Titolo internazionale | Bitter Money |
Anno | 2016 |
Genere | Documentario |
Produzione | Hong Kong, Francia |
Durata | 120 minuti |
Regia di | Bing Wang |
Attori | Ling Ling (II) . |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,70 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 9 settembre 2016
Un gruppo di persone si trasferisce in una città in rapida crescita economica ma le loro esistenze faticano ad evolversi.
CONSIGLIATO NÌ
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Una metropoli della Cina orientale, oggi. I giovani emigrano dalla provincia alla ricerca di un guadagno che credono facile e invece si rivela un incubo contemporaneo: quei "soldi amari" cui fa riferimento il titolo, pochi e maledetti.
La cinepresa di Wang Bing segue le vicende di alcuni personaggi - una ragazza di 17 anni, una giovane donna e il suo marito violento, un operaio quarantenne - che costituiscono una catena di montaggio alienante e alienata, e li racconta come se si passassero l'un l'altro la staffetta dell'infelicità, ognuno anonimo ingranaggio di un sistema economico improntato alla precarietà e irrispettoso dell'umanità dei singoli.
Lo stile documentario del regista non disdegna il suggerimento narrativo e accoglie gli sguardi in camera e gli inviti a seguirli da parte dei suoi soggetti, che interpretano la loro condizione avvilente senza pudori (una litigata fra moglie e marito viene filmata in tempo reale, e dura quasi mezz'ora). Le inquadrature sovraffollate, gli alloggi squallidi, i luoghi di sfruttamento (più che di lavoro) in pessime condizioni sanitarie, le montagne di abiti confezionati a cottimo, tutto contribuisce a illustrare la quotidianità in un girone infernale in cui queste vite giovani vedono consumarsi le reciproche illusioni. E la frustrazione scatenata dalle ristrettezze economiche e dalle condizioni di vita punitive si trasforma, all'interno dei rapporti interpersonali, in violenze e prevaricazioni. La delusione riguarda sempre quel guadagno che non arriva, che si consuma troppo in fretta, che regola i rapporti fra le persone, anche quelle che dovrebbero essere alleate. E i ritmi disumani di lavoro, così come la precarietà degli incarichi, toglie il tempo e lo spazio per chiedersi cosa si vuole davvero, e rendersi conto che quel qualcosa non si paga in "denaro amaro".
Wang Bing dedica grande attenzione ai dettagli e si schiera dalla parte dei suoi antieroi, immortalando più di una generazione di condannati a vita al lavoro forzato e al tramonto delle illusioni, e vaga dall'uno all'altro come loro vagano all'interno della propria esistenza, senza riuscire a trovare una collocazione o a mettere radici.
Per lo spettatore, purtroppo, questo soffermarsi a lungo sulle miserie minime dei personaggi è però estremamente faticoso e la monotonia che Wang Bing racconta finisce per avvolgere anche il pubblico più paziente. Il grande talento del regista per il racconto del reale viene meno a quell'esigenza minima di spettacolo che gioverebbe molto alla fruibilità della narrazione.