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120 battiti al minuto, opera esemplare sulla gestione della lotta politica

La questione politica degli atti di sensibilizzazione e disobbedienza vale il film intero e si pone come sfidante diretto della paradossale vicenda di Dallas Buyers Club. Al cinema.
di Roy Menarini

120 battiti al minuto

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Nahuel Pérez Biscayart (38 anni) 6 marzo 1986, Buenos Aires (Argentina) - Pesci. Interpreta Sean nel film di Robin Campillo 120 battiti al minuto.
sabato 7 ottobre 2017 - Focus

Manifesto sulle forme di dissenso e di controinformazione, 120 battiti al minuto si candida a diventare un film esemplare sulla gestione della lotta politica, più che un'opera pur palpitante intorno all'AIDS e alla salute pubblica negli anni Novanta. Il sottogenere "film di malattia", che viene quasi sempre gestito con gli strumenti del melodramma, è forse l'elemento che meno convince del lavoro di Robin Campillo. Sia pure trattato con grande rispetto, e messo in scena riuscendo ad essere al tempo stesso pudichi ed erotici, il rapporto sentimentale al centro della narrazione non di discosta minimamente da decine di opere simili, del presente e del passato.

La questione politica, invece, degli atti di sensibilizzazione e disobbedienza da parte del collettivo ACT UP, vale il film intero e si pone come sfidante diretto della paradossale vicenda - anch'essa intrecciata con i farmaci - di Dallas Buyers Club, interessato maggiormente a raccontare i paradossi della mascolinità statunitense (e purtroppo altrettanto incline a precipitare nel lacrimevole).
Roy Menarini

La vera sfida cinematografica di Campillo è intrigante; mettere in scena principalmente delle assemblee. Se l'opzione è documentaria le possibilità sono tante, e l'esempio più indiscusso rimane Frederick Wiseman. Se l'opzione è narrativa, il rischio di rigidità dimostrativa è alto, e solo una vera e propria polifonia di voci e posizioni pare offrire una corretta prospettiva (si pensi a certe riunioni tra lavoratori nei film di Ken Loach).


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In foto una scena del film 120 battiti al minuto.
In foto una scena del film 120 battiti al minuto.
In foto una scena del film 120 battiti al minuto.

I dibattiti che Campillo racconta sono regolati da precisi schemi di intervento, risposta, commento, appoggio o disaccordo. La vibrante discussione delle azioni da mettere in atto, l'analisi di quelle compiute, la differente prospettiva di ciascuno, la drammatica progressione della malattia che colpisce i militanti più esposti rappresentano una iscrizione evidente della storia di ACT UP alla lunga tradizione plurisecolare dell'assemblearismo francese. La tradizione rivoluzionaria transalpina, in questo caso, non può essere taciuta e Campillo ne è consapevole. A conferma, il commento fuori campo destinato a una delle manifestazioni riguarda l'avventura della Comune di Parigi del 1871, esperienza notoriamente sanguinosa (sia in sé, sia per la repressione che seguì).

Ed è proprio il sangue - versato durante la Rivoluzione e le successive rivolte - a segnare il simbolo preferito da ACT UP, per ovvi motivi. "Una linea secolare dell'insurrezione", l'ha definita Louis Guichard sulla rivista Telérama.
Roy Menarini

ACT UP, però, prevedeva anche divulgazione del sapere, informazione corretta per i cittadini, acquisizione di competenze medico-scientifiche. E allora quelle assemblee non rimandano solo a un passato drammatico, di aspri conflitti e sedizioni talvolta essenziali, quanto a un'altra tradizione francese, quella dell'enciclopedismo e della cultura pubblica. ACT UP, per come ce lo racconta Campillo, è l'esatto contrario del populismo contemporaneo, e opera per diffondere il sapere e rovesciare la cappa di silenzio e ignoranza imposta dalle istituzioni, chiedendo per prima cosa ai militanti di studiare e conoscere la materia. Un richiamo molto alto, per un'epoca - la nostra - dove il dissenso più corposo rischia di basarsi su informazioni false e incultura civica.


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