocca, qui vengono superate da una scenografia effettuale e digitale magniloquente, che restituisce fedelmente gli indimenticabili colpi della straordinaria combo! Per tutto ciò Borg McEnroe non è un film, vista la totale assenza di dialoghi creatori di pathos e giustificatori di troppe introspezioni, ma per l’appunto la realizzazione precisa e conforme di una partita che ha fatto epoca e cambiato la visione dello sport, lasciandoci però nel dubbio se tutto questo sforzo abbia avuto un senso, e se invece non sarebbe stato il caso di continuare a guardare l’ineguagliabile ed immortale sfida originale, nella quale silenzi, sguardi, grida, esaltazioni e depressioni dei due veri protagonisti valgono tuttora molto più di una pellicola eccezionalmente artificiosa ma priva d’animo!
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