writer58
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lunedì 6 marzo 2017
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Il film di Larrain non mi ha soddisfatto. Mi è parso molto buono sul piano della regia, della concatenazione dei tempi narrativi. Ma privo di anima, di pathos, di spessore emotivo. Eppure la materia trattata (i giorni immediatamente successivi all'omicidio del presidente Kennady visti attraverso la prospettiva di Jacqueline) si prestava a una narrazione intensa, persino epica. Invece è come se sul film spirasse un vento gelido che immobilizza i protagonisti e li devitalizza, li "congela" in una dimensione di immobilità spirituale, ancor prima che fisica.
Jackie viene colta nei momenti che hanno preceduto e seguito lo sparo: l'arrivo a Dallas, l'accoglienza da parte del governatore, il corteo di macchine che si dirige verso Trade Mart, tre colpi secchi, le sue mani che tengono insieme, letteralmente, la testa del marito, la vettura presidenziale che sfreccia verso il Parkland Memorial Hospital, Jackie che prova a togliersi dal volto il sangue che le ha macchiato la fronte, le guance, il vestito, Johnson che giura come presidente sull'Air Force One che rientra a Washington.
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Il film di Larrain non mi ha soddisfatto. Mi è parso molto buono sul piano della regia, della concatenazione dei tempi narrativi. Ma privo di anima, di pathos, di spessore emotivo. Eppure la materia trattata (i giorni immediatamente successivi all'omicidio del presidente Kennady visti attraverso la prospettiva di Jacqueline) si prestava a una narrazione intensa, persino epica. Invece è come se sul film spirasse un vento gelido che immobilizza i protagonisti e li devitalizza, li "congela" in una dimensione di immobilità spirituale, ancor prima che fisica.
Jackie viene colta nei momenti che hanno preceduto e seguito lo sparo: l'arrivo a Dallas, l'accoglienza da parte del governatore, il corteo di macchine che si dirige verso Trade Mart, tre colpi secchi, le sue mani che tengono insieme, letteralmente, la testa del marito, la vettura presidenziale che sfreccia verso il Parkland Memorial Hospital, Jackie che prova a togliersi dal volto il sangue che le ha macchiato la fronte, le guance, il vestito, Johnson che giura come presidente sull'Air Force One che rientra a Washington. Un trauma- indiduale e collettivo- dalle proporzioni gigantesche, che potrebbe giustificare una reazione di atonia emotiva, di distanza psicoilogica, di negazione.
Invece, Jackie, appare più preoccupata di confezionare, davanti al giornalista che l'intervista pochi giorni dopo l'omicidio, una mitologia per il marito, una storia che celebri la sua grandezza, un epopea che metta in risalto l'eccezionalità dell'uomo e, di riflesso, la sua. Appare composta, distante, controllata. Detta al giornalista di "Life" la sua versione, stabilendo paralleli con Lincoln, dissertando su "Camelot", il loro musical preferito, una favola in cui dame e cavalieri intrecciano rapporti basati sull' amor cortese, parla dell'omicidio, ma non consente a Theodore White di scrivere una sola parola sulle sue sensazioni, sul suo dramma interiore.
Jackie vuole uscire di scena con un grande spettacolo trasmesso in mondovisione: si reca con i due figli piccoli davanti alla bara del marito, obbligherà i potenti del mondo a camminare per otto isolati a fianco del feretro durante il corteo funebre ("Se il generale De Gaulle ha timori per la sua incolumità, può salire su un'auto blindata o su un carro armato").
Intorno a lei il mondo sembra privo di colori, gelido, indifferente. Lo spettacolo deve continuare, Kennedy dev'essere archiviato in fretta. Ma i colori smorti sembrano anche entrare nell' interiorità dei protagonisti, li rendono bidimensionali, si insinuano nel film come se Larrain avesse deciso di decolorare la sua pellicola, uniformarla agli spezzoni in bianco e nero nei quali Jackie illustra le modifiche realizzate nella Casa Bianca.
Larrain, come in "Neruda", trasfigura un film biografico in una rappresentazione d'autore. Ma, a differenza di "Neruda", lo sguardo è algido, formale, statico. Non rappresentazione onirica, non celebrazione dell'eccesso, ma iconografia della misura, della confezione, del narcisismo che si esprime nel ruolo sociale. Prima come first lady, poi come vedova dell'ex Presidente, in seguito come moglie di un magnate greco.
