La trasformazione di Star Wars da saga a universo è la reale posta in gioco di Rogue One: A Star Wars Story. Mentre gli analisti si occupano di prevederne gli incassi, nazionali e globali, gli ideatori della nuova configurazione delle guerre stellari più celebri del contemporaneo (ovvero in questo momento la Walt Disney) sta facendo altri calcoli. Non è solo questione di afflusso di denaro - pur centrale - ma di costruzione di un vero e proprio mondo "arredato" nel quale ambientare via via le storie di origine di alcuni dei personaggi più celebri, proseguire con la storyline originale negli episodi 8 e 9, e ampliare con gli spin-off come questo la narrazione espansa. L'idea, come noto, è venuta agli executive della Disney osservando quanto avviene all'altra miniera d'oro sulla quale sono seduti, ovvero il MCU (Marvel Cinematic Universe).

Per gli studiosi di industrie creative, ma al tempo stesso anche per il fandom, questa scommessa conta molto, soprattutto visto che giunge dopo il successo innegabile di Episodio VII - blockbuster che tuttavia non ha spento le proteste di una nicchia di spettatori indispettiti dalla "disneyizzazione" dei personaggi principali.

La Star Wars Anthology (questo il nome originale del progetto, che spinge anche sull'idea di antologia e raccolta di storie, riti e vicende, dunque rispettando la componente di mitologia contemporanea ideata da George Lucas nel lontano 1977) promette dunque di non arrestarsi al 2020, come da piano industriale, ma di proseguire fino a che ci sarà un pubblico desideroso di immergersi in questo mondo così lontano che gli esperti non sanno nemmeno se definire fantascientifico e fantasy, ancora oggi a ormai quarant'anni dalla sua prima comparsa.

In particolare, la trama delle spie ribelli che complottano per rubare i piani della Morte Nera, e dunque contrastare l'Impero Galattico, permette alcune considerazioni. Da una parte, si conferma l'idea che gli outsider siano il serbatoio più proficuo per gli eroi contemporanei, come quelli inadeguati dell'animazione (sempre in apparenza impreparati a imprese nelle quali poi scoprono il loro lato più straordinario, dal Kung Fu Panda a Dragon Trainer) o quelli del cinema young adult, prima fra tutte la Katniss di Hunger Games. Dall'altra, proprio Katniss si apparenta alla nuova serie di film dell'universo Star Wars perché rilancia, negli anni Duemila, la figura dell'eroina femminile, sempre più in auge in questi anni.

La leader interpretata da Felicity Jones, di nome Jyn Erso (la radice femminile greca "gyn" fin dall'onomastica), assume dunque le caratteristiche di una icona da leader quale - nello stesso momento - gli Stati Uniti hanno scoperto di non poter avere.

E anche se può apparire una forzatura politica, qualcuno comincia a pensare che, se in questi anni l'immaginario culturale hollywoodiano ha insistito sulle figure eroistiche post-femministe (questo il nome che viene dato rappresentazioni di donne forti nella narrazioni popolari, anche se ormai deprivate delle rivendicazioni politiche più urgenti), in seguito il carisma di Hillary Clinton non sia stato sufficiente a incanalarle. Se il cinema americano di massa continua - come pensiamo - a farsi temperatura del presente e delle sue configurazioni sociali, da Rogue One: A Star Wars Story passano un sacco di informazioni utili a capire dove va il nostro presente simbolico.