S'è parlato d'"Equity" come d'un thriller finanziario al femminile, una versione rosa della Wall Street raccontata da Stone e Scorsese, una prospettiv'in gonnella sulle frodi speculative da "Margin Call" a "La grande scommessa". M'è invece sembrato che l'ambientazione nel mondo dei broker foss'un espediente usato per narrarci della competitività vissuta dalle donne, fra di loro ancor prima che con gl'uomini: "le pugnalate vengono dagl'amici", anzi dall'amiche. Ma pure questo può essere secondario rispetto alla debolezza e fragilità relazionali che le stesse patiscono in un mod'o nell'altro.
[+]
S'è parlato d'"Equity" come d'un thriller finanziario al femminile, una versione rosa della Wall Street raccontata da Stone e Scorsese, una prospettiv'in gonnella sulle frodi speculative da "Margin Call" a "La grande scommessa". M'è invece sembrato che l'ambientazione nel mondo dei broker foss'un espediente usato per narrarci della competitività vissuta dalle donne, fra di loro ancor prima che con gl'uomini: "le pugnalate vengono dagl'amici", anzi dall'amiche. Ma pure questo può essere secondario rispetto alla debolezza e fragilità relazionali che le stesse patiscono in un mod'o nell'altro. Così sarebb'il presunto sottotesto dell'azienda di privacy e sicurezza coll'intento di trasformars'in piattaforma social a esser più indicativo del vero tema del film. L'epilogo è amaramente distante dal "feel-good movie", la regia ricalca un'asetticità soderberghiana, l'emozioni scaturiscono dalle vicend'esposte con taglio analitico e non da fronzoli, orpelli, trucchi retorici del mestiere. La Naomi Bishop della Gunn non ricorda la Skyler White di "Breaking Bad" bensì, assiem'alla Samantha Ryan della Reiner, il groviglio di seduzion'e inganno fra la Zeta-Jones e Rooney Mara d'"Effetti collaterali". E, com'alcuni lavori di Soderbergh, "Equity" può apparire freddo e a(nti)patico, tuttavia certi primi piani, i volti e l'intens'espressioni facciali delle protagoniste, riflesso delle loro dure scelt'esistenziali, lascian'il segno.
[-]