Però, così facendo, Larrain costruisce un film formalmente molto accurato, ma privo di una sua dimensione emozionale. Anche l'ottima performance della Portman rimane prigioniera in questo schema dominato dall'assenza di luce e di movimento
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vanessa zarastro
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domenica 26 febbraio 2017
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una leonessa in chanel
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Un pezzo di bravura della Portman, doppiata con una brutta voce – ma pare l’avesse brutta anche Jackie. Pablo Larrain, regista cileno, si sta specializzando in film biografici, ha già girato il discusso Neruda uscito l’anno scorso.
Il film è tutto incentrato sui funerali di John Fitzgerald Kennedy, ucciso a Dallas, in Texas il 22 novembre del 1963, dopo soli due anni di presidenza. La vedova ha voluto mantenere in piedi l’aura speciale di Kennedy contribuendo in prima persona alla costruzione di un mito: trarrà ispirazione per la cerimonia funebre – in disaccordo con tutti, suocera, presidente, addetti alla sicurezza ecc. – addirittura dai funerali di Abrahm Lincoln, anch’esso assassinato, il venerdì santo del 1865.
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Un pezzo di bravura della Portman, doppiata con una brutta voce – ma pare l’avesse brutta anche Jackie. Pablo Larrain, regista cileno, si sta specializzando in film biografici, ha già girato il discusso Neruda uscito l’anno scorso.
Il film è tutto incentrato sui funerali di John Fitzgerald Kennedy, ucciso a Dallas, in Texas il 22 novembre del 1963, dopo soli due anni di presidenza. La vedova ha voluto mantenere in piedi l’aura speciale di Kennedy contribuendo in prima persona alla costruzione di un mito: trarrà ispirazione per la cerimonia funebre – in disaccordo con tutti, suocera, presidente, addetti alla sicurezza ecc. – addirittura dai funerali di Abrahm Lincoln, anch’esso assassinato, il venerdì santo del 1865. Il racconto è tutto in flash-back narrato durante un’intervista rilasciata da Jackie Lee Bouvier Kennedy nella casa di Hyannis Port a Cape Cod, Massacchusstes, pochissimi giorni dopo il funerale, a Theodore H. White, giornalista di “Life”. Non so se la ricostruzione del personaggio sia veritiera, ma Jackie appare come una donna volitiva, sicura di sé e senza dubbi. Avevo visto alcuni documentari sulla saga dei Kennedy in cui Jackie appariva molto più docile e succube delle volontà dei suoceri.
Non c’è un pezzo di storia, l’evento è visto dall’interno, dalla sfera privata, pur con molto fasto, molta eleganza, molta messa in scena e pochi contenuti. Solo Bob a un certo punto parlando con Jackie accenna alla discutibilità di alcune decisioni politiche prese dal fratello. Tutto il resto è decòr.
Il film tutto parlato, o meglio raccontato, è un po’ troppo monocorde risultando un tantino noioso. Verso la fine del film, dopo tutta questa celebrazione di Jackie in quanto moglie fedele e perfetta, mi sono chiesta chissà se Larrain farà un sequel Jackie 2 in cui racconterà l’altra Jackie tutta mare e isola Scorpio?
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(di francesco2)
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kimkiduk
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lunedì 27 febbraio 2017
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abbastanza deluso
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La domanda che mi sono posto uscito dal cinema è stata come mai Larrain ha fatto dopo Neruda un Biopic su Jacqueline Lee Buovier e soprattutto se ne voleva rendere omaggio, sminuirla, ridicolizzarla, iconizzarla o altro.
E qui scatta il voto basso al film, impeccabile solo come regia, ma Larrain ormai non ha niente da imparare. Dopo Neruda si scende di 3 scalini almeno, forse e spero per la simpatia ed empatia di Neruda rispetto a Jackie.
La parte del film certamente più riuscita è la parte dell'intervista con il giornalista e dei dialoghi tra di loro; il giornalista ne esce quasi vittorioso e viene disegnato come un personaggio addirittura più affascinante e intelligente della stessa First Lady.
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La domanda che mi sono posto uscito dal cinema è stata come mai Larrain ha fatto dopo Neruda un Biopic su Jacqueline Lee Buovier e soprattutto se ne voleva rendere omaggio, sminuirla, ridicolizzarla, iconizzarla o altro.
