luca mirtilli
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martedì 20 novembre 2018
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una spudorata imitazione
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Sinceramente non ho trovato tutta questa originalità. Forse nel panorama cinematografico italiano l'opera di Magnani può apparire innovativa ma in realtà il film non è altro che un pot- pourrì di situazioni, sceneggiaure e regie prese in prestito (per non dire copiate) da altri film. Come qualcuno giustamente ha sottolineato nelle recensioni, l'inizio del film è da commedia balcanica alla Kusturica, mentre lo svolgimento e gli sketches comici, così come l'interpretazione di Nocella, sono direttamente prese dal cinema di Kaurismaki.
Ho trovato inoltre sorprendente come la trama sia praticamente identica a quella de "Il responsabile delle risorse umane" di Eran Riklis (2010).
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Sinceramente non ho trovato tutta questa originalità. Forse nel panorama cinematografico italiano l'opera di Magnani può apparire innovativa ma in realtà il film non è altro che un pot- pourrì di situazioni, sceneggiaure e regie prese in prestito (per non dire copiate) da altri film. Come qualcuno giustamente ha sottolineato nelle recensioni, l'inizio del film è da commedia balcanica alla Kusturica, mentre lo svolgimento e gli sketches comici, così come l'interpretazione di Nocella, sono direttamente prese dal cinema di Kaurismaki.
Ho trovato inoltre sorprendente come la trama sia praticamente identica a quella de "Il responsabile delle risorse umane" di Eran Riklis (2010). Insomma un copia e incolla forse carino da vedere per un neofita ma che non aggiunge nulla di nuovo alle commedie di questo genere.
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marcloud
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sabato 17 novembre 2018
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un viaggio easy
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Una storia che fa sorridere e lascia sospesi. Un viaggio attraverso l'Ucraina unico nel suo genere.
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liuk
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domenica 18 febbraio 2018
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che bravo nocella
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On the Road Movie caratterizzato da una superba prestazione del protagonista, un crescente Nicola Nocella, simile nelle forme a Belushi ma meno canoro e più visivo.
La pellicola è buona, storia divertente e surreale sull'impossibile viaggio di un ex pilota tossico in Ucraina per consegnare una bara. Film che diverte e fa pensare, personalmente avrei calcato maggiormente il lato comico per renderlo ancora più spassoso.
Nel complesso, comunque, siamo dinnanzi ad un lavoro eccellente che merita almeno 3 stelle e mezza e che fa bene al cinema italiano. Ogni tanto i fondi dello stato, serviti per realizzarlo, non vengono buttati via.
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lapo10
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lunedì 18 dicembre 2017
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non è facile essere easy
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Ancora un pilota protagonista al cinema, dopo il Loris De Martino di "Veloce come il vento". Ancora una storia di fallimento, benché raccontata con toni lievi da Andrea Magnani. La prima scena mi lascia, al contempo, divertito e basito mentre introduce scrupolosamente il protagonista di "Easy, un viaggio facile facile". Con le cuffiette che gli restituiscono i suoni della formula 1 nelle orecchie, un vecchio trofeo fra le mani, e lo sguardo che vaga, spento, chissà dove, Isi (Nicola Nocella) sembra un fantasma che vuole (ri)vivere un passato lontano di glorie sportive. La madre (Barbara Bouchet), maniaca di diete e fitness, ed un flacone di pillole pronte all'uso quando l'ansia lo assale, mantengono Isi impantanato in una terra di lunghi silenzi e placida inerzia dalla quale viene risvegliato bruscamente dal fratello (Libero De Rienzo), bello, subdolo e millantatore, che lo costringe ad affrontare un lungo e surreale viaggio per riportare la salma di un suo operaio clandestino fino al confine occidentale dell'Ucraina.
