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La La Land, la strada verso l'Oscar passa dalla nostalgia?

Tanti i precedenti, da Argo a The Artist. Ma Chazelle ha il merito di essere riuscito a trovare un'elegante mediazione tra la revisione del musical classico e la fondazione di qualcosa di solido e originale.
di Roy Menarini

La La Land

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Emma Stone (Emily Jean Stone) (35 anni) 6 novembre 1988, Scottsdale (Arizona - USA) - Scorpione. Interpreta Mia nel film di Damien Chazelle La La Land.
sabato 28 gennaio 2017 - Focus

Per i meno cinefili, bisogna ricordare che il musical è da ormai vari decenni considerato il genere più legato alla Hollywood classica, nel senso però di prodotto totalmente identificato con quell'esperienza spettacolare e spettatoriale, incapace di superare davvero il suo tempo. Non è un caso infatti che già negli anni Sessanta Jacques Demy con Les Parapluies de Cherbourg si appropriasse della tradizione americana per trasportarla di peso dentro la canzone e la musica francesi. Ne percepiva il tramonto. Se Demy, con il suo romanticismo malinconico, è certamente uno dei modelli di La La Land, ci si chiede quanto la nostalgia verso l'arte e i media del passato sia divenuta ormai un tratto distintivo del film da Oscar.

Già con Birdman si poteva individuare un inno al teatro che fu, prima ancora grazie al Discorso del re si è riscoperto il potere affabulatorio della radio, poi certamente il cinema, quello muto con The Artist, quello artigianale degli anni Settanta con Argo e ora appunto il musical con il film di Damien Chazelle - che non si fa mancare al contempo anche una riflessione sulle vecchie sale che chiudono e sul jazz che non è più quello di una volta.
Roy Menarini

Ma, appunto, il musical è nostalgia di per sé. Di qualcosa che si è perduto, come di qualcosa che non si può raggiungere se non attraverso la sublimazione del ballo - forse un po' forzata, la teoria secondo la quale Hollywood alludeva all'atto sessuale attraverso il ballo non è campata in aria. Proprio per questo, filmare i corpi che danzano necessita di una precisa scelta di campo.


RECENSIONE
In foto una scena del film La La Land di Damien Chazelle.
In foto una scena del film La La Land di Damien Chazelle.
In foto una scena del film La La Land di Damien Chazelle.

Dagli anni Settanta questa scelta si colora di evocazione della magia perduta. Si passa da atteggiamenti amorevoli e di filiazione diretta (New York, New York di Martin Scorsese) a veementi modernizzazioni (da Hair a All That Jazz!), da musical "impossibili" perché storpiati (in Tutti dicono I Love You di Woody Allen si canta e si balla persino peggio che in La La Land, in entrambi i casi volutamente) ad aggiornamenti postmoderni e ipersaturi (inevitabile citare Moulin Rouge!), fino a decostruzioni provocatorie come quella di von Trier e di Dancer in the Dark.

Bisogna dare merito a Chazelle di aver cercato una elegante e riuscita mediazione tra la revisione del musical classico - un tema francamente abusato, e un po' "acchiappa-citrulli" - e la fondazione di qualcosa di solido e originale, una sorta di romanticismo disincantato abbastanza inedito, cui non è estranea la ricerca di un divismo contemporaneo credibile (ben servito da Ryan Gosling - più carismatico ma meno bravo - ed Emma Stone, migliore in tutto ma più fredda).
Roy Menarini

Tuttavia, con il musical le distanze tra gli spettatori si ampliano. Inevitabilmente, il pezzo musicale rappresenta un'astrazione, legata a sistemi di rappresentazione che psicologicamente non abitano più il nostro tempo. Non è colpa di nessuno: certi generi resistono e si trasformano (il noir, per esempio), certi altri entrano in letargo, e vengono tolti dalla naftalina una o due volte all'anno, solamente per operazioni di un certo peso produttivo (i vari Chicago, Les Misérables, Into the Woods ecc.). E non c'è modo di ricostruire una aspettativa dell'audience tale da permettere il ritorno di stagioni da 50-60 musical all'anno - parliamo di grande schermo, ovviamente, non di Broadway.

La La Land dunque piacerà a molti ma non a tutti. È un film di genere, forse più appartenente a quello che chiamiamo "genere-Oscar" che non quello che ancora oggi chiamiamo musical. Scopriremo tra qualche anno se sarà rimasto un punto di riferimento o se avrà fatto la fine dell'ormai dimenticato Chorus Line, emblema di come fin dagli anni Ottanta stiamo pur sempre cercando lo scintillio di un successo antico.


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