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Elle, il film di Verhoeven nel solco del grande thriller

In occasione dell'uscita del film, da oggi al cinema, ecco 10 titoli degli anni '10 che hanno trasformato il thriller in un genere capace di rielaborare le paure sociali.
di Gabriele Niola

Elle

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Isabelle Huppert (Isabelle Ann Huppert) (71 anni) 16 marzo 1953, Parigi (Francia) - Pesci. Interpreta Michelle nel film di Paul Verhoeven (II) Elle.
giovedì 23 marzo 2017 - Focus

Già a partire dall'inizio, in cui dei rumori suggeriscono qualcosa, Elle dichiara la propria appartenenza al thriller, genere che aveva conosciuto una fortissima popolarità tra gli anni '80 e i '90 grazie alla forte spinta propulsiva di De Palma e delle sue trovate che modernizzavano e rilucidavano classici film di suspense hitchcockiani e grazie ad una serie di fortunati adattamenti da romanzi di autori come Grisham e Follett. Il genere è poi lentamente decaduto nei 2000, schiacciato da una nuova generazione di horror che li hanno sostituiti sul terreno della tensione e da una nuova idea di cinema di grande incasso che ha ucciso il film dal budget medio.

Ci voleva quindi questo film di Paul Verhoeven per rispolverare il thriller all'europea. Una donna al centro di tanti tipi di violenza diversa, un aggressore, dei dipendenti sessisti e un mondo intorno a lei che sembra meritare il disprezzo (e lo sguardo di Isabelle Huppert di quello non è mai avaro). Comincia con una scena di violenza ma avrà le svolte meno attese questo film che ha impressionato tutti a Cannes e continuato a vincere premi fino ad arrivare ai Golden Globes.
Gabriele Niola

Eppure anche prima di Elle il cinema degli anni '10 ha dimostrato di avere ancora un po' di tempo da concedere al thriller, trasformandolo in un genere capace di rielaborare le paure sociali che, viste al microscopio, hanno terribili ricadute personali.


ELLE: SCOPRI IL FILM
In foto una scena del film Elle.
In foto una scena del film Elle.
In foto una scena del film Elle.
Il cigno nero (2010)
 

Ci sono tutti i temi prediletti del thriller moderno in questo instant classic di Aronofsky. La doppiezza, la pazzia, le ossessioni, il sesso e il suo contrario, il desiderio di successo, le pressioni familiari, l'invidia e una visione malatissima della forma artistica. Il cigno nero riscrive le regole del thriller psicologico a partire da una macchina presa mobile ma non andando mai in deroga a quella che è sempre stata la prima regola del genere: la recitazione. La tensione è negli occhi della vittima, nell'ambiguità dell'assassino e nella loro sostanziale identità.


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L'idea è di quelle che fanno impazzire di gioia i produttori. Un uomo si sveglia all'interno di una bara, è stato sepolto vivo da qualcuno che si è dimenticato di levargli il cellulare. Non è troppo sottoterra quindi ancora prende. Dovrà cercare di uscire all'esterno lungo tutto un film che definire angusto è poco. Budget sotto le scarpe, grandi doti di regista e direttore di attori, più un grande script, così Rodrigo Cortes è uscito vivo dalla lavorazione che ha dato vita a questa piccola perla di tensione ed equilibrio narrativo che rivela nel finale la sua ambientazione.


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Ci doveva pensare Martin Scorsese, tra i grandi vecchi del cinema, a recuperare le atmosfere classiche del thriller hollywoodiano. Con un piede nel cinema di Samuel Fuller e un altro ben saldo nel proprio (che dell'ossessione personale ha fatto un cardine), Scorsese immagina un manicomio e un investigatore che stringono un rapporto di mistero ed attrazione fino al più classico dei finali a sorpresa.


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Locke (2013)
 

Thriller di parola, tutto primi piani e telefonate, quello che Steven Knight ha girato intorno a Tom Hardy Locke. La storia è duplice, da una parte un uomo che molla il cantiere più importante della sua vita, proprio la notte prima del momento cruciale e che deve coordinare i suoi vice perché tutto vada in porto; dall'altra la stessa persona si sta dirigendo lontano dalla propria famiglia per una scelta morale: vedere nascere il figlio avuto da un'altra donna e assolvere a quello che sente come un dovere.


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Blue Ruin (2013)
 

Un film di vendetta che a metà si trasforma in cinema di pura tensione è l'opera seconda (quella che l'ha rivelato) di Jeremy Saulnier. Presentato a Cannes, nella Quinzaine des realisateurs, Blue Ruin è un film a sé, una stravaganza tra disperazione, molto umorismo e una grande conoscenza dei meccanismi del thriller. Saulnier sembra padroneggiare ogni regola e proprio per questo può permettersi di tradirle o giocarci.


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Il mondo della televisione è una droga, ma non una che dà dipendenza a chi la guarda, come affermava Requiem for a Dream. Il mondo della tv è una droga per chi la fa. La tv del dolore, quella del giornalismo senza regole, della violenza perpetrata per arrivare primi sulla notizia. Jake Gyllenhaal nel suo film più audace si trasforma e diventa l'ultimo anello dell'umanità con una videocamera in mano.


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The Guest (2014)

Con uno spunto poco più che pretestuoso Adam Wingard dimostra tutte le sue doti. Durante una cena di famiglia qualcuno comincia a bersagliare i presenti da fuori. È come un'invasione, stanno cercando di entrare in casa e ucciderli tutti. Quel che gli assalitori non hanno considerato però è che c'è un membro aggiunto, una fidanzata invitata all'evento che ha esperienze di sopravvivenza nei boschi e che venderà carissima la pelle. Il classico film d'assedio nelle mani di Wingard ha tutto un altro sapore.


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Che Fincher sia innamoratissimo del cinema di tensione non è un mistero. Alcuni dei suoi film più piccoli (nonchè quello che inizialmente l'ha reso noto, Se7en), sono dispositivi di tensione ineccepibili. Gone Girl è una sorta di eccezione. Perché lavora al livello dei suoi film più complessi e meno di genere, ma trovando il proprio senso esattamente là dove il thriller prospera: nell'anfratto tra la sorpresa e lo spavento di un pubblico che non sa più cosa aspettarsi e finisce per temere tutto.


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The Visit (2015)
 

Dopo anni in cui sembrava un cineasta smarrito M. Night Shyamalan è tornato più in forma che mai con The Visit. Ci è voluta la collaborazione con Jason Blum, il produttore di film dell'orrore più importante e rivoluzionario dei nostri anni, per rimettere uno dei migliori registi su piazza sui binari migliori. The Visit è un thriller nel perfetto stile fondato da Shyamalan, un gioiello di tecnica e sorpresa che sembra alimentarsi di tensione.


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Quell'ossessione per i corpi che stanno sotto gli abiti che Tom Ford porta nei suoi film, prende qui la piega di una storia tra il ricordo e l'immaginario, una trama imbastita in un romanzo letto dalla protagonista che mette una versione fantastica di lei e del suo ex in una situazione di grande pericolo e tensione. Facendo avanti e indietro tra la finzione e la realtà Animali notturni riesce anche a portare con sé nel mondo vero parte di quella tensione.


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