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Ancora un pilota protagonista al cinema, dopo il Loris De Martino di "Veloce come il vento". Ancora una storia di fallimento, benché raccontata con toni lievi da Andrea Magnani. La prima scena mi lascia, al contempo, divertito e basito mentre introduce scrupolosamente il protagonista di "Easy, un viaggio facile facile". Con le cuffiette che gli restituiscono i suoni della formula 1 nelle orecchie, un vecchio trofeo fra le mani, e lo sguardo che vaga, spento, chissà dove, Isi (Nicola Nocella) sembra un fantasma che vuole (ri)vivere un passato lontano di glorie sportive. La madre (Barbara Bouchet), maniaca di diete e fitness, ed un flacone di pillole pronte all'uso quando l'ansia lo assale, mantengono Isi impantanato in una terra di lunghi silenzi e placida inerzia dalla quale viene risvegliato bruscamente dal fratello (Libero De Rienzo), bello, subdolo e millantatore, che lo costringe ad affrontare un lungo e surreale viaggio per riportare la salma di un suo operaio clandestino fino al confine occidentale dell'Ucraina. Inizia così il "viaggio col morto" del candido e poco sveglio Isidoro che guida un carro funebre a gran velocità divorando untuose merendine e che, neanche a dirlo, si caccia in un mare di guai senza avere, dalla sua, la stessa fortuna di Solomon Perel o Forrest Gump. Andrea Magnani costruisce la sua opera prima su di un esile pretesto narrativo per scandagliare le emozioni nascoste del protagonista che mette a nudo le sue fragilità emotive prima di spendere tutto se stesso al compimento della propria missione e mostrare doti di caparbietà e coraggio che nemmeno immaginava di possedere. La storia procede lungo le strade polverose che portano ai Carpazi con la delicata ironia che scaturisce dalla florida corporeità di Isidoro. Una comicità che è emanazione della goffaggine di Isi, e dei suoi gesti semplici e contenuti, non certo frutto delle (poche) parole che egli riserva principalmente a Taras, guarda caso l'unica persona che non può sentirlo. Alcune sequenze esilaranti fluiscono meste come il placido fiume che Isi naviga a cavalcioni della bara o come l'incedere lento di una caterpillar che affronta un circuito automobilistico per fermarsi senza benzina ad un metro dal traguardo, come il sogno del corpulento ragazzone demolito ad un passo dalla vittoria. Magnani contrappone al taciturno protagonista un paesaggio ucraino altrettanto silenzioso. E nonostante Isi rimanga senza soldi e senza mezzi in questo ambiente ostile di cui non conosce la lingua, lì, in quella terra, dà il meglio di sé affrontando la vita dopo tantissimo tempo. L'Ucraina selvaggia e inospitale, contrapposta al ricco e caotico Nord Est industriale, da cui Isi proviene, si manifesta come culla di un'umanità che non si ciba di inutili distrazioni, della sfrenata competizione e della vana gloria dei nostri modelli culturali (la dieta, il successo, l'apparenza). Questo paese derelitto, ancorato all'epoca dei Soviet, costringe il protagonista ad affrontare le proprie paure e le proprie bugie e a soffermarsi su relazioni che, per quanto siano impossibili da coltivare, risultano molto più autentiche di quelle a lui familiari. Trovo sia un piccolo gioiellino questo lavoro di Andrea Magnani, passato al Locarno Festival la scorsa estate, uno di quelli che vale la pena vedere al cinema per ammirare gli sconfinati spazi che un 50 pollici svaluterebbe, per sentire la fredda ma pulita luce dell'Est Europa, per ascoltare una vibrante musica folk che agita corpi e animi e per fermarsi un po' sulla poltroncina, lasciare da parte il superfluo e concentrarsi su se se stessi e le proprie emozioni, quelle che Isi ci regala in 90 minuti di cinema che impone la lentezza, il silenzio e la fisicità ironica e candida del suo brevissimo protagonista.
