Ti amo Presidente

Michelle Robinson aspetta Barack Obama, un collega del suo studio legale, per passare il pomeriggio insieme, ma ci tiene a ribadire, con i suoi genitori e ancora di più con il diretto interessato, che quello non è un appuntamento. I due camminano per l'amata Chicago, visitano una mostra di quadri, partecipano all'assemblea di un comitato di cittadini delle case popolari, vanno al cinema. Non sarà un appuntamento, ma l'incontro si fa via via sempre più romantico.
Il primo bacio degli Obamas, al termine di un caldo pomeriggio estivo, è l'occasione attorno alla quale Richard Tanne scrive e gira un film-omaggio, che in Italia arriva a pochi giorni dalla fine della loro residenza alla Casa Bianca. È un omaggio che sa di nostalgia, di agiografia e persino di arcadia. Passeggiando nel parco, i due si conoscono raccontando se stessi, a evidente beneficio del pubblico. Lo fanno passando in rassegna le loro origini familiari, le loro credenze religiose, la loro posizione rispetto all'essere neri, all'essere bianchi, all'etica del lavoro: un catalogo di temi affidati ad un dialogo di impostazione teatrale, che la tecnica "alla Linklater" non sempre riesce a vestire di naturalezza.
La scrittura si sente, e si sentono i suoi sottotesti; gli stessi che per definizione dovrebbero restare sommersi, arrivare al nostro orecchio sotto forma di suggestione. Ma no. Il balletto di Michelle con la ragazzina prova il suo spirito materno, la brillante conduzione di Barack del dibattito sul centro sociale alle case popolari è un saggio delle sue straordinarie capacità di oratore (con tanto di slogan "dal futuro": restiamo uniti, noi possiamo). E ci può anche divertire, da cinefili, il modo in cui rigira l'interpretazione del finale di "Fa' la cosa", per smentire diplomaticamente il suo ottuso interlocutore e impressionare definitivamente Michelle (il cinema come arma, anche di corteggiamento), ma da lì a lasciarsi convincere dal film il passo non è breve.
Il problema non è nel personaggio di Obama, che gode, non soltanto di un'impressionante somiglianza fisica dell'attore con l'ex presidente, ma anche di una leggerezza e di una coolness che funzionano, al cinema e in politica: è il ruolo di Michelle, che è poi la protagonista del film, ad essere confinato nell'ambito troppo stretto e meccanico della donna da sedurre, della diffidenza da abbattere.
Quel reggiseno steso ad asciugare nelle primissime inquadrature, in casa Robinson, di dice già che il romance andrà a buon fine, eppure dobbiamo fingere, con lei, di opporre resistenza al destino, di doverci far convincere delle virtù del suo partner. Quest'immagine privata della coppia, cioè, ha già un approdo glorioso e pubblico troppo evidente, che toglie interesse all'incontro umano. La formula aperta è rilassata della promenade attraverso i diversi quartieri della città è, in definitiva, una formula libera solo in apparenza, perché in verità il film di Tanne ci porta lungo un percorso predefinito e perfettamente funzionale allo scopo. 