E qui scatta il voto basso al film, impeccabile solo come regia, ma Larrain ormai non ha niente da imparare. Dopo Neruda si scende di 3 scalini almeno, forse e spero per la simpatia ed empatia di Neruda rispetto a Jackie.
La parte del film certamente più riuscita è la parte dell'intervista con il giornalista e dei dialoghi tra di loro; il giornalista ne esce quasi vittorioso e viene disegnato come un personaggio addirittura più affascinante e intelligente della stessa First Lady.
Indubbiamente, questo spero di averlo capito bene, Larrain vuole mettere il dubbio sul fatto che la morte di Kennedy rappresenti per Jackie, non solo la morte della persona amata ed il dolore, ma anche la perdita di uno stato sociale a cui Lei ha sempre ambito (io non ho mai voluto stare sotto i riflettori, ho sposato solo un Kennedy). Infatti dopo sposerà solo un Onassis. E la prova ne è la voglia di apparire e paragonare tutto alla morte di Lincoln, come se Lincoln si potesse paragonare a qualcuno. Altra frase emblematica è il paragone con la vedova del padre degli Usa caduta in miseria e costretta a vendere i propri cimeli.
Ma la domanda se tutto questo sia veramente voluto resta secondo me non completamente comprensibile; Larrain non affonda mai il colpo, non si schiera come aveva fatto per Neruda e ne fa quindi un prodotto non completo. una persona come Jackie "Kennedy" o la si lascia cuocere bel proprio brodo o la si analizza pezzo per pezzo.
Infine ho trovato la Portman decisamente NON adatta a ricoprire questo incarico. Sembrava preoccupata, decisamente in difficoltà a rappresentare un personaggio così famoso ed importante; la Portman è per me antipatica di suo, Jackie anche e forse per questo Larrain l'ha scelta, ma evidentemente meno più meno nel cinema non fa sempre più. Deluso.
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(di francesco2)
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mughetto
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giovedì 12 ottobre 2017
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finzione, realtà, manipolazione.
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Il film si muove su due piani, il piano del presente, con un giornalista che visita Jaqueline Kennedy (ma come si chiamava da nubile?) da poco rimasta tragicamente vedova per intervistarla come lei stessa ha richiesto, e il piano dell'immediato passato o quasi, in cui vengono rivissuti gli attimi infiniti dell'assassinio di John Fitzgerald Kennedy o altre scene della vita da First Lady. La fragile e al tempo stesso aggressiva Jackie ha un obiettivo: trasferire ai posteri un'immagine di suo marito che sia eroica, come a lei stessa appare il marito, e che faccia concorrenza a quella di Abramo Lincoln. Per fare questo deve raccontare al giornalista la sua verità, per contrastare le falsità e le informazioni distorte che, secondo Jackie, non rendono giustizia al valore di JFK.
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Il film si muove su due piani, il piano del presente, con un giornalista che visita Jaqueline Kennedy (ma come si chiamava da nubile?) da poco rimasta tragicamente vedova per intervistarla come lei stessa ha richiesto, e il piano dell'immediato passato o quasi, in cui vengono rivissuti gli attimi infiniti dell'assassinio di John Fitzgerald Kennedy o altre scene della vita da First Lady. La fragile e al tempo stesso aggressiva Jackie ha un obiettivo: trasferire ai posteri un'immagine di suo marito che sia eroica, come a lei stessa appare il marito, e che faccia concorrenza a quella di Abramo Lincoln. Per fare questo deve raccontare al giornalista la sua verità, per contrastare le falsità e le informazioni distorte che, secondo Jackie, non rendono giustizia al valore di JFK. Ma la sua verità, come mostrano i battibecchi col giornaliste intervistatore e gli sguardi severi che lei gli lancia, o le smentite in diretta (Io non fumo, detto mentre si accende una sigaretta) sono a loro volta delle falsità. E alla fine il film ci lascia con questo senso amaro dell'impossibilità di ricotruire una verità da affidare alla Storia. Sullo sfondo, lo sforzo di Jackie di restituire alla Casa Bianca gli oggetti che ne hanno puntellato la storia e hanno visto alternarsi vari presidenti. Il piano del presente vede una giovane donna ferita, spaventata e che reagisce con aggressività, chiusa nella sua villa, lontana dal clamore della stampa. La Jackie delle memorie è una donna fragile che vive un dramma umano e un trauma violentissimo: le viene ucciso il giovane marito mentre sono fianco a fianco, e brandelli del suo corpo le si appiccicano sul volto e sui vestiti. Il film in qualche momento rallenta, e affatica lo spettatore. L'obiettivo di svelare aspetti di quel momento storico meno noti, e allo stesso tempo di mostrare retroscena della vicenda umana e psicologica dalla parte di chi resta sono raggiunti.
