Ava

Film 2017 | Drammatico +13 105 min.

Regia di Léa Mysius. Un film Da vedere 2017 con Laure Calamy, Noée Abita, Juan Cano (II), Tamara Cano, Ismaël Capelot. Cast completo Titolo originale: Ava. Genere Drammatico - Francia, 2017, durata 105 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 3,47 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento giovedì 21 dicembre 2017

Una tredicenne scopre che molto presto perderà la vista e decide di prepararsi a quel momento facendosi accompagnare da un cane. Al Box Office Usa Ava ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 464 mila dollari e 337 mila dollari nel primo weekend.

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Consigliato sì!
3,47/5
MYMOVIES 4,00
CRITICA
PUBBLICO 2,93
CONSIGLIATO SÌ
Un fosco ritratto dell'adolescenza bagnato dal sole che celebra il corpo, la materia, la vita.
Recensione di Francesca Ferri
giovedì 21 dicembre 2017
Recensione di Francesca Ferri
giovedì 21 dicembre 2017

Ava, 13 anni, trascorre le vacanze sulla costa atlantica della Francia con la madre quando apprende che presto perderà la vista. La madre decide di far finta di niente per trascorrere le più belle vacanze della loro vita. Ava affronta il problema a modo suo. Ruba un cane nero che appartiene a un piccolo gitano in fuga per prepararsi alla cecità, godendosi gli ultimi giorni in cui può ancora contemplare il viso di Juan.

Vincitore del Grand Prix della Giuria e del premio SACD alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2017, Ava è il lungometraggio d'esordio di Léa Mysius che segna trionfalmente il suo debutto da regista.

La sceneggiatrice di I fantasmi di Ismaele di Arnaud Desplechin, nota per i suoi cortometraggi, gira in 35 mm un film sulla materia e sul colore, sul corpo e sugli elementi. Bagnato di luce atlantica, lirismo nero e voglia di vivere, Ava traccia un ritratto realista dell'adolescenza e tutti i suoi problemi, volando verso visioni oniriche senza mai distaccarsi dalla terra. Un dramma cupo accecato dal sole, una storia d'iniziazione ed emancipazione, una storia d'amore che celebra i sensi e la vita come lotta individuale.

Fin dalla prima scena appare raggiante il talento di Noée Abita nel ruolo di Ava, che senza mai ridere né piangere, riesce solo con lo sguardo a incuriosire, incantare, intrigare quasi ipnotizzando lo spettatore. In una spiaggia affollata si staglia la silhouette nera dell'adolescente già donna. Un cane nero, famelico e scattante, corre tra i corpi distesi sulla sabbia fino ad Ava, addormentata al sole. La minaccia turba il quadro luminoso, preannunciando lo spirito nero che viene a oscurare la felicità, la vista, la vita. Ed è proprio dall'immagine dell'inquietante cane nero, già apparso in un cortometraggio di Léa Mysius, che ha origine la sceneggiatura da lei scritta. Il cane nero che Ava ruba a Juan per esercitarsi a camminare bendata come se fosse già cieca diventa, dunque, una sorta di guida tra le persone e i luoghi. È il legame tra il reale e l'onirico, tra gli ambienti domestici e gli spazi selvaggi. Il cane nero accompagna infine Ava da Juan in questo viaggio verso la sensualità e la sessualità, in una rapida transizione dall'infanzia all'età adulta.

La regista gioca con i contrasti che emergono in modo naturale. Se la madre, (Laure Calamy), solare e impudica, fa presto a trovarsi un amante, Ava ha un rapporto più complicato con il mondo e con il proprio corpo. La giovane ragazza si cerca, si mette continuamente alla prova in una inarrestabile ricerca di sé, dettata dall'urgenza di vivere con la massima intensità gli ultimi giorni di luce rimasti. "Ho paura di morire senza aver mai visto niente di bello", scrive Ava nel suo diario personale che scandisce il tempo del film, misurando giorno dopo giorno la riduzione del suo campo di visione. La regista così segue il ritmo di Ava, sempre in movimento, sempre protesa verso una nuova meta. Dalla spiaggia al rifugio nella roccia, dal luna park al campo rom il passo è breve, inseguendo l'inafferrabilità dei sogni.

"Ava vuol dire io desidero". Ma io cosa desidero?", si chiede la ragazza. La stessa domanda alla base di L'Atelier di Laurent Cantet (2017), esprime l'angoscia degli adolescenti in cerca di se stessi in una società che perde sempre più i propri orizzonti e punti di riferimento. Attraverso lo sguardo di Ava vediamo il mondo, a tratti sfocato come lei lo vede di notte, sentiamo la solitudine di una figlia che non si sente capita dalla madre, percepiamo l'inconscia attrazione per Juan. Il gitano dallo charme tenebroso risveglia gli istinti che la giovane donna ancora non conosce, incarna lo spirito di ribellione che rovescia la sistematicità del mondo degli adulti. L'incontro dà vita a una straordinaria sequenza in stile western in cui Ava e Juan interamente ricoperti di argilla con fucile in mano e aria minacciosa aggrediscono e derubano i bagnanti in spiaggia.

Solare, brillante, drammatica e disinibita, Ava come una Venere nera, celebra il trionfo del corpo colto in uno slancio vitale che Léa Mysius cerca lungo tutto il film. Nella sabbia, nel vento, nell'acqua e nella luce la regista cerca la vita degli elementi per trasferire sullo schermo la materia in tutta la sua naturalezza. Sulle note sporche e grezze di Florencia Di Concilio dai ritmi italo-spagnoli che abitano le immagini dai colori saturi, l'emozione risale tanto più potente. Perché, in fondo, Ava è anche una storia d'amore.

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RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
domenica 3 giugno 2018
gianleo67

In vacanza con la madre e la sorellina ancora in fasce sulla costa atlantica della Francia, la tredicenne Ava è combattuta tra l'angoscia di una imminente cecità e le pulsioni vitali di una prorompente maturazione fisica. Quando ruba il grosso cane nero di un giovane zingaro nei guai con la giustizia, sarà per lei l'inizio di un'avventura che la porterà lontana da casa, ma finalmente protagonista della [...] Vai alla recensione »

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