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giusepperm
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domenica 17 dicembre 2017
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finalmente un film italiano d'autore
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ll'inizio del film ero quasi tentato di uscire, troppo triste: un immigrato morto su un cantiere, un italiano depresso (la più difficile patologia psicologica da curare!) ... una sfiga dietro l'altra... mi sembrava il solito film (neo-pasoliniano) che a tutti costi deve fotografare gli ultimimissimi sfortunati (che pur ci sono e meritano la nostra attenzione), dimenticandosi però dei moltissimi del pianterreno che un giorno si illudono di far parte dei privilegiati e il giorno dopo si rattristano per scoprire che non lo sono...
Per fortuna sono rimasto perchè da un certo punto in poi il mio entusiasmo (e sorpresa) per ciò che stavo vedendo aumentava.
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ll'inizio del film ero quasi tentato di uscire, troppo triste: un immigrato morto su un cantiere, un italiano depresso (la più difficile patologia psicologica da curare!) ... una sfiga dietro l'altra... mi sembrava il solito film (neo-pasoliniano) che a tutti costi deve fotografare gli ultimimissimi sfortunati (che pur ci sono e meritano la nostra attenzione), dimenticandosi però dei moltissimi del pianterreno che un giorno si illudono di far parte dei privilegiati e il giorno dopo si rattristano per scoprire che non lo sono...
Per fortuna sono rimasto perchè da un certo punto in poi il mio entusiasmo (e sorpresa) per ciò che stavo vedendo aumentava. Ho visto ritrarre nella loro semplicità e verità i più disparati personaggi che per qualche attimo diventavano essi stessi protagonisti (come lo siamo tutti, anche se piccole formichine), personaggi ritratti realisticamente con la loro semplice umanità, senza farli diventari né eroi né comparse insignificanti. La lista è lunga: i due lavoratori delle pulizie dell'autogrill, il camionista che trasporta polli, i poliziotti che si fanno il self con Easy, la famiglia cinese che ospita Easy pur nella loro povertà ma nella loro grande dignità e sentimento, l'ucraino con il carretto trainato dal cavallo (o mulo, non ricordo) e la moglie bella e tonda come una matrioska... E quando si ricostruisce la vita stessa dell'operaio si scopre che non era uno stinco di santo ma comunque un essere umano che aveva amato (anche tradito), ed era stato ricambiato con amore (e rancore), come insomma più o meno capita ad ognuno di noi, un essere umano reale.
In questo viaggio "facile facile" il regista ci fa scoprire un mondo uguale e diverso da noi nello stesso tempo: telefonini touch d'appertutto come i nostri, con le stesse app, ma paesaggi, villaggi, case, scansione del tempo, usanze, stili di vita e metodi di lavoro ancora differenti... e che paesaggi! Sono dei veri e propri quadri che sembrano surreali ma che sono reali! Ricordano Magritte (all'incontrario)!
Dopo i film italiani dove dominano gli attori/attrici che urlano, dove dominano i primi piano dei belli/e e "boni/e", dove i protagonisti/e-attori/attrici che se la tirano e sono palesemente finti vedere un film come questi ti ridà l'orgoglio di essere italiano, nipote (cinematografico) di Visconti, Germi, Rosellini, Rosi ecc.... e dopo questa generazione ho difficoltà a citarne altri, degni di aver preso il testimone,... ma forse vai a vedere che Mancini è riuscito ad allungare la mano (attraversando tutta l'Europa dell'Est) fino a ritrovare il testimone smarrito in questa produzione italo-ucraina! E' forse un esempio di come l'immigrazione sia anche una risorsa per l'Italia e non solo un problema! D'altra parte anche in America senza i contadini corleonesi che emigravano in America non ci sarebbe stato il grande regista italo-americano Frank Capra (nato a Bisaquino, a 20 Km da Corleone ed emigrato all'età di 6 anni con la famiglia a Los Angeles)
Bravi! (allo sceneggiatore, al regista Massimo Magnani, all'attore Nicola Nocella...)