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jackbeauregard
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lunedì 27 febbraio 2017
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la versione di jackie non convince
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Film girato con cura, ma che non convince. Nessuna empatia per il personaggio, verboso e noioso quanto basta. Cosa avrà avuto in mente il regista non si capisce. Jackie non ne viene fuori tanto bene, sembra una donna più preoccupata di apparire che non di essere. Una figura storica marginale che ha forse influenzato la moda e tenuto banco a livello di gossip, ma che nella sostanza non ha lasciato traccia. Un'operazione cinematografica abbastanza inutile, che non aggiunge niente al tragico evento storico a cui (direttamente e no) fa riferimento, e che invece rimane ancora oggi l'unico degno di analisi ed interesse.
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thea
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giovedì 2 marzo 2017
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jackie: film inesistente
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Un film inguardabile. Recitazione statica, dialoghi retorici se riferiti al periodo storico con consequenziali avvenimenti,
salottierii, paiono tirati fuori da riviste d'arredamento e tendenza, se riferiti all'operato della stessa Jackie. Fotografia piatta.
Un film che, per tutta la sua durata non parla di niente e nessuno.
Tutto il film è basato su un racconto che bada alla forma-funerali imponenti o no- e che nulla sviscera sul reale rapporto coniugale
o sul motivo dell'attentato. si arriva a sentir dire:" non ho nulla di mio,avrei dovuto fare la commessa invece di sposare il presidente", mentre "Jackie, di suo, era membro di una ricca e potente famiglia.
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Un film inguardabile. Recitazione statica, dialoghi retorici se riferiti al periodo storico con consequenziali avvenimenti,
salottierii, paiono tirati fuori da riviste d'arredamento e tendenza, se riferiti all'operato della stessa Jackie. Fotografia piatta.
Un film che, per tutta la sua durata non parla di niente e nessuno.
Tutto il film è basato su un racconto che bada alla forma-funerali imponenti o no- e che nulla sviscera sul reale rapporto coniugale
o sul motivo dell'attentato. si arriva a sentir dire:" non ho nulla di mio,avrei dovuto fare la commessa invece di sposare il presidente", mentre "Jackie, di suo, era membro di una ricca e potente famiglia. Deviante
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marcosantillani
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domenica 5 marzo 2017
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trasfigurazione di un regista
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Verboso e ruffiano. Gli aggettivi che sintetizzano il film. Un film che non svela nulla di nuovo. I tempi di Post Mortem e Tony Manero sono passati. Ora Larrain è famoso e cerca successo in America. Fare un film sulla moglie di Kennedy, significa smuovere le coscienze, ma anche gli spettatori americani e portarli in massa al cinema. I radical chic saranno entusiasti di questo film. Meno entusiasti gli altri spettatori. Il commento unanime all'uscita dalla sala è stato: troppo lento. Ma non credo sia il termine esatto per giudicare questo film. Questo film è senza enfasi, senza sincerità. Non è un film sincero. Bellissima la scelta del look. Un Quattro terzi che rimanda agli anni 70 ed una granulosità tipica della pellicola.
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Verboso e ruffiano. Gli aggettivi che sintetizzano il film. Un film che non svela nulla di nuovo. I tempi di Post Mortem e Tony Manero sono passati. Ora Larrain è famoso e cerca successo in America. Fare un film sulla moglie di Kennedy, significa smuovere le coscienze, ma anche gli spettatori americani e portarli in massa al cinema. I radical chic saranno entusiasti di questo film. Meno entusiasti gli altri spettatori. Il commento unanime all'uscita dalla sala è stato: troppo lento. Ma non credo sia il termine esatto per giudicare questo film. Questo film è senza enfasi, senza sincerità. Non è un film sincero. Bellissima la scelta del look. Un Quattro terzi che rimanda agli anni 70 ed una granulosità tipica della pellicola. Non sappiamo se il film è stato girato in pellicola e poi riversato in digitale, ma di certo la grana si vede.
