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Sully, il cinema è un ammaraggio

Clint Eastwood si fa capitano attraverso le turbolenze di una storia che ristabilisce la giustizia là dove vorremmo trovarla. Al cinema.
di Roy Menarini

Sully

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sabato 3 dicembre 2016 - Focus

Clint Eastwood è il tipo di regista che si può permettere qualsiasi cosa. Per quanto controverse possano apparire le sue posizioni extracinematografiche, egli parla principalmente attraverso i suoi film.

I personaggi cocciuti ed eroici sono prima di tutto dei "giusti". Se c'è una cosa che disgusta Eastwood è l'ingiustizia, il cinismo essendone precondizione naturale.
Roy Menarini

È per questo che - domandandosi ogni volta che spazio c'è per l'eroismo nel mondo contemporaneo - Eastwood riesce ad apparentare i suoi personaggi.
Proprio quest'anno, insieme all'uscita di Sully, si festeggiano i trenta anni di Gunny - film quant'altri mai equivocato e ideologicamente attaccato da chi non ha mai capito che Clint riesce a costruire e insieme decostruire i suoi protagonisti proprio mentre sembra cancellare ogni ambiguità. Eppure, persino in una filmografia coerente e a suo modo conchiusa come quella del regista californiano, non ci si deve esimere da confronti esterni, e con il resto del cinema contemporaneo.


In foto una scena del film Sully.
In foto Tom Hanks e Aaron Eckhart in una scena del film Sully.
In foto una scena del film Sully.

È inevitabile confrontare Sully con un grande film sottostimato di qualche anno fa, Flight di Robert Zemeckis, che racconta una storia non del tutto dissimile. Il protagonista di Flight, infatti, compie una formidabile impresa salvando i suoi passeggeri grazie a un incredibile volo a rovescio, che ha sollecitato le passioni cinefile (avendo intravisto in quel gesto una sorta di metaforico ribaltamento delle attese spettatoriali).

La differenza tra il pilota interpretato da Denzel Washington e Sully è nella condotta del primo: alcolista, tossicodipendente, smargiasso e privo di umiltà, si trova processato per la sua sconsideratezza pur avendo evitato la morte di centinaia di persone. Sully invece è un uomo serio, professionale, circondato da una famiglia solida (ma conti in banca un po' meno sicuri).
Roy Menarini

Flight va considerato un'analisi del senso di responsabilità del singolo nella società statunitense. Il paradosso secondo il quale un uomo alticcio e drogato riesce comunque a far emergere la sua incredibile prontezza e professionalità vale come paradossale apologo sulle ipocrisie statunitensi. In Sully invece il discorso è decisamente diverso, e a suo modo opposto. È solo quando il singolo, con una decisione immediata e dettata dall'esperienza, fa qualcosa di eccezionale che la comunità si mobilita e lo aiuta a portare a termine l'impresa: è questo il caso di vigili, poliziotti, hostess, portuali, addetti alla sicurezza e controllori di volo, che hanno recato in salvo tutti i viaggiatori, abbracciati da Eastwood in uno sguardo d'insieme che mostra la differenza tra alcuni personaggi outsider di un tempo (in guerra col mondo, da Callaghan allo stesso Gunny) e quelli degli ultimi film, circondati da una società di riferimento.


In foto Tom Hanks in una scena del film Sully.
In foto Denzel Washington, protagonista del film di Robert Zemeckis Flight (2012).
In foto Tom Hanks e Aaron Eckhart in una scena del film Sully.

Certo, in entrambi i casi, là fuori esiste un universo di compagnie e istituzioni che sembrano esistere solamente per difendere i più forti.

Se buona parte di Sully riguarda un processo, è perché l'indignazione del regista si indirizza verso chi - invece di celebrare l'eroe - ha pensato di metterlo sotto accusa.
Roy Menarini

Da questo punto di vista, l'uomo comune interpretato per l'ennesima volta da un eccezionale Tom Hanks propone anche una coppia (repubblicana e democratica) che si unisce in nome dell'inno al professionismo. Il professionismo - e questa è una filosofia tipica di alcuni registi classici amati da Eastwood, in primis Hawks - è qualcosa attraverso la quale si può modellare la società. Il bene è fare bene le cose, secondo questo atteggiamento, perfettamente incarnato dall'attore americano.
La simulazione al computer non può raccontare la verità, ci dice Sully con malcelato orgoglio verso l'artigianato del fare film. E alla fine Clint Eastwood non vuole fare altro che guidarci, come capitano, attraverso le turbolenze di una storia che per una volta ristabilisce la giustizia là dove vorremmo trovarla. Pensavamo fosse un miraggio. E invece il cinema è un ammaraggio.


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