Giuseppe
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emanuele1968
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mercoledì 13 dicembre 2017
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molto bello
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Come si suol dire << dorme di più lo sveglio che il dormiente >> forse un film carico di significati, un film d'autore, un film cosi, alla fine il pubblico non mi pareva soddisfatto.
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uppercut
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sabato 2 dicembre 2017
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caspita!
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Csspita! che bella sorpresa! un film piacevole, intelligente, fatto col cuore, con una cura di altri tempi ad ogni livello: scrittura, fotografia, sceneggiatura e, non da ultimo, interpretazione. Un film che segna una lezione e anche una strada: uscire dai confini, provare a mettere tra parentesi, magari anche solo per una stagione, i tinelli milanesi e le borgate romane e... via! cercare nuove contaminazioni, osmosi, autentici scambi culturali e produttivi. Per dire: cosa può portare l'estro italiano in Ucraina e cosa l'Est ci può insegnare in rigore formale, deontologia professionale, UMILTA'!... Un bel paradosso: il film più vitale della stagione viaggia al seguito di una bara.
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Csspita! che bella sorpresa! un film piacevole, intelligente, fatto col cuore, con una cura di altri tempi ad ogni livello: scrittura, fotografia, sceneggiatura e, non da ultimo, interpretazione. Un film che segna una lezione e anche una strada: uscire dai confini, provare a mettere tra parentesi, magari anche solo per una stagione, i tinelli milanesi e le borgate romane e... via! cercare nuove contaminazioni, osmosi, autentici scambi culturali e produttivi. Per dire: cosa può portare l'estro italiano in Ucraina e cosa l'Est ci può insegnare in rigore formale, deontologia professionale, UMILTA'!... Un bel paradosso: il film più vitale della stagione viaggia al seguito di una bara... Che l'insegnamento sia anche esistenziale...? Complimenti sinceri.
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adelio
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sabato 18 novembre 2017
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dalle chips tecnologiche al miele primordiale
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Si torna finalmente a vedere dei film italiani di qualità. Easy può sicuramente annoverato tra i film dell’assurdo ma con un taglio fotografico di altri tempi e con piglio “neorealista” che irride proprio quel mondo sovietico che ha prodotto il realismo nel cinema. Una bella idea quella del viaggio di due emarginati, uno vivo ma morto dentro e l’altro morto in una bara da riportare a casa ma ben vivo nei ricordi di chi lo riceverà.
È una storia semplice ma intensa, molto ricca di simbolismi e di ironia verso il mondo che ha prodotto Easy ma anche verso quel mondo ex socialista che ha cresciuto il povero Taras (muratore emigrato dall’Unione Sovietica e morto misteriosamente in un cantiere italiano).
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Si torna finalmente a vedere dei film italiani di qualità. Easy può sicuramente annoverato tra i film dell’assurdo ma con un taglio fotografico di altri tempi e con piglio “neorealista” che irride proprio quel mondo sovietico che ha prodotto il realismo nel cinema. Una bella idea quella del viaggio di due emarginati, uno vivo ma morto dentro e l’altro morto in una bara da riportare a casa ma ben vivo nei ricordi di chi lo riceverà.