Un film senza slanci e senza emozioni. Le uniche, quelle dell'assassinio, con il capo di Kennedy tra le braccia della moglie. Ricordi e scene già viste. Basta riprendere le immagini ell'epoca ed i tanti scritti, per ricostruire fedelmente la vicenda. Va bene, Larrain racconta ciò che nessuno ha mai raccontato. Ma gira e rigira sempre sul dolore più o meno verosimile di Jacqueline. La trasfigurazione di Larrain in regista similcommerciale ( avuta da Il club in poi ) non convince.
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ilovecinema
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domenica 4 marzo 2018
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film biografico in chiave introspettiva
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Il film racconta le ore successive all'omicidio Kennedy attraverso il racconto della moglie. Riassumendo in questo modo lo scopo del film si può dire raggiunto. Forse però sarebbe stato interessante analizzare la figuara di Jackie raccontando di lei un po' di più anzichè soffermarsi solo sulla perdita di due figli e poi del marito. A sostenere il film la bravura di Natalie Portman capace ancor di più che in "Il cigno nero" (non a caso stessi produttori di Jackie..) di concentrare su di lei l'attenzione dello spettatore. Però il 90% delle inquadrature su di lei anche durante i dialoghi, rischia di rendere il lavoro un film "sulla bravura della Portman", più che su Jackie Kennedy.
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Il film racconta le ore successive all'omicidio Kennedy attraverso il racconto della moglie. Riassumendo in questo modo lo scopo del film si può dire raggiunto. Forse però sarebbe stato interessante analizzare la figuara di Jackie raccontando di lei un po' di più anzichè soffermarsi solo sulla perdita di due figli e poi del marito. A sostenere il film la bravura di Natalie Portman capace ancor di più che in "Il cigno nero" (non a caso stessi produttori di Jackie..) di concentrare su di lei l'attenzione dello spettatore. Però il 90% delle inquadrature su di lei anche durante i dialoghi, rischia di rendere il lavoro un film "sulla bravura della Portman", più che su Jackie Kennedy.
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elgatoloco
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lunedì 31 maggio 2021
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straordinaria intensità
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"Jackie"(Pablo LOrrain, scneggiatura di Noah Oppenheim, da un'0intervista di "Jackie"con Theodor White, pubblicata su"Life", 2016). Tempo dopo la morte di JOhn Fitzgerlad Kennedy, ucciso il 22 novembre 1963 a Dallas, pare da Lee Oswald, Jckie, ossia la vedova Jacqueline Bouvier, ricostruisce la storia in chiave retrospettiva, svelando angosce e ribellioni contro l'estrblshment politico e "ufficiale"della first lady, che racconta al giornalista White le vicende legate alla sua disperazione, alle premesse per il funerale, alla scelta di comportarsi in maniera"alternativa"a quanto stabilito dal successore Lyndon B.Johnson, alla scelta di muoversi autonomamanete anche rispetto all'ducazione dei figli e a quanto attiene all'"etichetta".
