mauridal
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martedì 7 marzo 2017
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la banda dei due onesti artigiani tipografi
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Non si tratta dei due più noti falsari Totò e Peppino, ma di due veramente onesti e per di più poetici artigiani dell’arte tipografica e della legatoria, due vecchi signori Alberto e Josef che oltre a stampare le loro ed altrui composizioni poetiche e letterarie, creano dei veri libri d’arte fatti a mano, in poche copie come oggetti preziosi, prima che libri da sfogliare e godere per la lettura. Quando l’arte della stampa, si tramanda da secoli , ecco che allora nel bel film documento di Soldini, viene citato il padre Gutenberg con un pizzico di orgoglio dai due degni eredi che , con la giusta ironia si confrontano con il passato ma ribadendo l’attualità e perfino la modernità di un lavoro di stampa fatto a mano con le parole composte lettera per lettera con i “tipi” di piombo , senza alcun apporto digitale o computerizzato.
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Non si tratta dei due più noti falsari Totò e Peppino, ma di due veramente onesti e per di più poetici artigiani dell’arte tipografica e della legatoria, due vecchi signori Alberto e Josef che oltre a stampare le loro ed altrui composizioni poetiche e letterarie, creano dei veri libri d’arte fatti a mano, in poche copie come oggetti preziosi, prima che libri da sfogliare e godere per la lettura. Quando l’arte della stampa, si tramanda da secoli , ecco che allora nel bel film documento di Soldini, viene citato il padre Gutenberg con un pizzico di orgoglio dai due degni eredi che , con la giusta ironia si confrontano con il passato ma ribadendo l’attualità e perfino la modernità di un lavoro di stampa fatto a mano con le parole composte lettera per lettera con i “tipi” di piombo , senza alcun apporto digitale o computerizzato. Unica citazione ironica , la maestria inaspettata nel saper usare un tablet , ma i veri macchinari sono stampatrici ad inchiostro a manovella, o meccaniche o torchietti per incisione, altra arte che viene rievocata come affine alla stampa. Un film quasi atto d’amore per questi due artisti, artigiani della stampa ,e per il loro mondo un poco esclusivo di botteghe e persone devote al lavoro. Ma il tratto , più interessante che notiamo è l’immagine che il regista ricava dalla storia , una immagine cinematografica che richiama la eleganza e la compostezza grafica, quando descrive i volti , i gesti dei due artigiani, i loro discorsi sul fiume o il discorso sulle rive del lago, fiume e lago che su di loro hanno in definitiva, sempre ragione .(mauridal)
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vanessa zarastro
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martedì 13 settembre 2016
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c'erano una volta gli avi dei grafici
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Il film Il fiume ha sempre ragione è un delizioso documentario un po’ anacronistico che costituisce un elogio alle arti “utili” - come si chiamavano una volta - cioè alle arti applicate. È anche un’apologia della creatività artigiana che ancora si ritrova in alcuni appassionati e ostinati personaggi che la praticano.
A mio avviso, questo film dovrebbe essere proiettato nelle scuole, obbligatoriamente in quelle di studi artistici per la cura con la quale spiega il lavoro di due specifici artigiani. In un mondo ormai sempre più in balia degli smartphone, dei tablet e dei computer, il film mostra cos’era - e ancora è - l’arte della stampa.
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Il film Il fiume ha sempre ragione è un delizioso documentario un po’ anacronistico che costituisce un elogio alle arti “utili” - come si chiamavano una volta - cioè alle arti applicate. È anche un’apologia della creatività artigiana che ancora si ritrova in alcuni appassionati e ostinati personaggi che la praticano.
A mio avviso, questo film dovrebbe essere proiettato nelle scuole, obbligatoriamente in quelle di studi artistici per la cura con la quale spiega il lavoro di due specifici artigiani. In un mondo ormai sempre più in balia degli smartphone, dei tablet e dei computer, il film mostra cos’era - e ancora è - l’arte della stampa. I tipografi sono i progenitori dei graphic designers e fino alla fine dell’Ottocento erano loro che elaboravano le tavole a colori, progettavano i libri e disegnavano i manifesti; talvolta, lo facevano i pittori cosiddetti “cartellonisti”. Nel film è mostrata la stampa a caratteri mobili - così come pensata da Gutemberg nel Quattrocento – metodo con cui si è stampato in tutti questi secoli. Nel film troviamo anche un insegnamento sul lettering i cui carattericitati sono soprattutto: il Bodoni, un font romano moderno dell’inizio dell’Ottocento, il cui tipografo elaborò il manuale tipografico uscito postumo nel 1818 e l’Helvetica, un elegante font novecentesco senza grazie del 1957.
Silvio Soldini riprende i due artigiani-tipografi al lavoro. Il poliedrico brianzolo Alberto Casiraghy che vive a Osnago un piccolo paesino in Lombardia. È pittore, violinista, editore e un appassionato degli aforismi a cui abbina con estrema attenzione font, disegni e supporto cartaceo. Alberto si racconta, mostra le foto dei suoi genitori giovani e innamorati, mostra i tantissimi suoi lavori, libri d’arte a bassa tiratura costruiti con pazienza e tanto amore. Ha editato persino le poesie di Pietro Ingrao con cui ha avuto uno scambio epistolare. Cita le poesie di Ginzburg, i lavori di Bruno Munari e di vari altri grandi delle arti “applicate”.
L’altro artigiano è Josef Weiss un grafico di Mendrisio in Canton Ticino – nota per la scuola di Architettura di Mario Botta - più tecnico forse di Casiraghy, che ama la rilegatura dei libri che restaura quasi a fornire una seconda vita. I due tipografi amici, nel finale del film, si incontrano sul lago di Lugano dove consumano un buon pasto tradizionale in un ristorante con vista incantevole, come fossero fuori dal mondo. «Bello questo fiasco di vino, dice Albert, ha una bella forma» denotando l’amore per il dettaglio in generale e per le forme degli oggetti demodé.
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icilio
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domenica 11 settembre 2016
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lo spettatore ha sempre ragione
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Un film di buon artigianato come lo è l'argomento del film.
Le buone cose di una volta vissute da due persone interessanti che si raccontano davanti alla cinepresa.
Un po' goffo in diverse parti il tentativo di rendere spontanee conversazioni tra persone un po' impacciate e anche un po' inadatte a recitare.
La scena finale sul lago risente anche della distanza di vedute tra i due protagonisti, con lo svizzero che cerca di contenere gli improbabili impeti di Casiraghy, volti forse anche a mascherare la timidezza davanti all'obiettivo.
Nel complesso un discreto documentario che si apprezza meglio in pantofole con una tazza di tè, che nella sala di un cinema.
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Un film di buon artigianato come lo è l'argomento del film.
Le buone cose di una volta vissute da due persone interessanti che si raccontano davanti alla cinepresa.
Un po' goffo in diverse parti il tentativo di rendere spontanee conversazioni tra persone un po' impacciate e anche un po' inadatte a recitare.
La scena finale sul lago risente anche della distanza di vedute tra i due protagonisti, con lo svizzero che cerca di contenere gli improbabili impeti di Casiraghy, volti forse anche a mascherare la timidezza davanti all'obiettivo.
Nel complesso un discreto documentario che si apprezza meglio in pantofole con una tazza di tè, che nella sala di un cinema.
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