È una storia semplice ma intensa, molto ricca di simbolismi e di ironia verso il mondo che ha prodotto Easy ma anche verso quel mondo ex socialista che ha cresciuto il povero Taras (muratore emigrato dall’Unione Sovietica e morto misteriosamente in un cantiere italiano). Easy viene incaricato di riportare il defunto Taras a casa (ieri Unione sovietica oggi Ucraina). Il nostro sguardo di spettatori è impattato ed attraversato da paesaggi immensi, “muti”, monocromatici da esplorare e da contornare come dovrebbe fare ognuno di noi con la propria coscienza. Il film non racconta il viaggio di un feretro verso casa, racconta molto di più, ci mostra un percorso a ritroso di due persone apparentemente molto diverse (Easy e il defunto Taras) ma che in realtà hanno entrambe il bisogno di riscoprire la sostanza delle cose, il senso vero della vita, la solidarietà e la comunione umana del vivere sociale. Easy che parte con il conforto di tutti gli ausili tecnologici della società materiale occidentale (dal mezzo di locomozione, al navigatore satellitare e traduttore, al cibo) si ritrova in questo percorso immaginario a perdere tutto ciò per affidarsi alla propria capacità fisica e mentale e ad una ritrovata volontà per giungere al traguardo e compiere l’opera. Il defunto Taras percorre contemporaneamente una strada che lo riporta idealmente alle origini del proprio Paese, alla sua vera identità. Le tappe raggiunte dai viaggiatori nel loro recupero psico-morale e culturale sono scandite dal progressivo impoverimento dei mezzi di trasporto e dal contestuale miglioramento delle risorse umane, tutte le persone incontrate aiutano il povero Easy. Easy comincia ad aver fiducia in se stesso, migliora anche il cibo che ingurgita (dalle schifezze dell’autogrill in partenza al miele naturale di campagna giunto all’arrivo). Il film non annoia mai si ride di ciò che capita ad Easy ma il regista irride anche i segni del vecchio regime socialista che vengono richiamati (da deserte e squallide strutture per la ristorazione fino a flash su simboli del potere comunista quali battelli in cantiere dal vago sapore di monumentali Corazzate Potemkin). Con simbolismo tipico dei migliori film dell’Est si vede cogliere una mela rossa dall’albero, da quel momento l’uomo riacquista l’amore per se stesso e la volontà di Easy si riaccende. Si sta raggiungendo l’essenza del recupero anche il defunto Taras sembra giungere finalmente a destino, arriva nel cimitero di soldati della I° guerra mondiale (vedi scritta 1915-1918), ma in realtà quello è solo un passaggio, è un modo raffinato per informarci che stiamo uscendo dal tunnel dell’ inumano mondo socialista per entrare in una sorta di periodo prerivoluzionario in cui la Russia era tradizione, solidarietà, religione e cultura della terra. Alla fine del viaggio di recupero umano, spirituale e culturale Easy si trova “nudo nato” (come appena partorito), Taras ritrova la sua terra, i suoi valori i suoi cari. Il primo da morto dentro si ritrova “vivo” mentre il secondo da morto ritrova la “vita”, gli affetti e l’identità della propria gente. I 2 compagni di viaggio raggiungono la meta e ritrovano il significato di essere “uomo”.
Il volto di un bambino neonato è la nostra speranza ma anche un libro bianco in cui un Easy tutto nuovo e vero si spechia dicendo …”ed ora che faccio?”
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no_data
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martedì 17 ottobre 2017
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un film imperfetto, ma da vedere
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un protagonista al quale è impossibile non affezionarsi, persone e ambienti che restano negli occhi e nel cuore. la sceneggiatura ha forse qualche sbavatura, ma alcuni tocchi di grande eleganza e delicatezza (Easy che si trasforma dopo aver perso la barba, la capacità di comprendersi fra persone che parlano lingue diverse, una fotografia che raramente si vede nei film italiani non di prima fila, un finale che vale tutto il prezzo del biglietto..) fanno perdonare tutto.
consiglio vivamente di andarlo a vedere, anche se purtroppo (e parlo da "provinciale") non sarà facile, perché la distribuzione non punta su opere come queste
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eccome!
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domenica 8 ottobre 2017
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molto lento, quasi muto, originale.
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Metto quattro stelle, perché intrattiene e diverte abbastanza, ma usando personaggi e vicende originali.
Gli ingredienti, i luoghi, i fatti sono diversi da quelli delle produzioni americane e di molte europee: di questo film vi ricorderete anche tra qualche anno, mentre di molti altri...
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