The Good House

Hildy Good è stata, nel recente passato, la più abile agente immobiliare in una cittadina nell'area di Boston. Ora però una sua ex assistente che le ha rubato numerosi clienti la sta superando. Hildy, che sembrava aver superato i problemi di alcolismo che l'avevano a lungo coinvolta, ricomincia a bere. L'unico che potrebbe starle vicino è Frank, un coetaneo chiamato Mr. Spazzatura perché è diventato ricco grazie alla sua attività nel campo dei rifiuti.

Sigourney Weaver è al centro di una vicenda in cui il passato sembra non voler liberare il presente dalle proprie catene.

Alla base di questo film, che torna ad offrire a Sigourney Weaver un ruolo all'altezza delle sue doti attoriali, c'è un romanzo di Sherwood Anderson pubblicato nel 1919. Di questo autore fondamentale per la letteratura contemporanea statunitense Faulkner ebbe a dire che era stato il padre di tutti i suoi libri.

Maya Forbes e Wallace Wolodarsky, che hanno sceneggiato il film con Thomas Bezucha, ambientano la vicenda ai nostri giorni ponendo al centro la personalità di Hildy Good facendo anche ampio uso dell'escamotage dello sguardo in macchina nonché dell'appellazione diretta allo spettatore. Questo consente di rivelare pensieri e considerazioni anche taglienti portando alla luce le verità nascoste in questa piccola città.

Ciò che gli altri cercano di occultare o di rivelare solo a lei, per questa donna conscia di sé e al contempo fragile diventa occasione per attuare una condivisione che infrange la quarta parete. Troppo spesso nel mondo dello spettacolo si ascoltano geremiadi che lamentano il fatto che ad attori (e, in particolare ad attrici) che abbiano superato una certa soglia di età non venga dato spazio. Salvo poi considerare con sufficienza i film in cui questo spazio viene loro accordato.

Molto probabilmente i cultori del romanzo di Anderson hanno trovato che molti dei ruoli di supporto non siano stati adeguatamente trattati lasciando le loro problematiche sullo sfondo. Quel che è certo però è che Sigourney Weaver esibisce con orgoglio le sue rughe lasciando quella canottiera che tanto colpì le fantasie maschili in Alien al suo posto, cioè nel passato.

La sua Hildy è una donna che si vede spesso ricordare le proprie debolezze, soprattutto dalle figlie che ne hanno subìto le conseguenze, e che trova continue giustificazioni (che sa essere non veritiere) alla ricaduta. Accanto a lei un Kevin Kline morbido e protettivo quasi in attesa da decenni di poter entrare nella sua vita per sostenerla e difenderla, soprattutto da se stessa. La vita di provincia, in cui tutti presumono di sapere tutto di tutti, mentre invece vedono solo una parte che prendono per la globalità, viene descritta attraverso la valutazione e compravendita di abitazioni. In fondo il titolo ci dovrebbe mettere sull'avviso. Hildy si occupa di houses mentre a noi viene concesso di entrare nella sua home interiore che non è così ordinata come la sua abitazione. Quando si ha a disposizione un'attrice di valore questa esplorazione ci ricorda come un personaggio affidato alla persona giusta possa consentire di far superare le imperfezioni di un film. 