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"Jackie"(Pablo LOrrain, scneggiatura di Noah Oppenheim, da un'0intervista di "Jackie"con Theodor White, pubblicata su"Life", 2016). Tempo dopo la morte di JOhn Fitzgerlad Kennedy, ucciso il 22 novembre 1963 a Dallas, pare da Lee Oswald, Jckie, ossia la vedova Jacqueline Bouvier, ricostruisce la storia in chiave retrospettiva, svelando angosce e ribellioni contro l'estrblshment politico e "ufficiale"della first lady, che racconta al giornalista White le vicende legate alla sua disperazione, alle premesse per il funerale, alla scelta di comportarsi in maniera"alternativa"a quanto stabilito dal successore Lyndon B.Johnson, alla scelta di muoversi autonomamanete anche rispetto all'ducazione dei figli e a quanto attiene all'"etichetta"... Di straordinaria intensità, questo iflm, che originariamente era stato concepito come miniserie per la HBO, con un preteso coinvolgimento iniziale di Steven Spielberg, ipotesi poi, invero rapidamente tramontata. Anche la grande, straordinaria anzi, interpretazione di Natalie Portmann, inizialmnete non era prevneitavata(si pensava invece a Rachel Waisz, certo altra interprete di grande capacità espessiva), ma , trascurando completamente il"prima"di conoscere il presidente John e il"dopo"(il matrimonio con Aistoteles Onassis), la Protman, sotto l'ìattenta guida di Lorrain, ha costruito un personaggio di un'intensità"totale", chiusa su e in sé ma anche attenta al mondo , alla famiglia e alla società, ma totalmente estranea alle logiche del potere(non è estranea al film la neppure sotterranea polemica verso Lyndon B.Johnson, già vicepresidente di Kennedy, poi suo successore dopo il tragico attentato, personaggio del resto criticato sia dai media dell'epoca sia dalle ricsotruzioni storiografiche successive e verso la"corte"di cui Johnson si circondava). RImane una donna, forte e fragile allo stesso tempo, che sostanzilamente si confida solo con il cognato Robert(Bob), che notoriamente poi avrebbe fatto la fine del fratello, neppure un lustro dopo e con il padre"confessore"Roland Mc Sorley(i Kennedy, di orgini irlandesi, erano cattolici, come l'attuale presidente anziano "Joe"Biden). perosnaggi resi nel film rispettivamente da Peter Saarsagrd e dall'incrolabile John Hurt. Né mancano le caratterizzazioni, invero polmiche, di Johnson, reso da John Carroll Lynch e di Jack Valenti, consulente del nuvo presidente, reso da Max Casella., Un film lirico e "intimista"che sa parlare anche al mondo, ricollegandosi dunque all'"epicità"tragica. El Gato
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lbavassano
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domenica 26 febbraio 2017
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grande regia, formidabile interprete
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Spostare di pochi centimetri il fuoco di un'immagine che abbiamo visto centinaia di volte, di una storia che ci è stata raccontata centinaia di volte, dal cinema, dalla televisione, dai libri. Dalle inchieste giornalistiche e dalle teorie complottiste, verosimili o deliranti. Di una storia che ha segnato il mondo in cui siamo cresciuti, che è stato il precoce discrimine fra una stagione di grandi ideali e speranze, di grandi sogni, appena sbocciata, ed un brusco risveglio. Di una storia che ha condensato nei pochi istanti di un colpo di fucile la troppe tragiche repliche cui ci è toccato in seguito assistere. Spostare di pochi centimetri il fuoco di tutto ciò significa ridonargli quella dimensione umana da cui libri, televisione e cinema rischiano di allontanarci troppo.
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Spostare di pochi centimetri il fuoco di un'immagine che abbiamo visto centinaia di volte, di una storia che ci è stata raccontata centinaia di volte, dal cinema, dalla televisione, dai libri. Dalle inchieste giornalistiche e dalle teorie complottiste, verosimili o deliranti. Di una storia che ha segnato il mondo in cui siamo cresciuti, che è stato il precoce discrimine fra una stagione di grandi ideali e speranze, di grandi sogni, appena sbocciata, ed un brusco risveglio. Di una storia che ha condensato nei pochi istanti di un colpo di fucile la troppe tragiche repliche cui ci è toccato in seguito assistere. Spostare di pochi centimetri il fuoco di tutto ciò significa ridonargli quella dimensione umana da cui libri, televisione e cinema rischiano di allontanarci troppo.
Significa scegliere di relegare al ruolo di comprimari tutti gli altri protagonisti.
Significa mettere al centro della storia la tragedia di una donna costretta a deporre gli abiti della regina del mondo delle favole (il documentario sulla visita alla Casa Bianca che è l'indispensabile controcanto) per indossare quelli di una vedova che in pochi giorni deve decidere la forma della propria uscita di scena, il modo in cui il mondo intero dovrà prendere atto della fine di un'epoca. Deve dimostrare la propria forza nel momento del massimo dolore, e divenire la protagonista della propria vita, di quella vita che poi ci è stata raccontata altrettante volte.
Bisogna essere grandi narratori per riuscire in tutto ciò. Bisogna saper utilizzare al meglio tutti i formidabili strumenti, visivi, sonori e di scrittura, che il cinema può mettere a disposizione. Bisogna avere a disposizione una interprete di grandezza assoluta. (Se poi preferite le favole c'é sempre "La la land"...).
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[+] la donna famosa più sconosciuta dell’era moderna
(di antoniomontefalcone)
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